Nella prima stagione al centro della storia è il vampiro scomparso nella seconda stagione, che torna nella terza più bello e più superbo che mai. In questa stagione vedremo, finalmente, il conte Dracula in persona
Vedi: Penny Dreadful, stagione uno: la stagione del vampiro e Penny Dreadful, seconda stagione: tremate le streghe son tornate!
Prima di tuffarci nell’ultima stagione di questa serie televisiva irripetibile, soffermiamoci sulla figura del vampiro. Fra tutti i miti moderni il vampiro è il più vitale. Nessuno, nemmeno Sherlock Holmes, altro mito nato in epoca vittoriana, è stato ripreso e trasformato in tanti modi differenti. Ci sono vampiri crudeli, come quelli di Stoker o Murnau e Werner Herzog al cinema, vampiri romantici, come quello di Coppola, perfino vampiri comici, come quello gay di Per favore non mordermi sul collo o quello sfortunato di Aldo, Giovanni e Giacomo.
Ma com’è nato il mito del vampiro?
Il vampiro esisteva anche in epoca classica, ma vuoi che dovesse competere con personaggi veramente tosti come Eracle, Giasone e Odisseo, vuoi che il concetto di morte da allora a oggi è stato completamente stravolto dal punto di vista cristiano, non ha avuto la stessa popolarità. In epoca moderna il primo vampiro letterario è stato il Lord Ruthven di Polidori. Il secondo è il già citato Varney, uscito proprio come Penny Dreadful, di infimo livello. Il terzo racconto, che è sicuramente la migliore storia di vampiri mai scritta, è Carmilla di Joseph Sheridan Le Fanu. Ma è solo dopo la pubblicazione del Dracula di Stoker che il vampiro ha avuto un successo che dura da oltre 120 anni. Perché? Cosa ha di più degli altri?
Le regole. Ciò che è decisivo sono le regole imposte al vampiro e ai suoi cacciatori. Un bel gioco durerà anche poco, ma ha tante regole. Pensate a qualsiasi gioco e come sarebbe se le regole non ci fossero; cosa sarebbe il Nascondino senza il “liberi tutti”? Cosa sarebbe il Monopoli senza imprevisti e probabilità? Cosa sarebbe Pac-man senza i fantasmini? In questo senso Dracula è il videogioco del XIX secolo.
Nei romanzi precedenti il vampiro poteva fare più o meno di tutto; uscire alla luce del sole e non aveva ristrettezze dietetiche. Invece per Dracula le regole sono tante. Non tollera la luce del sole, l’aglio, il crocefisso, l’acqua benedetta, può riposare solo nella sua bara e nella sua terra, non viene riflesso dagli specchi. In compenso è pressoché immortale, ha una forza sovrumana, può trasformarsi in pipistrello o in nebbia e comanda agli animali della notte. Il cacciatore di vampiri deve evitare la notte altrimenti il vampiro è invincibile (e il cacciatore un imbecille). Deve trovare il nascondiglio diurno del vampiro (e Dracula ne ha dislocati parecchi a Londra) perché può ucciderlo solo infilando il famoso paletto acuminato nel cuore mentre riposa nella sua bara. Per difendersi può contare sull’aglio e le altre cose elencate in precedenza. Sono queste ferree regole che hanno reso così vitale la figura del vampiro e, come in ogni gioco, il punteggio o il vincitore può cambiare.
In Penny Dreadful non ci sono molte regole. Intanto basta una pallottola ben piazzata per farlo fuori. Non sembra che soffra più di tanto la luce del sole, anche se predilige la notte, cosa ovvia: se i vampiri si mettessero a succhiare sangue in pieno giorno a Trafalgar Square li avrebbero già sterminati. Somiglia di più ai primi vampiri che al Dracula di Stoker. Nonostante questo, ormai il vampiro vive di rendita e rimane comunque affascinante.
