Abbiamo visto per te in anteprima Paolo Cognetti – Sogni di grande Nord, il film che racconta il viaggio on the road dello scrittore premio Strega Paolo Cognetti (a questo link puoi trovare la recensione di uno dei suoi libri, dal titolo Senza mai arrivare in cima) e dell’illustratore e viaggiatore Nicola Magrin. Il film sarà visibile solo il 7, 8 e 9 giugno in 150 sale in tutta Italia: l’elenco completo sarà disponibile all’indirizzo www.nexodigital.it .
Paolo Cognetti Sogni di grande Nord (2021)
Regia: Dario Acocella; soggetto e sceneggiatura: Paolo Cognetti, Dario Acocella, Francesco Favale; musiche: Fabrizio Bondi; editing: Mario Morrone; interpreti: Paolo Cognetti e Nicola Magrin; produzione: Samarcanda Film con Feltrinelli Real Cinema e Rai Cinema e con il sostegno della Film Commission Valle d’Aosta; origine: ITALIA – 2021; durata: 83′.
Di cosa parla Sogni di grande Nord
Come puoi vedere dal trailer che trovi di seguito, il film è in realtà un documentario del viaggio che Paolo Cognetti e Nicola Magrin hanno intrapreso fra il Canada e l’Alaska; il loro percorso è stato trasformato anche in un podcast dal titolo Sogni di Grande Nord – Racconto di viaggio.
Il viaggio ripercorre le strade di vari scrittori importanti, quali Ernest Hemingway, Raymond Carver, Thoreau, Jack London e Herman Melville, in un susseguirsi di riferimenti letterari e citazioni che, accompagnate dalle immagini suggestive dei boschi e dei laghi, prendono un significato ancora più profondo.
Durante la conferenza stampa, tenutasi presso il cinema Arcobaleno a Milano il 24 maggio, Nicola Magrin ha raccontato come questo film parli anche dell’amicizia e del mettersi in gioco, e come proprio il 24 maggio di due anni fa tutta la crew fosse nello Yukon, in Canada, intenta nelle riprese del film che esce nelle sale solo ora per via delle chiusure imposte dall’epidemia di covid; aver potuto lavorare sul montaggio del girato in questo anno e mezzo di lockdown è stato per lui e per tutta la troupe una boccata d’aria.
“(…) ci ha fatto respirare perché nei tanti momenti di chiusura obbligati rivedere le foto, rivedere qualche immagine, sognare, ascoltare la colonna sonora di questa grandissima avventura è stato un toccasana. E quindi spero che, anche se l’abbiamo vissuto noi, questa bellezza di questo film a cui davvero voglio molto bene possa trasmettere oggi nei vostri cuori e nella vostra mente una carezza di freschezza dal vento del Nord.”
Magrin ha poi parlato di Gianni Bianchi, una delle persone intervistate durante il viaggio e suo amico di famiglia, fuggito dalla Milano negli anni ’70 che per lui era già troppo caotica, per andare a vivere in Canada con sua moglie in una casa a due ore di auto da qualunque altra forma di vita.
“(…) a gennaio Gianni si è spento ed è stato un colpo, anche perché mi ha scritto un’ultima mail molto molto bella; una mail riferita a me e a Paolo dicendo appunto “vivete sempre l’avventura e cercate di rimanere semplici”. (…) sapersi emozionare delle cose più semplici che la vita ti offre.
Poi le luci si sono spente, la proiezione è iniziata e noi in sala abbiamo avuto la fortuna di poter godere della potenza delle immagini sul grande schermo e sentirci trasportati con Paolo e Nicola in queste distese enormi di natura, intervallate da strade gigantesche con file di case sui due lati e per il resto il vuoto, e poi laghi, montagne, alberi. Una mappa aiuta lo spettatore a seguire le tappe del viaggio, affrontato dai due a bordo di un camper, ma anche con tratti in battello, lunghe escursioni a piedi e perfino il guado di un fiume.
Il verde delle pinete ed il bianco della neve in contrasto con i capelli e la barba rossa di Paolo, che osserva il mondo come solo uno scrittore sa fare, con la curiosità di un bambino che ci si approccia per la prima volta ma la consapevolezza di un adulto che sa cogliere i mille significati possibili della stessa cosa. A volte le sue parole sono ancora più suggestive delle immagini; mi ha colpito più di tutto il suo paragonare la pesca alla scrittura: in entrambi i casi bisogna avere la pazienza di saper aspettare.
E poi Nicola, che sembra essere l’amico che tutti noi vorremmo avere ma che forse ancor di più dovremmo imparare ad essere per gli altri; non sempre risponde alle riflessioni di Paolo, ma le ascolta con un sorriso. Appare evidente nei loro silenzi la complicità e l’amicizia che li lega.
Poi arriva l’incontro con Gianni Bianchi e sua moglie Magì, di cui poco prima si è parlato in conferenza stampa. Le parole di un uomo di montagna di 79 anni, con la barba ed i capelli bianchi ma lo sguardo tagliente di un ventenne non possono che rimanere impresse; parla di vita, parla di morte, parla di scelte, in piedi con la sua canna da pesca in mezzo ad un lago gigantesco.
E sembra quasi di conoscerlo da sempre, sembra uno di quegli anziani montanari che con semplicità, davanti ad un bicchiere di rosso, ti racconta di quella volta che ha fatto a pugni con un orso; e poi ti giri e se n’è andato, perché per oggi non aveva più voglia di compagnia, e per la sua schiettezza lo apprezzi ancora di più.
Tanti altri volti si alternano sullo schermo, seguiti da paesaggi incredibili e riflessioni, e i disegni di Nicola che si danno il cambio con le parole di Paolo su un quadernino dai fogli bianchi e la copertina nera.
E poi l’intervista con la scrittrice Kate Harris, che come Paolo ha scelto di vivere la sua vita in una casetta sulle montagne per potersi dedicare completamente alla scrittura. E infine la rotta percorsa da Chris McCandless, alla ricerca del suo famoso furgone che in quei boschi fu per lui casa ma anche tomba, come abbiamo imparato dai suoi diari in seguito trasformati da Sean Penn nel famoso film Into the Wild – Nelle terre selvagge.
E oltre al tema del viaggio e a quello dell’amicizia, il film regala riflessioni toccanti sulla vita, sul confronto generazionale, sulla responsabilità di chi sceglie di abbandonare la società e vivere per conto proprio, su come questa scelta possa sembrare a volte egoista, a volte incomprensibile da fuori, e su come sia spesso accompagnata da un forte senso si colpa ma sovrastata dalla necessità, per usare le parole di Gianni Bianchi, “di essere coerenti con sé stessi”.
Poi le luci si sono riaccese nella sala, e dai boschi sconfinati fra il Canada e l’Alaska mi sono trovata di nuovo nella piovosa Milano del (si spera) post covid. E non ho potuto fare a meno di pensare a come probabilmente Paolo e Nicola, quando hanno immaginato questo film, hanno pensato che sarebbe stato bello poter raccontare due terre così lontane a qualcuno che magari nella vita non avrà mai occasione di visitarle.
E invece si sono ritrovati a poter condividere questo racconto in un periodo storico in cui tante cose sono così diverse da due anni fa: Gianni Bianchi, che non potrà mai vedere il film; il pulmino di Chris, rimosso nell’agosto del 2020 perché diventato pericoloso per i turisti (a questo link un articolo di approfondimento), ma anche già solo il vedere le persone respirare in un mondo lontano anni luce da mascherine e distanziamento…