The Eddy: La serie di Damien Chazelle (che ha diretto i primi due episodi) e scritta da Jack Thorne mette qualcosa di nuovo nel panorama delle serie tv presenti su Netflix? A questa domanda per il momento non vogliamo ancora dare una risposta definitiva, quello che possiamo dire è che questi otto episodi sono certamente uno spettacolo per gli occhi e decisamente tra i più gratificanti che usciranno quest’anno dal punto di vista puramente estetico.
Di cosa parla The Eddy?
In questa serie seguiamo Elliot nella dura lotta per tenere a galla The Eddy, il suo jazz club, ma le cose non vanno particolarmente bene. Non bastando questo, Elliot dovrà anche capire come gestire sua figlia, Julie, arrivata dagli Stati Uniti dopo delle divergenze con la madre. Riuscirà il locale a sopravvivere? Cosa ne sarà di The Eddy?
Damien Chazelle e il suo amore per il Jazz
Mai come in The Eddy Chazelle sembra vuole dare più spazio alla musica a dispetto della trama: La serie sembra proprio uno spettacolo da vivere in prima persona. Ogni episodio approfondisce un personaggio e irrimediabilmente questo è collegato alla musica in qualche modo, nessuno ne è separato. Anche per l’ambientazione siamo ben lontani dalla Parigi delle cartoline, gli ambienti sono più “sporchi”, più veri e il romanticismo è ben lontano. Il locale The Eddy si trova a Parigi, ma non nel luccicante centro, bensì ai suoi margini con visioni decisamente più graffiati e feroci.
Possiamo anche dire che The Eddy è il lavoro di Damien Chazelle che più si avvicina al suo primo lungometraggio, Guy and Madeline on a Park Bench, gli episodi da lui diretti sono ben lontani dalle atmosfere patinate di La La Land con le quali ti sarai innamorato di lui, ma mantengono comunque l’energia frenetica a ritmo di musica.
Non ci sono personaggi totalmente positivi in The Eddy, ognuno sembra avere il proprio fardello addosso, il proprio passato fatto di scelte prese e con cui bene o male si deve imparare a convivere.Il locale diventa quindi un porto sicuro in cui attraccare, un posto che sostiene le varie anime che vi circolano: le persone entrano, si riposano e si radunano al suo interno, creando momenti di pura magia che riescono ad eliminare le controversie presenti nella vita reale.
Quello che scarseggia più di tutti a scapito di una perfetta creazione dell’immagine visiva è proprio la sceneggiatura di Jack Thorne ben lontana da quelle grazie ai quali ha vinto il premio Bafta. La sotto-trama gangster, nonostante voglia essere il perno di tutto questo grande racconto, viene subissata dai momenti di riflessione sulle varie vite dei personaggi e dagli stacchi musicali.
Viviamo in un tempo dove prodotti seriali ci vengono offerti ogni settimana, spingendoci quindi ad una visione distratta. The Eddy è sicuramente in controtendenza, gli otto episodi necessitano di un loro attenzione e la serie è ben lontana dall’essere visibile durante una visualizzazione della timeline di Facebook o il posting compulsivo su Twitter. La lingua cambia continuamente e si passa dal francese, all’inglese all’arabo senza grosse difficoltà. dialogo può spostarsi tra la frase a metà inglese e quella francese, con i sottotitoli che si riempiono quando necessario. I mutamenti e le decisioni chiave per la trama vengono prese in momenti di assoluto silenzio e possono essere decretati dal solo colpo di una nota musicale della band.
Il vero peccato probabilmente è che The Eddy è una serie auto-conclusiva e non avremo mai un seguito da poter vedere. Arrivati all’ultimo episodio, quello che ti lascia il finale è sicuramente un senso di curiosità e la voglia di avere ancora di più su quel mondo.