“Gli uomini andavano a letto con Gilda e si risvegliavano con me”
Rita Hayworth
Nata Margherita Carmen Rita Dolores Cansino a Brooklyn – New York il 17 ottobre 1918 da Eduardo Cansino, ballerino di flamenco e Volga Haworth, ballerina americana di origine irlandese viene istruita nel ballo dai genitori sin dalla più tenera età e, a soli 12 anni, inizia a seguire il padre in tournée. Proprio in una di queste serate è notata da un talent scout della 20th Century Fox, alla ricerca di volti nuovi. Recita per lo più in ruoli secondari, col nome di Rita Cansino, fino al 1936 quando il produttore capo Darryl F. Zanuck (quello di Via col Vento, per intenderci) le annulla il contratto. Sembra che la carriera della giovane Rita sia già al capolinea, ma la ragazza è ostinata, si perfeziona ulteriormente nel ballo e affina le proprie capacità recitative. Grazie anche all’ aiuto del primo marito Edward Judson si iscrive a corsi di dizione, cambia radicalmente alimentazione e look, fino a sottoporsi all’ elettrolisi per ovviare all’attaccatura di capelli molto bassa sulle tempie e sulla fronte. Quando si presenta l’anno successivo alla Columbia Pictures il produttore capo Harry Cohn rimane folgorato dalla sua bellezza e decide che sarà lei il nuovo volto dello studio hollywoodiano. Le sottopone immediatamente un contratto di 7 anni (come si usava allora, i tempi in cui gli attori dettano legge e chiedono compensi milionari sono ancora lontani), le sceglie un nuovo nome d’arte (Rita da quel momento prende il cognome della madre, con una “y” nel mezzo) e le cambia il colore dei capelli dal bruno al rosso fuoco. Cohn la affianca, in film di genere sempre diverso, ai maggiori divi dell’ epoca: da Cary Grant – insieme con l’altra diva della Columbia, di cui idealmente prenderà il posto: Jean Arthur – in Avventurieri dell’ Aria (1939), a James Cagney nella commedia Bionda Fragola (1941), a Tyrone Power nel dramma sentimentale Sangue e Arena (1941). Sfruttando il suo talento di ballerina viene lanciata anche nel musical, come partner di Fred Astaire in Non sei mai stata così bella (1942, qui sotto una scena del film) e di Gene Kelly in Fascino (1944).
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Il ruolo che la consacra stella di prima grandezza, Dea dell’ Amore nell’immaginario erotico del pubblico, è Gilda (1946) di Charles Vidor. Il giocatore di professione Johnny (Ford) viene ingaggiato dal proprietario di un casinò, Ballin Mundson. Al ritorno da un viaggio Ballin presenta a Johnny sua moglie, Gilda (il modo in cui il volto di Rita Hayworth cambia espressione, per poi tornare sorridente durante le presentazioni mostra un’ abilità mimica fuori del comune). I due si conoscono già ma ostentano una fredda cortesia. L’irrequieta Gilda sa di essere stata comprata dal marito ma non riesce a comportarsi come una moglie e spesso Johnny è incaricato di seguirla e ricondurla al dovere. L’odio tra i due rivela un precedente rapporto d’amore deluso. Durante la festa del carnevale un uomo viene assassinato nel locale. Ballin fugge inseguito dalla polizia e sembra morire. Johnny allora sposa Gilda, beneficiaria del testamento, assumendo le redini dell’organizzazione che si occupa, tra l’altro, del monopolio del tungsteno. Gilda appare finalmente felice ma Johnny la trascura e le rende la vita impossibile tanto da spingerla a fuggire a Montevideo. Lei cerca di ottenere l’annullamento del matrimonio ma Johnny non ne vuole sapere: il loro è un insanabile rapporto di odio-amore. Nel frattempo il locale viene chiuso dalla polizia e, saputo che Gilda vuole lasciare Buenos Aires, Johnny decide di collaborare, consegnando ad un commissario i documenti di Ballin sul monopolio illegale del tungsteno, pur di andare via con lei. All’ improvviso ricompare Ballin, deciso ad uccidere i due traditori ma viene colpito a morte dal barista, molto amico di Johnny: finalmente i due amanti sono liberi di fuggire insieme.
Accanto a Glenn Ford, Rita Hayworth è torrida, perfida, sensuale ma anche fragile e prigioniera della propria bellezza, che la condanna ad essere oggetto del desiderio di ogni uomo. Lo strip-tease in cui, cantando, si toglie semplicemente un guanto, la avvolge di un’atmosfera onirica, che scatena la fantasia del pubblico. Il successo è sensazionale ma la “rossa per antonomasia” Hayworth resterà per sempre intrappolata del ruolo di seduttrice. La sua fotografia viene impressa sulla bomba che gli USA fanno detonare sull’ atollo di Bikini, guadagnandole il soprannome di “ragazza atomica”.
Conosce Orson Welles e i due si sposano. Il grande maestro gira con lei La Signora di Shangai (1947), sempre per la Columbia Pictures e prova a reinventarla, cambiandole anche il colore dei capelli: da rossa diventa biondo platino. Il matrimonio comunque dura poco. Oramai la Hayworth è per tutti una femme fatale e gli Oscar la snobbano (mai neanche nominata in tutta la sua carriera, nonostante la popolarità e le innumerevoli prove degne di nota).
Nel 1949 lascia le scene per sposare il principe Aly Khan, erede al trono di Imam dei musulmani Ismaeliti Nizariti. Prima ancora di Grace Kelly diventa principessa, ma l’unione della coppia – la Hayworth, cattolica, per questo matrimonio è anche scomunicata da Papa Pio XII – naufragherà a causa dell’ infedeltà del marito, dopo la nascita della loro unica figlia, Yasmin.
A causa delle difficoltà finanziarie torna a recitare per la Columbia in Trinidad (1952), ancora accanto a Glenn Ford. Ottiene in seguito due ruoli di rilievo in Pal Joey (1957) con Frank Sinatra e nel sublime Tavole Separate (1958) come partner di Burt Lancaster. Il Circo e la sua Grande Avventura, del 1964 è la sua ultima parte degna di nota e le guadagna l’unica nomination della carriera ai Golden Globe Awards, poi su di lei cala il sipario.
Rovinata dall’alcolismo, sul finire degli anni 60 l’attrice mostra prematuramente i primi sintomi del morbo di Alzheimer. Cinque matrimoni non le sono bastati per trovare un uomo che si prendesse cura di lei e l’unica a restarle accanto è la figlia Yasmin fino al momento della morte, avvenuta in un ospedale di New York il 14 maggio del 1987, all’età di sessantotto anni.