#Now You See Me 3 #Now You See Me: Now You Don’t #Cavalieri
Ci mancava solo la Gen Z. Rubare la corrente, occupare abusivamente edifici, svaligiare conti Revolut a gente topperia a Ibiza. Il tutto con una preparazione militare da forze speciali, abilità hacker che McAfee levati, oltre ovviamente a numeri di prestidigitazione e magia da far impallidire David Copperfield. Però vivono ai margini, perché loro sono dei Robin Hood, rubano ai ricchi per dare poveri, lottano per il cambiamento climatico e il razzismo, con base operativa nella stanzetta da disagiati nonostante gli zeri dei bottini delle loro imprese. Ah, sì, e non ho ancora accennato ai boomer dei Cavalieri in questo casino.

Insomma, Now You See Me 3, mia riduzione del poco maneggevole titolo L’illusione perfetta – Now You See Me: Now You Don’t, è la mistica dei devianti buoni, i quali, però, e qui sta il problema, risultano essere più socializzati su tematiche mainstream di chi regolarmente paga la bolletta a Enel Energia, laddove il concetto di giustizia perseguito è semplicemente specchio di interessi e posizionamento dell’industria cinematografica da milioni di dollari di cui il film è espressione.
Il nemico, al solito, è il capitalismo rappresentato da Veronica Vanderberg, bella e spregevole, la cui fortuna familiare è frutto di sfruttamento in Africa e proventi del nazismo, con i diamanti nelle gallerie che grondano sangue quanto le aspirine e le Golf in circolazione.

Se è chiarissimo chi sia l’antagonista, unica, ipostatizzante il male in modo bambinesco ma riconoscibile, con una sua verticalità, meno semplice è identificare chi siano i protagonisti, siccome sono sette che si indifferenziano l’un l’altro, la cui orizzontalità invero di realizzare una comunità di pari appiattisce ciascuno alla medesima irrilevanza.
Loro saranno sempre un loro, cosa cambia tra Atlas e McKinney, tra Reeves e Wilder, tra Charlie, Bosco e June? Chi diavolo sono, cosa diamine vogliono come individui? Non si sa, come non si sa a cosa serva Thaddeus Bradley, interpretato da Morgan Freeman, la cui sola funzione nel film è morire dopo un gioco di specchi da debunker a fine corsa. È ovvio il punto, sette contro una, quella che si suol dire una gangbang del bene.
Qui è da rintracciare la debolezza del film, tra la pretesa iconicità dei personaggi del franchise, ormai espunti dall’immaginario, e l’incapacità di Ruben Fleischer di rigenerarli mediante nuove leve, con la messa in scena di uno scontro generazionale meramente formale e senza sostanza tra le due anime della squadra dei maghi.

Varie e suggestive le ambientazioni, con il tocco di classe di Yas Marina, tuttavia mai un istante di reale tensione, mai l’adrenalina di un sano action d’intrattenimento, sebbene abbondino scene con tale obiettivo, francamente ben lontano dall’essere raggiunto. No, non avevo il fiato corto quando la ciurmaglia si è trovata bloccata nella gabbia di vetro, no, non sono saltato sulla poltrona a causa della rivelazione finale, no, non scriverei oggi stesso su insegreto la volontà di aderire alla loggia de L’Occhio.
Si chiudono, sbrigativamente, parabole di personaggi che ignoravo fossero aperte, si dipanano trucchi di magia che paiono solo sceneggiatura e non tecniche, tecniche, peraltro, anch’esse figlie della sceneggiatura, e mai accompagnate da un acume o uno spirito che distingui i nostri (vostri) eroi dalla massa adorante degli show da essi organizzati.

Dunque, in estrema sintesi, per utilizzare il lessico di Bruno Rosso, mi accingo a esprimere senza tema di smentita la bocciatura di Now You See Me 3, pellicola populista nel suo essere mainstream, forse più insipida che brutta, la quale, lo dico per contratto, ti aspetta nelle sale italiane a partire dal prossimo 13 novembre. Sì, tra due giorni. Esatto -.-