Andare a vedere questo film al cinema è un’esperienza che merita di essere fatta. Non è un film da vedere la sera troppo tardi: forse in un pomeriggio, o comunque poco dopo aver mangiato. Ciò perché deve decantare dentro di te spettatore. Il personaggio di Favino, ad esempio, ti apre una tasca con la zip nella testa in cui hai messo tutta una serie di ricordi, e li tira fuori. In questo modo credi di assomigliare un po’ a questo personaggio, e allora esci dal cinema con il bisogno di riflettere sui suoi spunti. Per questo motivo non va visto troppo tardi: sarebbe uno spreco perdersi i ragionamenti, i ricordi, le riflessioni che Promises può suscitare. Non poggiare la testa sul cuscino finché non te la senti leggera. E non sarà facilissimo.
Leit motiv
Non è neanche facile districarsi tra tutta la mole di eventi e dolorosi avvenimenti che occorrono durante la narrazione. Anzi, certe volte sono perfino troppi: nel senso che probabilmente penserai Eh, ma allora: succedono tutte a lui! Però dovrai stare attento a non essere frettoloso nel tuo giudizio: Promises non è un film drammatico, perché prende in considerazione molte occasioni anche più liete, alternate e bilanciate a quelle tristi, e forse bisogna allontanarsi e cogliere questo schema, perché è un po’ uno dei messaggi del film. E allora forse gli eventi felici sono le promesse che la vita sembra farci, e che vengono inesorabilmente deluse da qualcosa di meno felice. La precarietà della felicità (o anche solo della serenità è a un livello, su un grafico che va da Schopenahauer a Mr. Peanutbutter, che è tutto su Schopenahauer).
Perché sono le promesse disattese al centro della storia. Le promesse semplici, come un viaggio a Venezia, la partecipazione a una cena, la fedeltà in un matrimonio, la fedeltà a se stessi anche, una partenza vincolata a un ritorno… ci sono moltissime di queste promesse, dalle più piccoli a una grande ed esemplare come potrebbe (o dovrebbe?) essere un matrimonio. Ed è proprio questo che potrebbe portarti a chiederti: e allora le promesse sono davvero fatte per essere mantenute? Chissà… almeno non c’è nessuno che sostiene che sono fatte per essere infrante, come per le regole.
Narrazione
La storia si muove con un concetto del tempo che è il reale narratore di questa storia: un tempo labile, quasi Joyciano, che va avanti e indietro a piacimento, e a volte resta fermo, e poi riparte, ricalcando probabilmente il metodo di conservazione dei ricordi del personaggio (e tuo, e mio). Una nuvola (e in effetti più un cloud che una libreria) in cui le informazioni hanno un ordine che non comprendiamo immediatamente, ma le quali sono collegate attraverso hashtag.
La narrazione all’inizio magari intimorisce e magari confonde, ma presto ci si abitua, e seguire il film diventa piacevole e facile. Ed è proprio in tutta la prima parte che il film scorre benissimo, senza un intoppo. È forse avere troppi argomenti e troppi eventi da raccontare, e spiegare, che rallenta inutilmente il film, nella seconda parte e poi, soprattutto, alla fine. Capisco non voler rinunciare alla bellezza di alcune scene, però così è un po’ esagerato: non voler rinunciare a nulla porta ad uno svolgimento rallentato e che si dilunga in scene che sarebbero state molto più eleganti ed intense se accorciate. La regista è però la scrittrice stessa, e lavorare sulla versione per il cinema della sua stessa storia è stato pericoloso. Però appunto, considerato il contesto è venuto un buon film con tante cose di cui andar fiero. Da tener presente che la narrazione a livello cinematografico è aiutata anche da un montaggio impeccabile, preciso, che non confonde, non si disperde. È molto chiaro, e ciò è fondamentale quando il tempo si comporta come vuole (o meglio, come i ricordi comandano).
Regia e sceneggiatura
In ogni caso, questo modo di raccontare gli eventi, in ordine non cronologico (e neanche illogico), ti potrai rendere conto solo guardando il film di quanto sia funzionale alla graduale conoscenza del personaggio di Favino e della sua intimità: è un orologio che scorre battendo il suo ritmo cardiaco, e non le ore. Gli eventi vengono posizionati uno dopo l’altro proprio quando servono, e riuscendo tuttavia a conservare un alone di mistero. Un mestiere non facile quello dello sceneggiatore, e così è stato certo più complicato da svolgere: ma complimenti alla regista e romanziera, che ha firmato anche la sceneggiatura. Grazie a tutto questo il personaggio di Favino sarà così vicino da poterti rubare i pop-corn dal canestro. Ma tornando seri, è anche grazie al modo in cui gli eventi sono esposti che avviene e si compie il processo di immedesimazione.
Sempre parlando di sceneggiatura, questa presenta dialoghi che solo in rare scene suonano un po’ forzati. Sono quasi sempre naturali, e una miniera da cui rubare citazioni da postare sui social. Forse però il film può dare di più a qualcuno che è più cresciuto, che ha più esperienza ed esperienze (e quindi non per forza qualcuno più grande a livello anagrafico). Forse più si fa esperienza, più si hanno rimpianti, più si sono fatte promesse, anche a noi stessi, che non abbiamo mantenuto.
La regia non resta impressa particolarmente nella memoria una volta usciti dalla sala. Non trasmette molte emozioni tranne che in alcune sequenze: non si può dire che sia indelebile.
Tornando invece a parlare del finale, questo è stato tirato troppo per le lunghe (e paradossalmente vale la pena di attendere, l’ultima scena è meravigliosa). Il film ha voluto raccontare troppe cose, e poi si è giustamente trovato a chiuderle (il che è comunque apprezzabile, molti film lasciano le cose in sospeso). Sarà percepibile in sala l’idea che il film si trascinerà in giro per troppo tempo. E alla fine si tratta di arrivare a due punti essenziali, che sono appunto le ultime due scene. Nel mezzo ci sono poi tante cose che non erano necessarie, purtroppo.
Recitazione
Pierfrancesco Favino ha dichiaratamente il ruolo di tenere in piedi il film. La storia è la sua, è costruita intorno a sé. Ce la fa sostenerlo? Ma che domande… eccellente, una performance coi fiocchi dall’inizio alla fine.
Kelly Reilly molto brava, tanto calata in questo ruolo affascinante e seducente… ma anche tagliente come può essere un desiderio che non puoi rivelare a nessuno.
Jean Reno, al quale è affidata una parte secondaria nel film, si fa valere e ricorda a tutti quanto sia un bravo attore. Non manca un colpo dall’inizio alla fine del suo tempo sullo schermo. Il ruolo del genitore/tutore gli riesce bene (e richiama vagamente un suo ruolo passato e iconico).