Presentato prima al festival di Montréal e poi alla 66° edizione del Trento film festival, Resina è un film che coniuga la bellezza della musica con la paura concreta e attuale del cambiamento climatico
La trama prende spunto da una storia vera. Maria è una giovane violoncellista, delusa dal mondo della musica, che torna al paese d’origine, una piccola e isolata comunità montana del Trentino dove si parla ancora il cimbro. Là, quasi per caso, entra in contatto col coro locale nel quale cantava suo nonno e ne prende in mano la direzione, unica donna in un coro di soli uomini. Il coro servirà anche come conforto di fronte ai timori derivati dal cambiamento climatico che in Trentino si avverte in modo preoccupante.
Renzo Carbonera, alla sua opera prima in campo cinematografico, racconta come è nata l’idea del film:
“L’intera storia è ispirata alle vicende recenti del Coro Polifonico di Ruda, un coro friulano di tradizione austro-ungarica, che ha saputo reinventarsi recentemente fino a diventare uno dei migliori coro maschili al mondo, da quando la direzione è stata affidata a un’ambiziosa musicista come Fabiana Noro”.
La protagonista del film, l’attrice veneziana, è anche una cantante e alcune canzoni del suo ultimo album fanno parte della colonna sonora. Tutti gli altri attori sono veneti e l’unico attore francese, Thierry Toscan, risiede in Veneto da anni.
Colpisce molto questa scelta del festival trentino di raccontare le proprie storie
Forse qualcuno ricorderà che proprio in questo blog abbiamo parlato di altri due film presentati alle 66° edizione. Un film su Francesco Moser, probabilmente, anzi sicuramente, il più grande ciclista della regione. E il secondo film di Reinhold Messner, Holy mountain.
Quindi una terra che si racconta, che fissa le proprie vicende singolari sulla pellicola e ne fa una sorta di archivio storico. Un modo per salvare la memoria di un mondo in rapido mutamento.