Persona non grata, in uscita nelle nostre sale il 25 luglio, è già stato un successo di pubblico e critica in Austria, nazione che ha ospitato i set del film, mentre in Italia è stato presentato in anteprima al Bolzano Film Festival e ci racconta una storia di coraggio, basata su eventi reali ispirati alla vita dell’ex sciatrice della nazionale austriaca Nicola Spieß Werdenigg.
Il film racconta di un tema molto attuale in questi anni: la violenza sulle donne, spesso addirittura di ragazzine largamente minorenni, nel caso specifico nel mondo dello sci e non solo, decisamente fin troppo omertoso e poco attento verso queste solitarie denuncie di coraggiose atlete lasciate sole nel momento in cui una federazione seria dovrebbe invece offrire il massimo supporto per capire come e chi ha commesso quegli abusi.
Se il tema principale del film sono certamente gli abusi sessuali di giovanissime nel mondo sciistico, non vengono difatto esclusi altri universi sportivi e sociali della nostra società nell’argomentazione decisamente delicata e diffusa. Dal mondo sciistico si accennano problematiche simili riguardanti alla ginnastica artistica, arrivando alla pallavolo, senza dimenticare, cosa che nel film viene ricordato più volte, il movimento #MeToo nato nel 2017 per denunciare le molestie subite dalle donne nel mondo del lavoro in generale e dello spettacolo, in cui personaggi come Harvey Weinstein ed altri, approfittando della loro importanza come produttori, hanno nel corso degli anni abusato della loro posizione per estorcere, soprattutto da giovani e avvenenti attrici, favori di diverso tipo di natura sessuale.
Qui si racconta una storia simile, ma ambientato nell’universo sportivo, quello sciistico austriaco nel particolare e il coraggio di una donna nel denunciare un sistema da cambiare.
Persona non grata: La trama
Il film di Antonin Svoboda verte soprattutto sull’ottima interpretazione di Gerti Drassi che, nelle vesti di Andrea Weingartner, ci racconta una drammatica storia fatta di coraggio e denuncia di un sistema corrotto, nelle quali una donna sola, un’ex sciatrice austriaca, quarant’anni dopo i fatti che hanno segnato la sua carriera e la sua vita, si ritrovi a denunciare non una singola persona, ma un intero universo dirigenziale corrotto.
A scatenare questa sorta di tardiva, ma giusta ribelione, è un approccio a dir poco discutibile di un suo vicino di casa che, approfittando di un momento di legittima debolezza di Andrea dopo l’improvvisa morte del marito, farà delle avances non richieste alla fragile donna, la quale memore del doloroso passato che si porta dietro le spalle fatto di violenze sessuali subite nel collegio in cui i giovanissimi atleti venivano allenati, trova finalmente il coraggio di alzare la testa e denunciare coloro che di fatto le hanno fatto male in gioventù.
Nel particolare, è la federazione sciistica austriaca ad essere messa sotto accusa, colpevole dal dopoguerra in poi di aver nei suoi collegi abusato in maniera indegna di ragazze e ragazzi, spesso minorenni, tutto celato però da una valanga di bugie e ricoperto da un pesante velo di omertà su violenze costantemente avvenute e protette da un sistema marcio nel corso degli anni nei confronti di questi giovanissimi atleti, volutamente mai presi sul serio, anzi spesso addirittura reputati falsi e degni di biasimo, preferendo seppellire sotto la neve questi vergognosi comportamenti che hanno di fatto segnato tantissimi giovanissimi e giovanissime nello sporco e oscuro sottomondo dello scii austriaco del secondo dopoguerra.
Andrea si ritrova a lottare da sola in una situazione davvero difficile: un marito appena morto improvvisamente, una figlia Sara (Maya Unger) che sta attraversando anche lei un momento complesso, tra il lutto e una gravidanza inaspettata, la popolarità di una madre e una promettente carriera sciistica interrotta sul più bello per i motivi che nel corso del film verranno snocciolati, e ora invece sotto i riflettori anche lei dopo che la madre ha scoperto il vaso di Pandora sui dolori di un passato tanto difficile da raccontare.
