Paris, Texas è un film del 1984 diretto da Wim Wenders, vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes nello stesso anno. Il titolo prende il nome dalla città di Paris, in Texas, ed è stato inserito nella lista dei 100 migliori film del XX secolo, rilasciata dall’American Society of Cinematographers.
Paris, Texas: di cosa parla?
Un uomo vaga solo nel deserto del Texas e viene rinvenuto e soccorso da un medico, che riesce a contattare il fratello dell’uomo misterioso. Scopriamo che quest’ultimo è Travis (interpretato da un eccezionale Harry Dean Stanton), scomparso ormai da quattro anni, dopo aver abbandonato sua moglie e suo figlio. Successivamente la sua scomparsa, la moglie Jane (Nastassja Kinski) lascia il figlio Hunter (Hunter Carson) ai cognati, Walt (Dean Stockwell) ed Anne (Aurore Clément). Travis rientrerà a contatto con suo figlio, ormai di sette (quasi otto) anni. Insieme tenteranno di ricostruire il proprio rapporto e la propria famiglia.
Analisi e Riflessioni
Scritto a quattro mani dallo stesso regista Wim Wenders e lo scrittore Sam Shepard, i due stesero soltanto la prima metà dello script, completato poi in corso d’opera, lasciandosi ispirare dalla prosecuzione della storia. La realizzazione del film è però stata più volte interrotta a causa delle difficoltà nel reperire fondi per la produzione. È incredibile pensare che la pellicola sia stata girata, dunque, quasi improvvisando la sceneggiatura, specie considerando le scene madre presso il peep-show con Travis e Jane, i cui dialoghi sono stati dettati al telefono dallo stesso Shepard, non presente sul set.
Paris, Texas è un film simbolo della corrente del Nuovo Cinema Tedesco, un movimento cinematografico nato in Germania tra gli anni ’60 e ’80 coinvolgendo giovani registi tedeschi, tra cui proprio Wim Wenders, influenzati dal Neorealismo Italiano e dalla Nouvelle Vague francese, realizzando dei film a basso costo così da farsi conoscere entro l’ambiente culturale europeo.
Il film è un vero piacere per gli occhi, grazie alla fotografia di Robby Müller, capace di raffigurare luoghi desolati espressione del paesaggio emotivo dei protagonisti. Si tratta di un’esperienza emotiva di una forza e di un’intensità tali che quasi risulta estenuante. La pellicola scorre lenta, sul suono della splendida chitarra di Ry Cooder in grado di ricreare l’atmosfera estremamente suggestiva del Texas e del deserto, pregna di malinconia e nostalgia.
Paris, Texas è un lungo viaggio alla riscoperta della famiglia, dei valori affettivi e di sé: un road-movie del tutto peculiare. Travis, mancato da casa per ben quattro anni senza dare alcuna spiegazione, tenta di ricongiungersi col suo nucleo familiare, cerca di ripristinare un rapporto ormai svanito, sbiadito. Il fratello Walt si mostra molto disponibile e ragionevole, comprensivo nei suoi confronti, nonostante ai nostri occhi appaia in modo immediato che Travis ha compiuto un errore che gli è valso ciò che amava di più: sua moglie e suo figlio.
Anche se Travis ha un ruolo centrale, il figlio Hunter è il vero protagonista di buona parte del film. Entriamo in empatia col bambino, abbandonato da entrambi i genitori e cresciuto dagli zii, ora questi stessi nel ruolo di genitori e a cui lui vuole bene incondizionatamente. È un piccolo adulto che comprende la propria situazione, capisce che i suoi genitori non l’hanno voluto e fa inizialmente fatica ad accettare la presenza di un nuovo padre, il suo padre biologico, che si presenta in casa senza alcun preavviso, turbando la quiete familiare. Hunter però si mostra all’altezza della situazione e, gradualmente, accetta la nuova figura paterna, anzi accogliendola come una fortuna: si sente amato. I due partiranno poi insieme per un viaggio alla ricerca della madre, consolidando il loro legame ed imparando a conoscersi meglio. Hunter è un bambino straordinario, molto appassionato di scienza, sempre entusiasta per le avventure che la vita ha in serbo per lui. Si mostra inoltre estremamente responsabile nei confronti del padre, prendendosene cura. Una scena in particolare lascia riflettere sul rapporto tra i due: il padre, sdraiato su un divanetto in pelle, racconta dei suoi trascorsi familiari, anche questi non poco travagliati, mentre il bambino è seduto accanto, su una poltrona, ad ascoltarlo. Assistiamo così ad una vera e propria seduta terapeutica: Hunter ha un ruolo fondamentale per la realizzazione del padre.
