La prima regola; Regia: Massimiliano d’Epiro; Sceneggiatura: David Kajganich; Cast: Marius Bizau, Haroun Fall, Andrea Fuorto, Ileana D’Ambra, Luca Chikovani, Cecilia Montaruli, Antonia Fotaras, Fabrizio Ferracane con la partecipazione di Darko Peric; Genere: Drammatico; Musiche: Davide Dileo (in arte Boosta), Violante Placido, Porto Leon; Produzione: Dinamo Film, Goldenart Production con Rai Cinema in associazione con Notorious Pictures con il contributo di Apulia Film; Paese: Italia; Durata: 96 min; Anno: 2022
Una scuola superiore di periferia. Gabriele, un giovane professore appena trasferito, è chiamato a tenere un corso di recupero per sei studenti “difficili”, sospesi per motivi disciplinari – quasi tutti italiani di seconda generazione. Il Preside è subito chiaro: far recuperare ai ragazzi alcune ore di lezione per l’ammissione agli esami di diploma. Il primo impatto con gli studenti, però, è violentissimo. Nicolas, il più difficile, con pregiudizi profondamente radicati, lo minaccia con un coltello e gli spiega quali sono le “regole” da seguire in quella classe.
Nonostante la sfiducia di Preside e colleghi, Gabriele riesce a conquistare i ragazzi, sia sul piano didattico sia, soprattutto, su quello umano. Sovverte le regole, diventa loro amico. Con tutti tranne che con Nicolas. A pochi giorni dalla fine del corso, lo studente, con l’aiuto degli abitanti del quartiere, provoca degli scontri contro i migranti del campo profughi, detto lo “Zoo”, situato a pochi metri dalla scuola. La tensione esplode rapidamente, e vengono fuori tutte le contraddizioni di una società abbandonata a se stessa e i conflitti che covano dentro ai giovani studenti. La scuola è prima militarizzata, poi chiusa. Il corso di recupero è finito. C’è tempo solo per l’ultima lezione.
La prima regola è… qui nessuno tocca nessuno!
Sai come si chiama questo quartiere? Libertà, ma qua di libertà se ne vede poca, si apre così il film di D’Epiro, con il dialogo tra un bidello di una scuola di periferia, che confina con un campo profughi, e un professore che si ritrova a tenere un corso di recupero per dei ragazzi indisciplinati. É un tardo pomeriggio autunnale, si presume, almeno dal cielo spento e scuro che sposa perfettamente le emozioni di Gabriele: un mix di ansia da primo giorno e quel leggero timore del posto in cui si ritrova, teatro di violenze e ribellioni.
Una sensazione a cui il personaggio principale (interpretato da Marius Bizau, attore di origini rumene) non è nuovo, avendo vissuto la guerra in prima persona e conosciuto il linguaggio della violenza come arma di difesa, che annulla così quell’abisso che spesso viene visto tra alunno e insegnante, di lontananza e incomprensione. Gabriele, come affermato dal regista stesso, rappresenta il portatore di un processo di rivoluzione: lui non comprende solo i suoi alunni ma cerca di insegnarli ad abbattere i muri dell’ignoranza ed a lottare contro il potere attraverso la conoscenza della storia.
Nel film, che è quasi interamente girato dentro le mura dell’istituto, ritroviamo spesso (oltre all’insegnante di storia ed ai ragazzi) il preside dell’istituto, apparentemente distaccato e con la voglia di “togliersi di torno” i ragazzi, e il bidello straniero sempre nel luogo giusto al momento giusto per aiutare e dispensare consigli. Proprio quest’ultimo è una figura saggia, che sa come usare le parole e rappresenta quasi un riparo dentro l’immenso caos.
Per quanto riguarda la visione e la narrazione, il film è carino, scorrevole ma non “esplode”: a parte qualche scena (ad esempio, quando il professore affronta i suoi allievi dicendo cosa penserebbe di loro la gente se fossero morti), il film è piatto e non riesce a convincere fino in fondo, forse perché non approfondisce la storia dei personaggi e si limita a fare un quadro generale del contesto in cui essi vivono. Probabilmente l’intento é proprio questo, portare lo spettatore a farsi una sua idea, ma sono troppe le domande senza risposta che restano finito il film.
Chissà se ritroveremo in un seguito Maisa, Talib, Vasile, Petra, Arianna o il rabbioso Nicolas, il ragazzo che conosce solo il linguaggio della violenza e che è arrivato a minacciare il suo insegnante per averlo sfiorato (in maniera innocua) sulle parole: Qui nessuno tocca nessuno!
La classe che rispecchia una società abbandonata a se stessa
Come annunciato precedentemente, questo è un dramma a sfondo sociale che riflette sul ruolo dei ragazzi, sull’importanza dell’integrazione e dell’educazione oggi. Ispirato a La classe di Vincenzo Manna, La prima regola vede coinvolti sei ragazzi: Nicolas, Talib, Maisa, Vasile, Petra e Arianna apparentemente diversi tra loro, ma tutti accomunati dal desiderio di liberarsi dalla situazione di disagio in cui si ritrovano.
“Dopo aver visto la pièce teatrale La classe da cui è tratto il film – afferma il regista – mi sono reso conto immediatamente che la forza del testo risiedeva nella sua testimonianza, una testimonianza asciutta e sincera di quello che succede, o può succedere, in una scuola dei giorni nostri. Il testo teatrale è stato scritto dopo un’indagine statistica condotta su un ampio campione di studenti, sul tema “rapporto dei giovani con la diversità”, e nello specifico con i migranti.
Della scuola sappiamo più o meno tutto, dai giornali, dal web, dalle chat dei genitori, ma non dalla voce dei ragazzi che la frequentano, che la vivono ogni giorno, in tutte le sue contraddizioni ed i suoi conflitti, anche razziali. Volermi appropriare di questa tematica non è un atto d’accusa nei confronti di una parte politica o di una categoria, o più in generale della società, è solo voler restituire ad un pubblico, più ampio possibile, una testimonianza sullo stato delle cose”.
Infine, viene spesso menzionato il concetto di libertà: lo viene usato nei comizi di Nicolas con l’intento di cacciare con la massima violenza i richiedenti asilo dalla città, oppure lo si percepisce dalle parole di Talid e di chi come lui, urla in risposta: “Non siano animali!“.