Il 9 aprile Martin Freeman ha attraversato il red carpet davanti al Cinema Astra a Lucca, per la seconda giornata del Lucca Film Festival
Un grande programma quello di quest’anno del Lucca Film Festival, che vede tra i suoi invitati Stephen Frears, Martin Freeman, Rupert Everett, Anton Corbijn, Bertrand Bonello, Sabina Guzzanti e Laura Morante.
La sera del 9 aprile, alle 21, Martin Freeman ha sfilato sul red carpet del Lucca Film Festival, dopo essersi fatto attendere e desiderare dai suoi fan. Fan che hanno aspettato a lungo, tra l’altro sotto la pioggia, l’arrivo dell’attore. Questo però non ha scalfito gli animi dei presenti che hanno accolto Freeman con lunghissimi applausi e saluti calorosi.
Dopo una breve presentazione della serata da parte del direttore artistico, Martin Freeman ha ricevuto il premio alla carriera. L’attore ha ringraziato con la sua solita ironia inglese: “Grazie a tutti per essere venuti, è un grandissimo onore ricevere questo premio alla giovane età di 26 anni” e ha continuato, scherzando, “mi sento sia onorato che insultato allo stesso tempo. È bellissimo essere qui e ringrazio questo festival per aver accolto me e il film. È una vera soddisfazione essere premiati qui in Italia. Spero vi piaccia il film, spero vi piaccia essere spaventati e saltare dalla paura. Vi auguro che vi godiate questa serata e tutto il resto del festival”. E ha concluso con un “grazie mille” finale in italiano che, come sempre succede, ha scatenato l’applauso più forte.
È iniziata poi la proiezione del film di Martin Freeman, Ghost Stories. Su questo, purtroppo, non possiamo assolutamente rivelare niente, per promessa fatta con l’attore stesso, che ha pregato i presenti di non farne parola con nessuno. “Ciò che viene detto in questa stanza rimane in questa stanza”, ha scherzato, “voglio che tutti possano godere del film e rimanere sorpresi e spaventati per la prima volta come lo siete stati voi”. Non ci sentiamo di deludere Martin Freeman in alcun modo e per questo non sarà aggiunto molto sul film, sui personaggi e sulla trama. E alcune risposte dell’attore rimarranno effettivamente relegate in quella sala. Se siete curiosi dovrete attendere il 19 aprile, data ufficiale d’uscita del film nei cinema italiani.
Ma non vogliamo lasciarvi del tutto a bocca asciutta
Finito il film, Martin Freeman ha incontrato il pubblico e ci ha deliziati con un’intervista condotta dal grande Roberto Recchioni che, per chi non lo sapesse, è uno sceneggiatore e attuale curatore di Dylan Dog. Tanto di cappello anche per lui quindi. Dopo i preamboli iniziali, in cui Recchioni si è complimentato per lo stile sempre elegante e inappuntabile di Freeman, conquistandosi subito la sua simpatia, è iniziata la vera e propria intervista.
La prima domanda, come ci si può aspettare, riguardava il film. Recchioni ha fatto notare la possibile influenza da film horror inglesi tradizionali e la presenza di una forte connotazione British nell’approccio all’orrore del film. L’attore così ha risposto: ”Sì, penso sia possibile che esista un genere britannico dell’horror e che questa opera ne sia stata influenzata. Del resto, io stesso sono cresciuto guardando film horror in televisione, soprattutto degli anni ’50 e ‘60. Erano film costruiti un po’ a matrioska, dove dentro ogni storia ce n’era un’altra e può darsi che questa sia stata una fonte di ispirazione per i due registi di Ghost stories”. Ha poi continuato parlando delle caratteristiche che forse più di tutte rendono un film British: l’uso dell’ironia e l’uso di un cinico humor nero. Ma, secondo Freeman, il vero punto di forza degli horror “è il piacere, che accomuna tutti, nel chiudersi in una sala buia insieme ad altre persone. Il piacere di provare terrore tutti insieme, di urlare in maniera liberatoria, sapendo però di essere al sicuro”.
Il film Ghost Stories è tratto da un’opera teatrale e, perciò, è stato chiesto all’attore se lo avesse già visto a teatro o se lo script fosse stata una sorpresa. “No, non ho visto lo spettacolo a teatro, era in scena a Londra nel periodo in cui stavo girando Lo Hobbit in Nuova Zelanda. Avevo degli amici che hanno visto lo spettacolo e ne sono rimasti decisamente impressionati e spaventati”.
Si è poi aperta una parentesi sui personaggi che Martin Freeman ama interpretare, come li interpreta e perché gli piaccia farlo. Una delle parti più interessanti, che ha mostrato da vicino l’idea che ha di recitazione l’attore
Solitamente, se avete visto molti film con Martin Freeman, la cosa che colpisce è che sta subito simpatico. Bilbo Baggins, Watson sono personaggi che uno spettatore ama per forza di cose. In Ghost Stories, senza entrare nello spoiler, non è proprio così.