A complicare la vita delle due donne c’è l’ingerenza della madre di Andrea e nonna materna di Sara , Herta (Krista Porsh), donna algida e fredda che proveniente da una lunga dinastia di grandi sciatori, la quale non accetta altra strada che quella della severa disciplina agonistica, con ben poco spazio a sentimenti ed emozioni, tutto pur di difendere un sistema malato di cui anche lei è involontariamente complice.
A questo mondo corrotto appartiene Verdena (Katja Lechthaler) la quale, da amica di vecchia data della famiglia di Andrea, diventa una sua nemica una volta che questa decide di rivelare tutti gli scomodi segreti della federazione, essendo Verdena stessa facente parte della federazione sciistica austriaca e che quindi non la voglia realmente smascherare, ma che anzi cerca di seppellire con diplomazia sotto la neve questi casi, secondo lei isolati e non fondati su prove effettive di violenza dimostrabili da parte degli addetti ai lavori nel mondo sciistico sui giovanissimi atleti.
Andrea però non si arrende e non vuole denunciare una persona singola, ma proprio il sistema che Verdena difende, perché lei sa che non si è trattato il suo di un caso sporadico ed isolato, ma di un qualcosa di più radicato e nascosto, perpetrato nel corso di decenni ai danni di centinaia e centinaia di ragazzine e ragazzini, i quali si sono portaticostantemente con se questi terribili traumi ben oltre le loro carriere sportive, più o meno fortunate, con tutti i danni psicofisici che certe violenze fisiche e psicologiche portano irrimediabilmente con se.
Ad aiutare Andrea, in questa difficile lotta solitaria e piena di ostacoli e paure, ci sarà un altrettanto e coraggioso giornalista, Thomas Fuchs (Lucas Miko), il quale sarà insieme alla figlia l’unico vero e proprio supporto a questa lotta che Andrea avrà, e che dopo anni di silenzi e dolorosi tormenti interiori sarà pronta a ritirare fuori denunciando tutto e andando contro tutti: federazione austriaca, famiglia, mondo social ed opinione pubblica. E’ giunta l’ora di confessare e finalmente liberarsi di questo pesante fardello emotivo.
Persona non grata: La regia tra dettagli e calzanti metafore tra scii e vita reale
E’ un film permeato di solitudine. Sopratitutto quella di Andrea, una donna forte che non solo si ritrova a dover rivivere un tremendo passato fatto di violenze e strupri, ma che di fatto qualche sporadico supporto, si ritrova praticamente abbandonata da tutti e non creduta, tra chi pensa che lo faccia per una discutibile ricerca di popolarità, che lo faccia per soldi, o per una qualche rancorosa rivalsa verso la federazione o magari semplicemente per giustificare una carriera tradita sul più bello e di cui è lei l’unica colpevole che sarebbe da biasimare.
Una solitudine che è fatta anche di dettagli: inquadrature su stanze vuote e buie, una credenza piena di trofei impolverati dal passato, fantasmi veri e propri di un mondo che non esiste più e sensazioni di disgusto, di rabbia e di paura che di fatto escono fuori con una violenza inaudita e che il regista solo parzialmente ci mostra in tutta la loro forza.
Molto efficace è l’uso decisamente acuto di metafore sciistiche, le quali vengono utilizzate perfettamente per rivelare le due facce di una stessa medaglia: da una parte usate per difendersi da coloro che attaccano la federazione sui silenzi su questi casi, mentre dall’altra però segretamente ne smaschera volontariamente le ipocrisie, come quando per esempio Verdena, alto membro della federazione sciistica austriaca, riprendendo le parole di un membro della federazione, afferma:
Che bisogno c’è di tirare fuori lo spazzaneve quando non nevica?”