Ma entriamo, finalmente, nel vivo della terza e ultima stagione
Ci sono alcuni personaggi nuovi, uno è il padre Apache di Mr. Chandler che, ormai lo sappiamo dalla scorsa stagione, in realtà si chiama Talbot. E non è un caso; il diabolico John Logan si è ricordato che Lon Chaney, che nel primo film sull’uomo lupo, del 1941, si chiamava, appunto, Larry Talbot. Kaetenay è uno stregone indiano al quale il giovane Talbot aveva sterminato la tribù. Pentito, Ethan gli aveva chiesto di ucciderlo, ma il perfido uomo rosso l’aveva lasciato in vita per farlo soffrire di più e, col suo aiuto, aveva ucciso mamma e sorelle Talbot. Poi come era successo a Sir Malcolm con Vanessa, aveva sviluppato un sincero amore paterno per il ragazzo e, infatti, intraprende un lungo viaggio in Africa per portare Sir Malcolm in America per “salvare nostro figlio”. Così Ethan, orfano di madre, si ritrova con tre padri. Uno è il suo autoritario e, prevedibilmente, rancoroso padre naturale che gli vuol far scontare il massacro della famiglia, uno è il saggio Kaetenay che, fra l’altro, è quello che gli ha passato il “dono” della licantropia, uno è Sir Malcolm, alla ricerca dei figli che ha perso e che, alla fine, troverà in Ethan il bastone della sua vecchiaia.
Torna Patty LuPone, non più come strega (era la Joan Clayton della seconda stagione), ma come psicoanalista alla quale si rivolge miss Ives per curare la sua profonda depressione, su consiglio dell’ottimo prof. Lyle: “La vita, nonostante le sue angosce, è nostra Miss Ives. Non appartiene a nessun altro“. La dott.ssa Seward, copia femminile del dott. John Seward di stokeriana memoria, come il suo omologo maschile, registra su rulli fonografici le sedute coi pazienti. Miss Ives, vedendo la sua straordinaria somiglianza con Joan Clayton, pensa a una stregoneria della vecchia maestra che ha trovato un modo per tornare vicina alla sua allieva prediletta. Molto più razionalmente la Seward spiega che il suo cognome da nubile è Clayton e che la somiglianza dipende da un banale retaggio cromosomico.
Segretario della dottoressa Seward è un uno scialbo ometto che viene subito vampirizzato per diventare fedele servo di Dracula e spiare, quindi, Miss Ives. Il nome è, ovviamente, Rendfield e, per fare capire bene che è lo stesso Rendfield curato dal dott. Seward in Dracula, nel secondo episodio si mette a mangiare una mosca.
Un altro personaggio nuovo è il compagno di studi del dott. Frankenstein, Henry Jekyll, un alienista che sta conducendo studi sullo sdoppiamento della personalità. Jekyll è figlio di un nobile inglese, dal quale ha ereditato titolo e patrimonio, e di una donna indiana. Per via della sua pelle scura è stato emarginato all’università ed è diventato amico fraterno del sensibile Victor Frankenstein che, con la sua perenne espressione di “quello che gli è morto il gatto” non deve aver goduto di particolare popolarità a sua volta. Victor si rivolge a lui per curare le sue pene di cuore e Henry propone di somministrare a Brona/Lily un siero di sua invenzione che rende buone le persone. Peccato che Lily non voglia collaborare e che il siero non sia stabile.
Poi abbiamo una povera ragazza venduta appena adolescente a un malvagio individuo che l’ha prima usata come schiava del sesso e che poi la vende per farla fustigare fino alla morte. Una storia che ricorda la Justine di De Sade e, infatti, è proprio così che si chiama. Justine (interpretata da Jessica Barden, The end of the f***ing world) viene riscattata e protetta da Brona/Lily e da Mr. Gray che progettano una sorta di rivoluzione delle donne oppresse. È ovvio cosa spinga Lily a questa crociata, molto meno perché Dorian Gray l’assecondi.
Infine, ma non certo ultimo, l’affascinante prof. Alexandre Sweet, ovvero Dracula. Tanto vale dirlo subito, tanto lo scopriamo già alla seconda puntata. Il prof. Sweet è direttore del museo di storia naturale e sarà l’ultima fiamma della nostra Miss Ives.
