Miami, 4 luglio 1978. David Freeman è un dodicenne che vive felicemente con i suoi genitori ed il fratellino più piccolo. Una sera come tante, proprio mentre lo insegue nel bosco di fianco a casa sua, inciampa e cade in una scarpata. Risvegliatosi dopo qualche ora, torna a casa ma scopre che questa è abitata da persone sconosciute le quali, vedendo il ragazzino disperato, chiamano la polizia. David scopre così che i suoi genitori hanno denunciato la sua scomparsa… ben 8 anni prima. Non si trova nel 1978, ma nel 1986. Il mistero si infittisce quando quasi contemporaneamente viene ritrovata una navicella aliena che sembra legata a lui e durante una seduta alla macchina della verità, inspiegabilmente proietta sul computer dei misteriosi dati in una lingua incomprensibile. La NASA lo viene a sapere e cerca di mettersi in contatto con lui mentre una voce inizia a parlargli nella testa.
La trama del film Navigator (Flight of the Navigator) è di quelle che rapiscono l’attenzione dei bambini in sala (ero uno di quelli!) e non solo, ricordo parecchi adulti che apprezzarono la proiezione. Prodotto dalla Disney, il film diverte, nonostante viaggi su binari abbastanza prevedibili. Ma non siamo qua a scrivere una mera recensione, bensì ad analizzare l’aspetto emotivo. Le emozioni che una pellicola riesce a suscitare, indipendentemente dalla qualità del prodotto, sono l’indice vero di gradimento. I film di cui si parla in questa rubrica vintage, fanno riaffiorare ricordi, immagini e sensazioni.
Il regista Randal Kleiser, conosciuto al pubblico per aver diretto film celebri come l’immortale Grease e Laguna Blu, dirige questa pellicola fantascientifica che vira sulla storia farcita da buoni sentimenti e che punta al pubblico formato da famiglia con bambini. La storia prende e commuove inevitabilmente e le sequenze in cui David vola velocissimo sulla navicella fanno gasare i bambini all’inverosimile, complici gli effetti speciali che, per quei tempi, erano spettacolari
I protagonisti
David,il ragazzino che viaggia nel tempo e nello spazio, è interpretato da Joey Cramer. L’attore canadese salito alla ribalta grazie al film Runaway con Tom Selleck (altra chicca da recuperare!) ha partecipato a poche altre produzioni, sicuramente non da ricordare come Cro Magnon: odissea nella preistoria e I-Man della Disney. Ha avuto l’onore, però, di partecipare ad alcuni episodi della celebre serie tv La Signora in giallo. I genitori di David sono Veronica Cartwright, attrice che ha recitato in capolavori come Quelle due con Audrey Hepburn, Gli uccelli di Alfred Hitchcock del 1963, Terrore dallo spazio profondo del 1978 e Alien del 1979, e Cliff De Young visto in svariate pellicole come F/X – Effetto mortale del 1986 e Glory – Uomini di gloria del 1989. Il fratellino Jeff è l’attore Matt Adler, visto nel catastrofico The Day After tomorrow del 2004 ma soprattutto in uno dei film simbolo dei teenagers degli eighties: Voglia di vincere, con un Michael J. Fox che si trasforma in licantropo. Poi abbiamo la ragazza che nel film aiuta David a scappare che negli anni, grazie alla serie tv Sex and the City, diverrà famosissima: Sarah Jessica Parker.
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Non dimentichiamo un tassello fondamentale del film, ovvero Max; la voce che chiama David, nonchè l’occhio alieno nella navicella spaziale. Nella versione originale, il robot è doppiato da Paul Reubens, nome che ai più dirà poco. Se ti dicessi… Blow? Esatto, è l’eccentrico parrucchiere Derek Foreal del meraviglioso film con Johnny Depp.
Tu sei il navigator!
Se riesci a procurarti codesta pellicola, vedrai che gli anni 80 domineranno. Se dimentichi il progresso nelle animazioni digitali di oggi e ti immedesimi in un bimbetto al cinema nell’86, stai sicuro che l’effetto nostalgia è assicurato. Nonostante gli inevitabili limiti posti dalla Disney (è pur sempre un film per famiglie), la visione garantisce un’ora e mezza di scanzonato divertimento; specialmente nell’ultima mezz’ora si concentrano i migliori dialoghi tra David e Max che regalano più di una risata. La storia fa della leggerezza e della spensieratezza i suoi punti di forza e si capisce che alcuni sviluppi siano quasi obbligatori: un dodicenne che scappa dalla NASA e riesce ad eludere la sorveglianza è uno di quei misteri considerati una “licenza” della sceneggiatura. D’altronde siamo nel 1986, al cinema si andava soprattutto per sognare e divertirsi; l’aspetto ludico superava le pretese di realismo. Questa era la magia del cinema vista attraverso gli occhi di un giovanissimo spettatore: un’avventura, una navicella spaziale, un ragazzino alla ricerca della sua famiglia nel tempo giusto. Un po’ di popcorn, la mamma che ti sgrida per le briciole per terra… tutto il resto è superfluo.