Ho appena finito di vedere in anteprima per te, caro amico o cara amica di iCrewPlay Cinema, un docu-film emozionante e devastante allo stesso tempo, Rising Phoenix. Il documentario racconta la storia del movimento paralimpico, i suoi momenti bui così come i suoi momenti più felici e radiosi e lo fa in un modo molto particolare; una delle cose che colpisce subito lo spettatore, infatti, è come è stato costruito, come sono state narrate le storie dei singoli protagonisti, a cui spesso si accompagnano immagini suggestive di statue che si sgretolano, a sottolineare probabilmente la fatica, l’energia, la rabbia di persone che ogni giorno affrontano sfide più grandi di loro e lo fanno con coraggio, a testa alta. Come assaggio di ciò che vedrai ti invito a guardare il video qui sotto, che sarà già in grado di catturarti e coinvolgerti all’interno di questo racconto meraviglioso:
Andiamo per ordine – Rising Phoenix cosa è?
La traduzione letterale in Italia di Rising Phoenix è fenice nascente, ma questa espressione è anche un titolo ampiamente riconosciuto alla nostra campionessa di scherma Bebe Vio che nel suo gruppo scout veniva chiamata appunto fenice radiosa. La sua voce e la sua storia ti accompagnerà nel mondo delle paralimpiadi, un mondo fatto di ostacoli e difficoltà, fin dal suo inizio. Si inizia parlando del dottor Ludwig Guttman, neurochirurgo ebreo riuscito a sfuggire alla morsa nazista rifugiandosi in Inghilterra, colui che viene considerato a tutti gli effetti il padre fondatore del movimento sportivo dei disabili. La sua è una storia molto affascinante, la storia di un uomo che, nel 1944, in pieno conflitto mondiale, rinunciando alla sua vita di marito e padre, dedicò tutto se stesso a trovare una cura e un posto nella società per tutti quei soldati che tornavano distrutti e mutilati dalla guerra, andando contro la visione dell’epoca, che veniva promossa a gran voce dal partito:
Le persone mutilate o inferme non hanno più niente da dare alla guerra; sono inutili e moriranno entro pochi mesi
In una delle sue interviste lui stesso disse:
La paraplegia non è la fine; anzi è l’inizio di una nuova vita
Ben presto Guttman capì l’importanza che lo sport poteva rivestire nell’affrontare la disabilità e cominciò a promuovere un primo movimento sportivo per disabili. Il 29 luglio del 1948 a Stoke Mandeville venne inaugurata la prima competizione per atleti su sedia a rotelle, a cui parteciparono ben ventisei paesi. Nel 1960, a Roma, si tennero invece i primi giochi paralimpici.
Rising Phoenix – A volte la disabilità non è nel fisico
La storia dell’evoluzione delle paralimpiadi che vedrai su Netflix racconta anche di come spesso la disabilità fisica debba scontrarsi con una disabilità ben più grande e decisamente più grave, quella che talvolta si annida nella mente umana. Il film racconta in particolare due episodi, apparentemente molto diversi l’uno dall’altro, uno avvenuto in Russia durante gli anni ’50 e uno in Brasile, nel ben più recente 2016. Nel primo caso ci troviamo a fine anni ’40, quando la grande madre Russia annunciò che non avrebbe mai potuto partecipare ai giochi paralimpici in quanto nel paese non esistevano atleti paralimpici, in quanto su centoquaranta milioni di abitanti non esisteva un solo disabile. La Russia, dunque, non venne coinvolta nei primi giochi paralimpici, cancellando con questa mossa tutti i progressi fatti fino a quel momento. Il secondo caso è ancora più eclatante, in quanto il comportamento degli organizzatori delle Olimpiadi in Brasile fu a dir poco indicibile. Questi signori fecero terra bruciata dei fondi destinati ai giochi paralimpici. La storia ce la raccontano per bene tutti coloro che all’epoca si impegnarono per far sì che gli atleti potessero comunque gareggiare e mostrare la loro forza, il loro coraggio e l’energia quasi disumana che avevano messo per allenarsi così duramente. Grazie all’appoggio di queste persone i giochi paralimpici alla fine si tennero e tanti sono i momenti che rimarranno nella storia delle Olimpiadi, uno su tutti il pianto di gioia di Bebe Vio.
Rising Phoenix – Le storie
Le storie dei campioni intervenuti in questo docu-film sono così reali eppure quasi inverosimili, sono emozionanti e toccanti e ci fanno capire come spesso l’unico ostacolo a tutto ciò che un essere umano può fare è la propria mente. Mi piacerebbe raccontare tutte le loro storie ma è giusto che tu le possa gustare una per una e cogliere da solo il potente messaggio di fondo, di non arrendersi mai e di continuare a lottare con tutte le forze che si hanno, senza perdersi d’animo, neanche davanti a situazioni che sembrerebbero insostenibili. Come ricorda con lucidità e chiarezza la nostra campionessa mondiale Bebe Vio:
Se inizi a chiederti “PERCHE’ IO?” non andrai mai da nessuna parte
Le vite che vengono raccontate sono quelle di persone che, con fatica e lottando quotidianamente, sono letteralmente risorte dalle ceneri, grazie a tutti coloro che avevano accanto, che le hanno sostenute e che, giorno dopo giorno, le hanno aiutate a diventare dei veri e propri campioni. Una tra le storie che più mi è rimasta impresso e che più mi ha coinvolto è stata quella dell’atleta russa, nonché una delle produttrici del film, Tatyana McFadden, abbandonata dalla madre biologica quando era molto piccola e poi adottata e cresciuta da una famiglia statunitense. Il suo percorso, sia esistenziale sia sportivo, credo che un giorno meriti un film tutto suo. Oltre alle storie di McFadden e Vio, verranno raccontate anche quelle di Ellie Colle (Australia), Jean-Baptiste Alaize (Francia), Matt Stutzman (USA), Jonnie Peacock (UK), Cui Zhe (Cina), Ryley Batt (Australia), Ntando Mahlangu (Sud Africa), Tatyana McFadden (US). Il docu-film è stato diretto da Ian Bonhôte e Peter Ettedgui.