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Nimic: il sottile confine tra identità e percezione

Un’analisi del surreale cortometraggio di Yorgos Lanthimos che racconta il fragile equilibrio dell’identità

Alessia Cristiano 11 mesi fa Commenta! 8
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9
Nimic

“Excuse me, do you have the time?” È da questa semplice frase che il protagonista di Nimic, controverso cortometraggio firmato da Yorgos Lanthimos, vede la sua vita cambiare radicalmente. Un incontro apparentemente banale in metropolitana segnerà per sempre la sua esistenza, portandolo a confrontarsi con una realtà in cui la sua identità verrà radicalmente messa in discussione.

Contenuti
Nimic: sinossi e analisiNimic: la recensione

Nimic: sinossi e analisi

Nimic: il sottile confine tra identità e percezione

Nimic si apre con uno schermo nero e un’apparente calma iniziale che viene bruscamente interrotta da un’incisiva musica drammatica, dinamica costante nel corso della pellicola, che introduce il primo fotogramma: un primo piano del protagonista.

Si percepisce immediatamente qualcosa nell’espressione del volto di questo personaggio. Un senso di infelicità e insoddisfazione. Lanthimos, con pochissime inquadrature che ci mostrano il risveglio del protagonista e di sua moglie, riesce a delineare istantaneamente una serie di elementi fondamentali nella vita del personaggio: un rapporto freddo con la moglie, una quotidianità di cui è saturo ma a cui ormai è rassegnato.

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In questo giorno probabilmente uguale a tutti gli altri, lo vediamo depresso e annoiato tornare in metropolitana dopo le prove con l’orchestra per cui suona il violoncello. Ma è proprio in questo momento che qualcosa di apparentemente innocuo stravolgerà la sua vita.

Il protagonista si rivolge a una ragazza seduta di fronte a lui, sul vagone della metropolitana, chiedendo “Excuse me, do you have the time?”. La ragazza per un po’ rimane in silenzio, dopo di che sorride, lo guarda e ripete “Excuse me, do you have the time?”.

Nimic: il sottile confine tra identità e percezione

Il corto, che fino a questo momento ha espresso il suo lato drammatico, comincia a tingersi di note inquietanti. Uscito dalla metropolitana, il protagonista si accorge che la ragazza lo sta seguendo. Arriva sulla soglia di casa, cercando frettolosamente le chiavi, entra e chiude la porta alle sue spalle. Con un montaggio molto scattante, vediamo la ragazza tirare fuori le stesse chiavi e, subito dopo, entrare nell’abitazione.

Da qui ha inizio la scena più contorta del film. Il protagonista e la misteriosa ragazza si trovano entrambi di fronte alla moglie e ai figli di lui. I due dicono le stesse cose, nello stesso momento, cercando conferme del proprio ruolo familiare da parte dei loro interlocutori. La ragazza ripete tutto quello che dice il protagonista, nel tentativo di convincere la moglie e i figli che sia lei il vero padre.

È qui che emerge il paradosso del film: nessuno dei componenti della famiglia sembra rendersi conto di quale sia la verità e di chi sia effettivamente il vero padre tra i due. Nessuno di loro sembra essere in grado di distinguere la realtà dalla finzione, dal momento che quest’ultima si dichiara come autentica. Incapaci di comprendere che l’umano è fatto della sua soggettività intrinseca, questi personaggi sembrano affidarsi unicamente a un empirismo di azioni abitudinarie, come viene mostrato nel piccolo “test” dell’abbraccio in camera da letto.

Nimic: il sottile confine tra identità e percezione

Nella parte finale del corto, vediamo la ragazza appropriarsi sempre più del ruolo del protagonista all’interno della sua vita e del suo nucleo familiare. In una delle scene più significative, prende parte allo spettacolo dell’orchestra, suonando il violoncello (al posto del protagonista). Nessuno, né i musicisti, né il direttore d’orchestra, né tantomeno la madre con i figli tra il pubblico, sembrano notare la palese differenza nella performance mediocre della ragazza. Questa cecità collettiva ci fa capire come, il semplice esistere della ragazza in quel ruolo, sia abbastanza per essere effettivamente riconosciuta all’interno di esso.

Come viene accennato nelle ultime battute del film, il processo introspettivo che racconta Lanthimos si realizza in una circolarità infinita destinata a non concludersi mai.

Nimic: la recensione

Lanthimos esprime tutta la sua poetica in questo enigmatico corto in cui regia e fotografia giocano un ruolo cruciale, fondendosi con un’atmosfera surreale e straniante. Il film comunica tantissimo attraverso le espressioni facciali degli attori. Le inquadrature strette sui volti e i frequenti primi piani aiutano a trasmettere le sensazioni dei personaggi, anche nei momenti (la maggior parte), in cui non proferiscono parola. Sicuramente fondamentali nella riuscita di questo effetto, sono state le performance dei tre attori principali: Matt Dillon che interpreta il padre, Susan Elle che interpreta la madre, Daphné Patakia che interpreta la ragazza.

Nimic

La musica, in questo corto, diventa un vero e proprio personaggio. Forse l’unico personaggio diverso dagli altri, capace di rendersi conto della differenza tra l’individualità del protagonista e quella della ragazza (vedi la palese differenza nella competenza musicale tra i due). Buona parte del minutaggio è intervallata da pezzi del brano drammatico che sentiamo dall’inizio del film e che scopriamo ben presto essere il brano dello spettacolo su cui si esercitava il protagonista. L’intero corto gioca su un uso strategico del suono e del silenzio che accentua ulteriormente questo pervasivo senso di inquietudine.

Nimic indaga il tema dell’identità e di come questa sia in grado di definirsi solamente nella relazione con l’altro e attraverso l’esistenza stessa dell’altro. Parla del concetto dell’esistere e di essere tutto e niente allo stesso modo e allo stesso tempo.

La verità è che questi personaggi sono estranei alle loro stesse esistenze. Sono soggetti passivi senza la possibilità di “incontrarsi” mai veramente. Emblematico il botta e risposta, nella scena centrale, tra il padre e i figli: “Bambini dite alla mamma chi è il vostro vero padre!”, “E noi come facciamo a saperlo?”. È in questa risposta che si racchiude tutto il senso di Nimic. Una realtà dove l’identità è sovrapponibile e l’esistenza diventa sola esperienza intersoggettiva.

Nimic

Lanthimos con una rappresentazione filmica magistrale mostra quanto è poco concreta la nostra individualità se non ha modo di prendere forma attraverso l’incontro con l’altro e con la sua soggettività. Possiamo esistere solo nella possibilità di relazionarci con le altre individualità e, nel momento in cui ciò viene a mancare, non esistiamo più.

Anno: 2019

Durata: 12 minuti

Genere: Cortometraggio, Drammatico, Fantastico

Regia: Yorgos Lanthimos

Sceneggiatura: Efthimis Filippou, Yorgos Lanthimos, Davis Kolbusz

Attori: Matt Dillon, Susan Elle, Daphné Patakia

Nimic
9
Regia 9.5 | 10
Recitazione 8.5 | 10
Sonoro 9 | 10
Good Stuff profondità tematica
Bad Stuff complessità narrativa
Summary
Un corto enigmatico che racconta temi complessi ma con una regia capace di farti immergere in un'allucinazione narrativa eseguita magistralmente.
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