Paris, Texas è un racconto di redenzione. Un uomo che compie un lungo viaggio alla ricerca di sé, perché questa è l’unica via per riconsolidare i rapporti con il prossimo. Travis acquista un lotto di terra proprio a Paris, in Texas, rifacendosi ad un vecchio racconto dei suoi genitori, che ebbero il loro primo rapporto proprio in quel luogo: lì fu concepito Travis, lì ha iniziato ad esistere ed è da lì che dunque comincia la riscoperta di sé. L’uomo cammina in silenzio, medita, con la memoria ripercorre il suo passato. Narra del rapporto tra i suoi genitori: la madre ha certamente un ruolo fondamentale, per la quale nutre profondo amore e compassione. Il padre è morto quando lui era molto giovane. Lo ricorda come un uomo a cui piaceva scherzare, raccontando che la moglie era di Parigi ed era una donna “chic”, quando in realtà era umile e molto buona: lui non faceva altro che dipingerla come voleva vederla. Ed in fondo non è un meccanismo così inusuale, l’idealizzazione che si fa del prossimo, specie della persona che si ama, o che si crede di amare. Forse ciò che si ama davvero è solo l’idea che si ha dell’altro e proprio tale idealizzazione risulta distruttiva, quando emergono caratteri contrastanti con tale percezione, comprendendo la vera natura della persona. L’idealizzazione complica i rapporti. Eppure quei sentimenti erano veri, seppur per la persona sbagliata, di cui si aveva un’opinione diversa.
Il concetto di spazio in Paris, Texas
Lo spazio riveste un ruolo fondamentale, vero protagonista. Travis è un uomo inizialmente vuoto, una tabula rasa, senza memoria, in uno stato confusionale. Lo spaesamento è dominante e Travis vaga come un fantasma nel deserto. Lo spazio è espressione dello stato interiore, dei moti dell’animo. Lo spazio esterno non è altro che il riflesso del paesaggio emotivo, rivelatore dello stato interiore di Travis, dove il deserto è allusione della solitudine e del silenzio, mutismo nel quale l’uomo si rifugia.
Il terreno diviene un elemento chiave e numerose sono le allusioni ad esso: le distese desertiche, l’appezzamento di terra comprato da Travis, riconducibile al grembo materno. L’uomo è di fatto profondamente legato al ricordo della madre e proprio con tale pensiero ricomincia il proprio cammino, dimenticandosi di sé per ricostruirsi a partire dal luogo del concepimento: Paris, in Texas. La terra stessa simboleggia le origini, le radici, l’esigenza di comprendersi partendo dall’inizio, dalla madre e dalla nascita. E così l’importanza della terra ritorna dove Travis si mostra letteralmente un uomo con i piedi per terra, temendo l’aereo ed avendo una fissazione per le scarpe, che lucida ossessivamente.
La memoria è un altro elemento essenziale, quale chiave narrativa assieme agli spazi. Una memoria assente nel silenzio iniziale, che poi riaffiora grazie ad una serie di dialoghi, sempre più profondi, sino ad arrivare al finale, dove, soltanto attraverso le parole, verremo a conoscenza dei trascorsi di Travis, della disgregazione dell’unità familiare, realizzando che esiste uno strappo del passato ormai impossibile da ricucire. Attraverso il viaggio, non solo fisico ma psicologico, il protagonista compie la propria espiazione e confessione di colpevolezza. I rimorsi non lo abbandoneranno mai, il senso di colpa sarà sempre persistente, non esiste una seconda possibilità. Il film è estremamente ciclico e Travis continua a vagare nella solitudine alla ricerca di sé. Si tratta dunque di un viaggio introspettivo ed al contempo di formazione: un uomo che tenta di ritrovarsi ripercorrendo i propri passi e tentando di ricucire i rapporti con la famiglia ma, consapevole dei propri errori, comprende che per lui non esiste più alcuna possibilità. La stessa sorte non deve però riguardare Hunter, attraverso cui si realizza la redenzione di Travis.
Paris, Texas è un capolavoro che esplora la condizione umana, di estrema complessità, seppur la pellicola si presenta lineare nella narrazione dei fatti. È un film intenso, pregno di emozioni. I personaggi sono descritti con estrema dolcezza e delicatezza, figurano nella loro fragilità a seguito di un vissuto doloroso per cui il viaggio rappresenta una catarsi. Non si sfocia mai in eccessi, è un film molto posato, ciononostante è in grado di trasmettere forti emozioni, senza che ciò risulti forzato. Paris, Texas è un’esperienza emotiva, un viaggio alla riscoperta di sé, dove nonostante la capacità di amare, di provare un amore intenso, struggente, lancinante, non si è realmente in grado di viverlo, distruggendolo.
Qui ti lascio la proiezione di un vecchio Super 8 in cui sono racchiusi i ricordi di una piacevole giornata al mare, lieta memoria di un passato ormai svanito. Il filmato venne girato da Wim Wenders soltanto al termine delle riprese: