Noi dell’Academy siamo gente seria, piena d’impegni. Cocktail party, saette al vetriolo su X, quanto era fica la Hollywood di una volta. Il solito, da professionisti della settima arte. È quasi un secolo che facciamo così agli Oscar. E mo’ quelle capocchie dei piani alti se ne escono con ste assurdità: dovete davvero vedere i film prima di votarli. Basta alla pigrizia, basta interessi di parte, basta antipatie arbitrarie. Gne gne. Insopportabili guastafeste.

Cioè, sono ancora in attesa che carichino Barbie sul Netflix dell’area geografica apposita, e questi pensano realmente l’anno prossimo mi sorbisca tutte le pellicole della categoria di cui sarò giudice, nella cosiddetta piattaforma streaming proprietaria chiusa, peraltro, quella che crasha ogni volta sulla smart TV perché, ehi, un po’ di pazienza, è in fase di ottimizzazione.
Academy Screening Room la chiamano. Più complicata dello SPID, più segreta del piano S3. Eh, ma così sarà certificata la visualizzazione completa dell’opera, non vi farete influenzare da pubblicità e dibattiti social, con l’account giurati end to end a fare fede. Dobbiamo garantire la qualità, dicono, gli sponsor vogliono autenticità. E poi il pubblico, signori, il pubblico. Mica vorrete essere meno credibili di quei pagliacci dei Golden Globe?
Si sono pure inventati che la maggior parte di noi ha accolto con entusiasmo l’iniziativa. Sciocchezze. Alla terrazza mercoledì scorso erano tutti d’accordo con me. L’oggettività: pfui. Roba da invasioni barbariche. Già sarebbe da storia Insta piccata, ma potrei capire se fosse soltanto per i premi principali, ma no, tiranni loro, è per tutte e 24 le statuette della manifestazione.
Ma hanno idea di quanto siano orrendi i cortometraggi documentari presentati in genere? O di quanto mi ammorbi far caso alle scenografie? Non c’è più rispetto per gli intellettuali. La torre d’avorio è in fiamme, le tartine ormai fumo. Almeno non toglieteci il privilegio di far vincere un film perché sì, screanzati.