Presentato al cineclub Arsenale di Pisa Santiago, Italia alla presenza del regista, che ha introdotto il film
In ogni film di Nanni Moretti ci sono frasi che sono diventate proverbiali. Una di queste è “No, il dibattito no” che sta proprio nel primo film morettiano Io sono un autarchico:
Moretti può permettersi di autocitarsi e, infatti, la prima cosa che ha detto è che “non seguirà il dibattito“. Inutile dire che siamo d’accordo col regista: il messaggio del film è talmente chiaro che sarebbe stato difficile trovare una domanda brillante da fare.
Senza aggiungere altro, del film avremo modo di parlare con la recensione, lasciamo la parola a Nanni Moretti:
“Un anno e mezzo fa sono andato a Santiago per una conferenza. Appena sono arrivato l’ambasciatore italiano mi ha subito raccontato una storia che io conoscevo. Però, essendo una storia di 45 anni fa, nel frattempo me l’ero dimenticata. Una bella storia italiana di cui andare orgogliosi. In quegli anni, sto parlando di tanti anni fa, all’inizio degli anni ’70, dall’Italia si guardava con molto interesse alle vicende del Cile. Nel ’70 fu eletto presidente del Cile il socialista Salvador Allende ed era la prima volta nella storia che la sinistra andava al potere con un voto, senza armi. Il suo governo, Unidad Popular, non c’entrava assolutamente niente con il blocco sovietico, non c’entrava niente con l’esperienza cinese, non c’entrava niente nemmeno con il modello cubano; era un’esperienza assolutamente originale. Dall’Italia guardavamo con molto interesse a quel paese, anche perché c’era una certa simmetria tra i due paesi; sia in Italia che in Cile esisteva la Democrazia Cristiana, il Partito Socialista, il Partito Comunista, Cattolici di sinistra, radicali, consigli di fabbrica, sinistra rivoluzionaria. Quindi, seguendo con molta partecipazione le vicende cilene, noi che avevamo vent’anni, io avevo esattamente vent’anni in quei giorni, fummo colpiti dalla brutalità con cui questo governo democratico di Allende fu interrotto. Allende, fino alla fine, fino alla mattina dell’11 settembre del 1973, credete alla lealtà, alla fedeltà e all’istituzione del generale Pinochet. Allende, fino all’ultimo, fino alle ore in cui Pinochet stava guidando il colpo di stato contro Allende, ha creduto nella lealtà di Pinochet”.
“Forse qualcuno di voi ha visto uno o due documentari di Michael Moore, che occupa fisicamente lo schermo, che invade con la sua presenza il fotogramma. Ecco, io ho preferito stare dietro la macchina da presa e lasciar parlare le persone. Le definizioni valgono quello che valgono, però, se qualcuno definisse i mie film di finzione, i mie film documentari un cinema umanista, attento alle persone e alla loro umanità non mi dispiacerebbe“.
“In questo documentario, attraverso una suora italiana e un cardinale cileno, fa una gran bella figura la chiesa cattolica. Purtroppo, questa non è la premessa di una mia prossima conversione religiosa. A me non piace per niente, non mi ha mai divertito la frase famosa del regista spagnolo Buñuel “grazie a dio sono ateo”. Io sono irritato con me stesso di esserlo, sono indispettito e avvilito. Però, purtroppo, è così“.
Moretti si è mostrato quasi meravigliato che la chiesa cattolica, rappresentata dal cardinale Raúl Silva Henríquez, si sia esposta in maniera così eclatante per salvare i cittadini dalla repressione militare. Eppure non è cosa rara in America Latina; Monsignor Óscar Arnulfo Romero y Galdámez, cardinale salvadoregno recentemente beatificato da papa Francesco, è un altro fulgido esempio; Camilo Torres, che combatté nelle forze della guerriglia cubana, è persona amata e rispettata anche da noi sciagurati miscredenti, come lo era il buon don Andrea Gallo, quindi anche in Italia i preti decenti esistono. I religiosi, in America Latina, sono sempre stati e stanno veramente dalla parte dei poveri e anche l’attuale papa che, a dire il vero, non brillò durante la dittatura militare in Argentina, ne è un discreto esempio.
“Parte delle interviste le ho girate in Italia, parte delle interviste in Cile. Nel settembre del 1973 l’ambasciatore italiano in Cile non era a Santiago, ma in Italia, perché suo figlio stava morendo. Allora dovettero gestire questa situazione nuova due giovani diplomatici, che io intervisto nel mio film, Piero de Masi e Roberto Toscano che, al volo, dall’oggi al domani, dovettero prendere una decisione e decisero per il meglio. Alcune interviste le ho fatte in Italia. Però, quando stavo partendo per il Cile, sono rimasto in contatto continuo con i mie coproduttori cileni perché volevo che nel mio film ci fossero anche i cattivi. Volevo ascoltare come riuscivano a giustificare le atrocità commesse. E quindi ne ho intervistati due. Anzi, in realtà ne ho intervistati tre. Ho intervistato anche uno che però parlava di cose tragicissime in maniera piatta, tranquilla, ordinaria e ho deciso di non montarlo. Questo signore, che sta in carcere e che non so perché ha il soprannome di El Fanta, è un ex militante del partita comunista cileno che poi, una volta arrestato, ha denunciato tutti i suoi ex compagni e con le sue delazioni ha decapitato i vertici del partito comunista cileno. Però lui, appunto, ne parlava come nulla fosse. Vedrete, invece, che si parla delle torture e ne parla una persona che sa cosa sono. Come dicevo, volevo che ci fossero anche i malos; c’è un militare, che ha fatto il militare tutta la vita, che intervisto a casa sua, che non è mai stato accusato di nulla, mai indagato. Poi, invece, un militare che vado a intervistare nel carcere di Punta Peuco, che è un carcere un po’ privilegiato, riservato a coloro che sono stati condannati per le atrocità commesse durante la giunta militare“.
Moretti, conclude con queste parole il suo incontro:
“Un anno e mezzo fa, quando io ho avuto l’idea di girare il film, la situazione politica e sociale in Italia era diversa; l’aria, il clima, il vento era diverso. Ecco, sono contento di mostrarvi oggi una storia di accoglienza in un momento in cui purtroppo un gran pezzo della società italiana va nella direzione opposta ai valori dell’accoglienza e della solidarietà, della compassione e della curiosità verso gli altri. Io volevo raccontare una vicenda umana. Viviamo tempi in cui essere umani diventa improvvisamente chissà quale gesto politico. Volevo raccontarvi con semplicità una storia umana in cui l’Italia ha fatto una bella figura“.
Per concludere, ci terrei a ringraziare Nanni Moretti, non solo per la sua disponibilità a fine proiezione, che ci ha permesso di salutarlo e di scambiare due parole, ma anche per il suo film e per la sua umanità, la sua curiosità, di cui ci sarebbe tanto bisogno.
Come dicevamo all’inizio, ogni film di Moretti ha una frase che è divenuta proverbiale, quella che rimarrà di questo film è “Io non sono imparziale“.