Di fatto questo è un brillante modo usato dal regista per farci capire che certe problematiche come queste, e che non riguardano le alte sfere dirigenziali, non sia un problema di fatto da dover affrontare. O forse la si potrebbe vedere al contrario; essendo loro circondati dalla neve tutto l”anno, probabilmente non sono nemmeno più consapevoli di quando effettivamente nevica nel loro mondo e che forse se incominciassero a scavare davvero, qualcosa di certo troverebbero, e questo può essere parecchio scomodo da ammettere perché, una testa dopo l’altra ed un sistema intero verrebbe completamente smascherato e cadrebbe pezzo per pezzo, e certamente anche membri forti come Verdena della federazione rischierebbero di perdere il loro posto al sole.
Altra similitudine calzante usata dal regista è il boccione dell’acqua; questo lo troviamo all’inizio del film nell’ospedale dove il marito di Andrea morirà da lì a poco, e che ad un certo punto lei fissa, con un’inquadratura di diversi secondi verso questo e lo si vede nella sua normale attività: una grossa bolla d’acqua che costantemente e rumorosamente viene su sempre più forte, ma essendo imprigionata dal tappo riscende inevitabilmente giù, e questo rappresenta di fatto lo stato d’animo di chi come Andrea ha dovuto per anni mandare giù tanto dolore e rabbia, e che ora raggiunto l’estremo è ora di ribaltare metaforicamente quel boccione e far uscire di fatto tutta l’acqua che negli anni l’ha intossicata.
Che poi quest’acqua sia astratta ed espressa sottoforma di rabbia o dolore, o che sia fisica e ben visibile come il rimettere violentemente nel vedere il suo articolo in anteprima, è una metonimia decisamente efficace da parte del regista per dirci diverse cose attraverso un semplice e mero oggetto di scena come può essere un omonimo boccione per l’acqua.
Persona non grata: Conclusioni
Persona non grata, è indubbiamente un film forte che abbraccia diverse tematiche, in primis l’ipocrisia di un sistema più volto a proteggere con l’omertà, veri e propri atti criminosi perpetrati contro giovanissimi atleti, un problema presente ovviamente che spazia ben oltre lo sci austriaco, ma che abbraccia purtroppo tantissimi ambiti lavorativi e non solo.
Sport come la pallavolo e la ginnastica, a livello mondiale ne hanno denunciato in questi ultimi anni diversi casi: celebre è divenuto il caso di Simone Biles, straordinaria ginnasta statunitense che denunciò gli abusi dell’ex-medico della nazionale americana nel 2021 e che recentissimamente è stata raccontata nella docuserie Netflix, Simone Biles Rising: verso le Olimpiadi.
Come citato in precedenza viene spesso citato nel film anche il #MeToo, movimento nato a favore delle vittime femminili sugli abusi sul posto di lavoro, culminato con il caso Weinstein nel 2017, senza dimenticare i casi che per decenni hanno afflitto milioni di ragazzini da parte di diversi membri appartenenti al clero cattolico e che ha di fatto, come la federazione austriaca, nascosto colpevolmente per decenni.
Tutto questo viene volutamente espresso dalla stessa protagonista, stanca di dover vedere casi del genere di molestie sessuali verso minori o comunque giovani donne in tutti gli ambiti, una lotta che sta compiendo contro un sistema non per diventare famosi o per voglia di celebrità, ma per far si che certe cose non avvengano più.
La sua denuncia è una goccia in un oceano, come questo film di fatto vuole essere, sperando che quel coraggio serva a far si che migliaia di persone da una parte trovino la forza di denunciare gli abusi, mentre dall’altra che le nuove generazioni crescano in un mondo sportivo e non solo, dove l’unico obiettivo sia quello di crescere e sognare in un ambiente eticamente sano.
E’ forse sono le stesse tonalità di colore del film, come quello dei colori dei capelli della protagonista, che schiarendosi sempre di più diventano da grigi che erano a sempre più luminosi, come a darci un ulteriore segnale di speranza da parte del regista, forse per farci capire che un primo raggio di sole è stato lanciato in questo universo per troppo tempo rimasto colpevolmente all’oscuro.
Il film Persona non grata uscirà il 25 luglio nei nostri cinema, fammi sapere cosa ne pensi. Buona visione!