Già, fino a stanotte non avevo mai visto Ritorno al futuro. Ora sono 30 anni che è la mia opera prediletta. Lo so, ti capisco, anch’io odio meccanica temporale, con le persone che scompaiono dalle foto quando fai guai nel passato. Ma che vuoi farci, i viaggi nel tempo sono così.
Lo avevo detto a Doc, accidenti. Fai attenzione ai rivoluzionari terzomondisti. Eh ma il plutonio, il plutonio, mi serve il plutonio. Davvero assurdo che il comune consideri la DeLorean veicolo inquinante. Benvenuto nel futuro, mi han detto. Ma fatemi tornare negli anni ’80, vi prego. Io gli insetti non li mangio, suvvia.

Sushi e bollicine, questo sì è trattarsi bene. La storia è una spirale, i figli finiscono nella scuola dei genitori, acquazzoni e fulmini, la domanda non è dove ma quando. Ci mancavano solo Adamo ed Eva. È tutto una copia, di una copia, di una copia. Continua a scriverlo sulla lavagna, su, e lascia perdere lo skateboard.
La fantascienza, come ogni narrativa, è qualcosa che cattura. Che rende visionario, che trasforma la magia in una forma di pragmatismo. Vivere per innovare, o innovare per vivere. Altro che il bieco profitto a breve termine.
Ritorno al futuro, Zemeckis regista ma Spielberg produttore

Con Ritorno al futuro siamo nell’universo di Spielberg, al netto del titolare della cinepresa. Il nome di Steven, infatti, è il primo che compare a schermo, seguito poi da quello del regista, Robert Zemeckis. Giusto sottolinearlo, per gli appassionati di statistica.
Michael J. Fox, Christopher Lloyd. Della famiglia McFly si è detto sin troppo, se non sai di cosa parlo sicuro vieni dal 1885, ergo non ti spoilero nulla, però Marty e George sono proprio due sagome. Dovresti conoscerle, sul serio.
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Ora devo andare, un nuovo viaggio mi attende. Ma tu, come cantava qualcuno, non dimenticare cosa resterà di questi anni ’80, mi raccomando. Sì, Einstein sta benone, però sai com’è… è un tipo un po’ particolare.
Sempre a fare woof woof, un vero pigrone…