OASIS KNEBWORTH 1996 è il docufilm che celebra i 25 anni dallo storico concerto che gli Oasis hanno tenuto al Knebworth park, luogo in cui prima di loro si sono esibiti mostri sacri del rock tra i quali i Queen nella loro ultima esibizione con Freddie Mercury, e dopo di loro i Red Hot Chilly Peppers vi si esibiranno nel 2012.
Il film sarà nelle sale italiane solo il 27, 28 e 29 settembre, distribuito da Nexo Digital: clicca qui per vedere l’elenco dei cinema e prenotare il tuo posto.
OASIS KNEBWORTH 1996 (2021)
Regia: Jake Scott; Fotografia: Murren Tullett; Montaggio: Struan Clay; Produttori: Liam Gallagher, Noel Gallagher, Garfield Kempton, Alec McKinlay; Responsabile archivio Oasis: Martyn James; Compagnie di produzione: Black Dog Films, Kosmic Kyte, Sony Music Entertainment; Distributore Italiano: Nexo Digital
Commento del redattore su OASIS KNEBWORTH 1996
Ho sempre guardato con una serie di pregiudizi i film tratti dai concerti live perché non credo riescano a trasmettere per davvero la magia del clima che si crea durante quel tipo di eventi: devo ammettere invece che OASIS KNEBWORTH 1996 riesce nel suo obiettivo perché il documentario si sviluppa attraverso le voci (sottotitolate) dei fan che raccontano la loro esperienza dall’acquisto del biglietto al rientro a casa dopo le serate, e questo riesce a coinvolgere lo spettatore. Ci sono inoltre spezzoni di interviste dell’epoca e di oggi ai fratelli Liam e Noel Gallagher, che sono anche produttori esecutivi del docufilm, il tutto montato su video di ricostruzioni dei fatti raccontati e sulle vere immagini girate nelle due serate.
Non è un caso che si sia deciso di parlare di questo spettacolo nello specifico perché si è trattato di un evento fuori dal comune, definito da alcuni come la Woodstock degli anni ’90: questo concerto, tenutosi nel gigantesco parco di Knebworth il 10 e 11 agosto del 1996, ha raccolto la bellezza di 250000 spettatori in tutto, divisi in 125000 a serata; i due spettacoli sono stati trasmessi da 300 radio nazionali e internazionali in diretta ed hanno visto come gruppi supporter band quali i Prodigy, i Manic Street Preachers e i The Chemical Brothers, il tutto al costo di 22 sterline e 50.
E tutto questo è stato organizzato in un periodo storico in cui ancora non c’era la diffusione attuale di internet e dei social, quindi i biglietti sono stati acquistati mettendosi in coda davanti alle rivendite o attaccandosi al telefono (rigorosamente fisso) per prenotarli con la carta di credito dei genitori: si calcola che circa il 2% della popolazione nazionale abbia provato ad accaparrarsi un biglietto. Fan da tutta l’Inghilterra hanno raggiunto Knebworth con ogni mezzo: 40000 arrivarono con dei pullman organizzati per l’occasione; ecco di seguito il trailer di Oasis Knebworth 1996 per farti avere un’idea di quella folla.
In generale questo docufilm ha infranto qualcuno dei miei pregiudizi e si rivela perfetto da vedere al cinema: la meraviglia del grande schermo trasmette la potenza di 125000 persone tutte riunite insieme, e si tratta di una folla così grande che puoi vederla pulsare a ritmo con la musica, ma allo stesso tempo si espande su un terreno così ampio che c’è un ritardo nel movimento tra le prime file e le ultime tale è l’estensione del parco.
E in un periodo storico come quello che stiamo vivendo, dove le parole “distanziamento sociale” sono purtroppo ancora adesso all’ordine del giorno, è emozionante ripensare a quanto sia bello riunirsi insieme a centinaia di altri fan, cantando la propria passione a squarciagola, e sentire la musica vibrare nelle transenne e, di rimando, nelle proprie ossa se si è stati abbastanza fortunati da essere sotto il palco (c’erano nel pubblico persone che hanno iniziato ad accamparsi in zona il venerdì per andare al concerto della domenica).
Inoltre, gli Oasis del ’96 erano al picco della propria fama e stavano raccontando una generazione, descritta anche da film come Trainspotting, con giovani disillusi e incompresi ma pronti a urlare la propria frustrazione. E i fratelli Gallagher erano all’apice del proprio potenziale: i testi di Noel sapevano parlare dritti all’anima dei suoi fan, e il suo carisma era innegabile (ho sempre pensato fosse chiaro come lui fosse il vero leader della band, nonostante fosse suo fratello ad essere il frontman).
Liam dal canto suo è nato per il palco così come per essere visto al cinema: il grande schermo esalta il suo modo di cantare con il microfono schiacciato fra il naso e il labbro superiore, la sua maniera tutta particolare di articolare le parole, la sua caratteristica posa con le braccia dietro la schiena. In quel momento storico Liam Gallagher era il prototipo della grunge rock star.
Siamo onesti: quando ti esibisci su un palco cantando con un tamburello in mano, con i capelli tagliati a scodella e un maglione di lana oversize (che come abbia fatto a non disidratarsi è un mistero che nemmeno la scienza può spiegare) il rischio di sembrare un cosplayer di Marcus Brewer in questa scena di About a boy è molto alto, ma se sei Liam Gallagher puoi permetterti questo e altro nell’ovazione festosa di centinaia di fan. Saranno gli zigomi alla Cillian Murphy, sarà il senso di incredibile sicurezza in sé stesso, ma la sua immagine decisamente funzionava.
Alcune delle esibizioni live sono lasciate quasi del tutto intere, sugli interventi parlati dei fan che raccontano i loro ricordi di quell’esperienza. I brani sono distribuiti seguendo l’effettiva scaletta ufficiale delle serate, sebbene alcuni dei pezzi più famosi siano stati saggiamente lasciati in fondo nel montaggio. Ecco una clip del film per darti un’idea del risultato finale.