“È stato divertente interpretare questo personaggio, antitetico rispetto agli altri. È bello, stimolante, interpretare un qualcuno che è diverso da te e diverso da come le persone ti immaginano. Questo horror teatrale ha fatto emergere aspetti della mia personalità a cui normalmente non ho accesso o che non mostro in pubblico. Tutti noi siamo fatti di bene e male e questo film ha permesso di portare alla luce degli aspetti di me che non necessariamente conoscevate”.
Ciò che sempre accomuna i film in cui ha recitato è una fortissima ironia e allo stesso tempo una grandissima umanità. Caratteristiche che l’attore sembra sempre ricercare, personaggi genuini che ama interpretare.
“Credo che chiunque tu stia interpretando, anche la più mostruosa delle persone, deve avere qualcosa in comune con te. Non risulti credibile se non senti di poterti relazionare con il personaggio. Tutti noi siamo umani, tutti quelli che guardano film lo sono, e quando ci mentono ce ne accorgiamo. Quando un personaggio non è mai spaventato, mai vulnerabile, mai triste, sappiamo che non è vero, che è finzione. Credo che io sia interessato a interpretare il lato umano nei miei personaggi, perché sono interessato in ciò che di umano c’è in me e in tutti noi. Mi interessa quello che ci rende complessi”.
L’horror e il mistero, visti quest’ultimo film e serie come Sherlock, sono una passione per l’attore?
“Non è una mia passione in particolare l’horror. Mi piacciono le storie, di cosa parlino non ha importanza. Mi piacciono le sceneggiature ben scritte e mi piace rendere loro onore. Non ho un genere preferito, mi piacciono le storie che parlino di qualcosa, da adulti. Ma certo non disdegno l’horror, dopotutto a chi non piace essere spaventato?”.
Ha poi continuato parlando del rapporto con gli sceneggiatori e direttori Jeremy Dyson e Andy Nyman, amici di lunga data.
“Conosco entrambi da molto tempo e tra di noi c’è sempre stato un rapporto reciproco di ammirazione e rispetto. Quando mi hanno inviato lo script, sapevo mi sarebbe piaciuto. Anche sul set c’è stata una fiducia completa, un grande rispetto per il loro lavoro e le loro decisioni. Anche loro si sono fidati di me, mi hanno lasciato recitare, anche giocare, senza limiti. Certo, è stato rischioso, ma si sono fidati e ci siamo divertiti. È stato sicuramente uno tra i miei lavori preferiti”.
Recchioni ha poi fatto i complimenti a Martin Freeman, dicendo che da sceneggiatore lo avrebbe scelto subito, perché ha una velocità di pronuncia e una dizione perfette. È l’attore ideale per uno scrittore. Qual è il suo segreto?
“Non so, credo che il mio mantra sia non far annoiare il pubblico, tienili svegli, non farli addormentare. È quello che mi motiva a dire la battuta con quella agilità e velocità. “Stay on the line”, questa è la cosa più importante che rende anche efficace un film. Non devi permettere al pubblico di essere cinque minuti avanti a te, devi sorprenderlo”.
Oltre a parlare del film, Martin ha soddisfatto alcune curiosità che sicuramente in molti si sono chiesti
Attori che lo hanno ispirato?
“Molti. Prima di sapere che volevo fare l’attore Michael Caine è quello che forse più di tutti mi ha inspirato, anche inconsciamente. Era un attore incredibilmente bravo e sicuramente affascinante, ma non uno di quei classici attori belli, non la classica movie star”.
Il film o serie in cui più si è divertito?
“Ghost Stories sicuramente è uno tra questi, ma forse più di tutti The Office. Magari anche perché ero molto giovane e perché è stato uno tra i miei primi lavori. In generale, però, devo dire di essere fortunato, mi sono divertito a girare ogni film, non potrei chiedere di più”.
Futuro come sceneggiatore?
La risposta dell’attore è stata lapidaria: “Mi piacerebbe, ma credo che lo farò solo quando avrò qualcosa da dire. Qualcosa che sia solo mio”.
Sappiamo che c’è una domanda che, se siete fan di Martin Freeman, vi ronza in testa: e Sherlock?
Recchioni ha fatto anche la fatidica domanda all’attore, aspettandosi una risposa secca come quelle che ultimamente ha dato. Freeman, invece, ha detto che lavorare per Sherlock gli ha dato grandi soddisfazioni, ma che né lui né Benedict sanno di preciso quale sarà la sorte di Sherlock. Dopotutto non sono loro a scrivere la serie. La quarta stagione ha rappresentato sicuramene una pausa, ma non saprebbe dire se si tratti del vero e proprio finale. “Piuttosto dei punti di sospensione”. Non ci ha dato grandi speranze, ma spesso ai punti di sospensione c’è un seguito e noi ci speriamo.