Compie 50 anni Rosemary’s baby, un horror intramontabile, che spaventa ancora nonostante l’età
I film dell’orrore possono essere molto diversi fra loro. Ci sono quelli alla Dario Argento, dove ogni tanto ti fanno “Bu!” all’improvviso, gli splatter, che più che paura fanno schifo. Ci sono quelli psicologici, dove si ha sempre l’impressione che succeda l’irreparabile e poi magari non succede niente, e via dicendo.
Rosemary’s baby è un horror sui generis perché non è nulla di tutto questo
Il film fu ispirato dall’omonimo romanzo di Ira Levin, uscito l’anno prima. Polanski fu pronto a chiederne i diritti e a scrivere la sceneggiatura per un film.
I giovani sposi Rosemary e Guy, un attore alle prime armi, vanno a vivere in un bel palazzo abitato essenzialmente da persone anziane. In particolare, i vicini, Roman e Minnie, sono due amabili vecchietti, gentilissimi e pieni di attenzioni. Sembrerebbe un quadretto da Mulino Bianco, senonché i due adorabili vecchietti adorano, a loro volta, il demonio. Propongono un patto a Guy: Rosemary avrebbe dovuto concepire un figlio dal diavolo in cambio del successo di Guy. Banale ma efficace; Guy accetta e l’ignara Rosemary, dopo una gestazione travagliatissima, funestata anche dalla morte di amici, dà alla luce l’immonda creatura. Ma, come dice Filumena Marturano, “I figli so’ piezzi ‘e core” e, benché spaventata e offesa dall’inganno, alla fine comincia a prendersi cura del neonato. La cosa che fa veramente orrore è la normalità. Guy è proprio un bravo ragazzo, i due vicini premurosi sono veramente simpatici. La sola cosa inconsueta è che Rosemary concepisce un figlio al diavolo.
Rosemary’s baby fu anche il film che fece scoppiare il fenomeno Mia Farrow che, fino ad allora, era nota più che altro per essere la moglie bambina di Frank Sinatra
Fu anche la causa della fine di quel matrimonio. Pare che Sinatra volesse, invece, farle girare un film assieme a lui e le dette un aut-aut: o Rosemary’s baby o lui. Mia scelse di fare il film di Polanski e ricevette quasi subito una lettera dell’avvocato di Frank che chiedeva il divorzio. Pare un po’ esagerato divorziare per un film. Lo è, ma sicuramente fu solo l’occasione. In generale le cose non dovevano andare esattamente come si era immaginato Frank. Dean Martin, che la sapeva lunga, gli sconsigliò vivamente il matrimonio: “Lasciala perdere – gli disse – a casa mia ho bottiglie di whiskey più vecchie di lei“. Ma Sinatra non ascoltò l’amico e il matrimonio finì nel giro di un paio di anni.
Per fortuna di tutti noi, perché senza Mia Farrow non sarebbe stato lo stesso film. Tutto il cast è eccezionale, da John Cassavetes, nel ruolo di Guy a Ruth Gordon, Minnie, che vinse l’oscar e il Golden Globe come miglior attrice non protagonista ma, riandando con la mente alle altre attrici, si rimane fermi nella convinzione che Mia fosse insostituibile.
Pensare che Polanski dovette accontentarsi
perché aveva pensato prima a Jane Fonda, che in quel periodo se ne stava a Roma a girare Barbarella e poi a Tuesday Weld, che semplicemente rifiutò. Anche John Cassavetes fu un rimpiazzo. Polanski aveva pensato a Robert Redford, impegnato anche lui, poi a Jack Nicholson, Warren Beatty, Richard Chamberlain, Robert Wagner e Burt Reynolds. Possiamo dire che Polanski ebbe un bel colpo di fortuna: entrambi i suoi protagonisti sono perfetti.
Rosemary’s baby ebbe anche un seguito, prodotto per la televisione
Guardate cosa è successo al figlio di Rosemary. Sembra il titolo di una commedia italiana degli anni ’80, invece è la traduzione letterale del titolo originale. Del cast del 1968 rimane solo l’Oscar Ruth Gordon. Rosemary viene interpretata da Patty Duke, che era stata la bambina di Anna dei miracoli di Arthur Penn e che, con tale film, vinse l’oscar come miglior attrice non protagonista. Questo exploit non si è più ripetuto.
Sostituire l’eterea Mia Farrow già era un compito da far tremare i polsi, ma non si può dare la colpa alla Duke se il sequel fu un clamoroso fiasco. Troppo sopra le righe. Troppa crudeltà inutile. Troppo orrore. Forse oggi avrebbe avuto più chance; ma il cinema degli anni ’70 era come la musica dello stesso periodo: c’erano talmente tanti film di altissimo livello che un prodotto mediocre passava del tutto inosservato.
La grandezza del film di Polanski sta proprio nel fatto che gli adoratori del diavolo non stiano fra i ruderi di Stonehenge, sui monti transilvanici o nella brughiera gallese, ma in un moderno condominio di New York e siano rispettabili borghesi
Proprio questo lo rende tanto terribile: vedendo un film classico sulle streghe, demoni, vampiri e chi più ne ha più ne metta, lo spettatore non si immedesima più di tanto, perché quegli eventi agghiaccianti avvengono in uno spazio estraneo e lontano. Altra cosa è sospettare che la signora anziana che vive di fronte alla porta del nostro appartamento sia una spregevole fattucchiera (e io che l’ho anche aiutata a portare la spesa su per le scale!) o che il ragazzo, che esce tutte le sere all’imbrunire a fare jogging, sia un vampiro sanguinario (e a me che piaceva anche!). Non stupisce, dunque, che Rosemary’s baby abbia avuto quell’impatto sull’immaginario, che sia diventato un cult che colpisce ancora dopo cinquant’anni.
Più vicina al film originario, invece, la miniserie Rosemary’s Baby, uscita nel 2014
Sicuramente di maggior successo rispetto al sequel, vede come protagonisti Zoe Saldana (Star Trek) e Patrick J. Adams (Suits). La regista, Agnieszka Holland, ha scelto di cambiare alcuni aspetti della storia; innanzitutto, la serie viene ambientata a Parigi, anziché a New York. Ma, molto più importante, ad avere un ruolo centrale non sono tanto i coniugi Woodhouse, ma i due vicini inquietanti, portati in scena da Carole Bouquet e Jason Isaacs. Inoltre, la miniserie è connotata più come psicologica, piuttosto che come horror. Il risultato non è certo quello del film di Polanski, ma è sempre meglio del primo tentativo di imitazione.
Per colmo d’ironia, se fosse il caso di parlare d’ironia per un fatto tanto terribile, Rosemary’s baby ispirò o fu la causa della strage di Bel Air, almeno così si disse all’epoca
Il 9 agosto 1969 l’adoratore del diavolo Charles Manson massacrò quattro persone nella villa di Polanski a Bel Air: Abigail Folger e il suo fidanzato Voitych Frukowski, Jay Sebring e Sharon Tate, la moglie di Polanski, incinta di otto mesi. Il regista era a Londra per lavoro. Secondo un’altra versione, i Polanski avevano affittato la villa dal produttore Terry Melcher, che aveva rifiutato alcune canzoni composte da Manson, e la vendetta colpì le persone sbagliate. Comunque sia, è bizzarro che un adoratore del diavolo uccida la moglie del regista di Rosemary’s baby solo un anno dopo l’uscita del film.