In un remoto angolo della periferia parigina 15 studenti, selezionati fra 1500 ispiranti, seguiranno la scuola del regista francese, originario del Mali, Ladj Ly, selezionato dalla Francia per l’Oscar al miglior film straniero. Il suo Les Misérables, ambientato nella banlieue moderna, è una cronaca della tensione che si respira nelle periferie della capitale francese.
“Ero stanco che fossero gli altri a raccontare le nostre storie. Si tratta di dare un’opportunità a chi non ne ha mai avute” dice il regista “Nella banlieue le scuole sono cantieri di mano d’opera e l’accesso alla cultura è inesistente. Abbiamo creato la scuola per cambiare tutto questo. Se io sono riuscito a emergere è stato grazie alla cultura”.
Les Misérables racconta quello che potrebbe succedere se i poteri politici ed economici continueranno a non fare nulla, ignorando il problema. “Quando uno è vittima dell’ingiustizia è sempre tentato dalla violenza. Io non ho mai tirato pietre, né ho bruciato auto, ma ho filmato tutto; è questa la mia arma”. Il titolo del film è una chiara allusione al romanzo di Victor Hugo, perché: “Io parlo della Francia come ne parlava lui”, dice ancora Ly. Anche se Gavroche nel film si chiama Issa e il perfido ispettore Javert è un poliziotto razzista. È anche per evitare la totale barbarie che Ly ha fondato la sua scuola dove, alla fine del corso, ogni alunno deve scrivere un progetto di copione. I tre migliori diventeranno cortometraggi finanziati dalla scuola. “Kourtrajmé”, in verlan, l’argot parlato nella banlieue, che usa invertire le sillabe delle parole, significa proprio “cortometraggio”. Gli studenti sono più che motivati e le loro dichiarazioni lo dimostrano. Alexia ha visto Les misérables a Cannes e “È stato come uno schiaffo. Da allora mi sono impuntata di fare film come quello”. Laudani, incaricata di marketing in una multinazionale, si è licenziata e ha cominciato a lavorare a un copione che parla di una giovane musulmana che cacciano di casa per via dei suoi orientamenti sessuali: “Non si parla mai di omosessualità nella nostra religione e ormai sarebbe ora che si facesse”. Yacim sta scrivendo un copione su un cammello dalla voce di baritono messo sotto contratto da un produttore che bazzica la banlieue in cerca di droga. “Dobbiamo appropriarci delle nostre storie, di quello che succede nel nostro territorio. Quando lo fanno gli altri tutto suona falso”. Moussa, che vive a 100 metri dalla scuola: “Tutti i giorni, quando arrivo, devo darmi dei pizzicotti: c’è una scuola di cinema dove prima non c’era nulla”. Hayar, dopo un tentativo alla Fémis, la prestigiosa scuola cinematografica di Parigi: “Non era roba per me. È un posto troppo elitario, che difende una vecchia idea del cinema francese. Lo rispetto, ma ci sono altre storie da raccontare e siamo qui per questo”. Thomas Garyard, il responsabile pedagogico del centro, dice dei ragazzi: “Molti di loro hanno ricordi traumatici della scuola. Qui devono aprirsi e affrontare paure molto intime, per le quali la dimensione umana è importante”. La scuola riceve sovvenzioni da enti pubblici, come il Ministero della Cultura, il Centro Nazionale Cinematografico o la televisione francese e ci lavorano, otre a Ly, registi come Michel Hazanavicius o Olivier Nakache, e anche attori come Vincent Cassel.
Kourtrajmé ha intenzione di incrementare le proprie attività: il fotografo JR, che già collabora Ly, inizierà un corso di fotografia per 12 studenti a partire dal prossimo gennaio, è stata annunciata la visita di Naomi Campbell e si sta pensando a una scuola di giornalismo nella banlieue per far sparire il sensazionalismo mediatico. Ma il progetto più ambizioso è quello di aprire succursali in Africa a partire dal prossimo anno. “La Francia ha fatto tanti danni nelle sue colonie che ora non vuole più parlare di quel passato. Quando fai del male a qualcuno hai il dovere di chiedere scusa e pagare un prezzo. La Francia non solo non ha pagato, ma continua a maltrattarci. Siccome il potere non fa nulla per rimediare, lo faremo da soli”, dice Ly e conclude: “Nella banlieue c’è una grande speranza di futuro. Bisogna solo aiutarla a fiorire”.