Questi i personaggi nuovi, ma indugiamo subito sul nostro mostro preferito, il già noto la Creatura/Calibano/John Clare
Mentre è bloccato sulla nave fra i ghiacci polari e tutti stanno morendo di fame, ha un flash back della sua prima vita. Ricorda la moglie e il figlio e si mette subito in cammino per tornare da loro. Li trova, si avvicina loro piano piano e viene riaccolto in famiglia. Che sia la fine della sua vita tormentata? Ovviamente no; tanto cieca è la fortuna quanto l’occhiuta sfiga colpisce sempre l’ottimo John Clare. Il figlio è molto malato e, infine, muore di tisi. La tisi è un altro protagonista della serie, visto che si è portata via la mamma del piccolo Frankenstein, Miss Croft e ora il figlio di Mr. Clare. La moglie ha una proposta che non fa una grinza: “Portalo dal tuo dottore, come ha resuscitato te, resusciterà lui e saremo di nuovo tutti insieme, altrimenti non farti più vedere”. Inutile dire come finirà, ma lo diciamo lo stesso. Seppur combattuto, sa per esperienza, che quel nuovo tipo di vita è troppo doloroso e decide d’incamminarsi col figlio in braccio lungo il Tamigi e lo abbandona alla corrente. Altra rivelazione su John Clare, che sappiamo grazie a una seduta di ipnotismo, è che era l’inserviente che portava da mangiare a miss Ives quando questa era ricoverata nel locale manicomio.
Forse una delle parti più intense e, allo stesso tempo, più tristi di tutta la serie. Abbandonata da tutti, anche dai genitori che si sono sbarazzati di lei, Vanessa rimane a lungo rinchiusa in una piccola stanza, imbottita, con solo un letto e una sedia, niente finestre. Tutte le cure a cui viene sottoposta, o meglio costretta, servono a “guarirla”; più che altro servono a renderla normale, remissiva e obbediente, come tutte le donne dovevano essere. L’unico contatto con il mondo esterno è proprio l’inserviente, la Creatura quando ancora era in vita. Sensibile anche da essere umano, John Clare si rende velocemente conto di come quel manicomio somigli più a un mattatoio e di come le cosiddette “procedure scientifiche” siano in realtà torture. L’idroterapia, l’elettroshock, tutte metodologie che per anni sono state usate nei manicomi per rendere i pazienti non più persone, ma vegetali, pezzi di carne senza più controllo su se stessi. Manichini da muovere come più era conveniente. Passerà, quindi, dal supportare tali esperimenti: “Quello che vi stanno facendo non è tortura, è scienza. Serve a farvi stare meglio” a condannarli. La sedia, da dove ogni giorno fa compagnia alla donna, si avvicina sempre di più al suo letto, dal non parlarle di niente di personale perché “contro il regolamento”, comincia a raccontarle della sua famiglia, del suo bambino malato, fino a leggerle poesie e storie, tanto amate da Vanessa. Fino al giorno dell'”intervento”, le starà vicino in tutti i modi possibili, cercando di restituirle l’umanità che lentamente le era stata tolta in quella gabbia inadatta a ogni essere vivente. “L’ultima persona che vedrete prima dell’intervento sarà qualcuno che vi ama. Arrivederci Miss Ives“.
A John Clare è anche affidato il bellissimo monologo finale della serie. Tutta l’umanità racchiusa nel cuore del mostro viene fuori nel suo commovente saluto a Miss Ives. Sulle parole dell’Ode all’Immortalità di Wordsworth diciamo addio a tutti i personaggi che, in queste tre stagioni, ci hanno fatto innamorare e non ci hanno mai deluso.
Così si conclude la terza e ultima stagione di Penny Dreadful
Tre stagioni senza la minima sbavatura. Probabilmente la fortuna di Penny Dreadful è stata che non è piaciuta abbastanza e John Logan ha abbandonato il progetto prima di cominciare a ripetersi o a scrivere materiale inferiore all’aspettativa. È dannatamente difficile rimanere avvincenti quando si è scoperto il meccanismo del gioco o quando le aspettative sono troppo alte.
Rimane da capire il motivo dello scarso entusiasmo col quale è stata accolta una serie molto al di sopra della media. Forse la causa va ricercata nel fatto che la metà del divertimento sta nel riconoscere le fonti letterarie o cinematografiche del cross over. Prendiamo il suo omologo disegnato, La lega degli straordinari gentlemen, al quale Logan ha sempre affermato di essersi ispirato. Appena uscito è nato un blog, che poi è diventato un libro, sul quale si discutevano le fonti delle citazioni. Ma un fumetto è un medium diverso; si può rileggere, interrompere, tornare indietro. Vero è che lo stesso si potrebbe fare con un film, ma non è la stessa cosa. Non si può interrompere un filmato senza perdere interesse per la storia: un film è qualcosa che sta succedendo, un libro o un fumetto sono cose già successe e raccontate in un secondo momento.