Debutta su Fox “Romolo + Giuly. La guerra mondiale italiana”
Massimo Copulati/ Massimo Ciavarro è il capostipite di una famiglia benestante della “fighetta” Roma Nord in continuo conflitto con Arfio Montacchi/ Federico Pacifici, rappresentante e capo della cosiddetta Roma Sud o “coatta” per il predominio su Roma. Giuly Copulati/ Beatrice Arnera è una giovane destinata a sposare un ricco rampollo lombardo di nome Giangi Pederzoli con un matrimonio combinato tra le due ricche famiglie. Per puro caso la ragazza incontra Romolo Montacchi/ Alessandro D’Ambrosi ed è il classico colpo di fulmine, ma il loro amore impossibile scatenerà una guerra che si allargherà a macchia d’olio fino ad interessare tutta l’Italia, partendo dalle strade della capitale coinvolta da sempre nella faida tra le due anime della città, fino a coinvolgere Milano e Napoli stanche di sentirsi considerate da Roma “noiosi stakanovisti avvolti dalla nebbia” i primi e “mariuoli sommersi dai rifiuti e dal caos” i partenopei. Con lo scopo di dividere l’Italia in due, il capo massonico Giorgio Mastrota e Don Alfonso/ Fortunato Cerlino, un boss del sud, decidono di unirsi e partecipare alla presa di Roma per renderla “milanese senza romani” il primo e per ricostruire il Regno delle due Sicilie il secondo, costringendo le due famiglie capitoline ad unirsi per non rischiare di perdere la Città Eterna.
Nata come una web serie “Romolo + Giuly. La guerra mondiale italiana” ha attirato l’attenzione della Fox alla ricerca di un successo tutto italiano come era stato per “Boris” e ha riunito un cast nostrano di volti molto noti sul grande e piccolo schermo. Tra gli attori già citati compariranno anche Giorgio Panariello, Umberto Smaila, Francesco Pannofino, Paolo Bonolis e un pupazzo, sempre al fianco di Mastrota, chiamato Tciu, un chiaro riferimento al pupazzo rosa Uan volto noto di Bim Bum Bam, che ha degli eccessi davvero divertenti. Una serie che racconta noi italiani con ironia e un pizzico di demenzialità, le nostre paure per il diverso, gli stereotipi storici di cui non riusciamo a fare a meno e le divisioni che ci trasciniamo dietro ormai solo per abitudine più che per una motivazione ben radicata e se, anche ci fosse, sarebbe così lontana da noi che il suo effetto dovrebbe essere ormai sbiadito.