Most beautiful Island: la multirecensione di iCrewPlay

L’isola più bella, quella che promette una nuova vita a chi cerca la rinascita. Ma che non lesina in ostacoli

Esce nelle sale domani, 16 agosto, Most Beautiful Island, esordio alla regia della giovane e talentuosa attrice spagnola Ana Asensio, che vi recita anche da protagonista. Il film è girato in 16mm, ed è stato recentemente presentato con grande successo al Festival del Cinema Spagnolo di Roma.

Ana asenzio
Ana asenzio, regista ed interprete del film

Non è la prima esperienza di Ana, già protagonista di numerosi film e serie televisive, ma in questa storia ci mette tutto il suo personale vissuto da immigrata, donando alla pellicola un tocco di realismo molto curato.

Most Beautiful Island, oltre ad essere uno dei film più significativi del circuito indipendente internazionale, è un’incisiva parabola sullo sfruttamento dei più deboli. La storia ruota intorno a Luciana, una giovane spagnola da poco arrivata a New York e in fuga dal proprio passato. Sola e senza documenti, il suo unico scopo è trovare un modo per guadagnare quel tanto che le permetta di sopravvivere nella Grande Mela. Un giorno riceve una proposta economicamente irrifiutabile: le vengono offerti duemila dollari per andare ad una festa “esclusiva” vestita elegante, in cui non è richiesto nessun contatto fisico, dovrà solo “reggere il gioco” degli ospiti. Luciana accetta ma la festa conduce ad una stanza misteriosa: la suspense va oltre ogni immaginazione.

Le opinioni dei redattori

Una cosa è sicura: questo film o lo si ama o lo si odia, e questo è emerso chiaramente dalle diverse opinioni che ognuno dei redattori di iCrewPlay ha voluto esprimere a proposito del film. Vediamole insieme.

Irene

Most beautiful island: la multirecensione di icrewplay

In letteratura ci sono due forme di narrativa principali, il romanzo e il racconto. Nel romanzo si hanno molte pagine a disposizione per definire la psicologia del personaggio, per le anticipazioni, i flashback e via dicendo. Nel racconto, invece, tutto deve essere detto in modo esauriente, in una ventina di pagine. Perciò, scrivere un bel racconto è più difficile che scrivere un bel romanzo. Se Most Beautiful Island fosse un’opera letteraria sarebbe uno stupendo racconto. In appena 80 minuti, con un numero limitatissimo di scene, riesce a lanciare un messaggio chiaro per il quale rimandiamo alle parole della regista, che si possono riassumere in “chi ha tanti soldi è convinto di poter comprare tutto“. Non riusciranno a comprare Luciana, la coraggiosa immigrata spagnola a New York, un personaggio bellissimo, da amare incondizionatamente.
Ana asensio, nella sua opera prima, oltre a essere la protagonista, fa da regista e da sceneggiatrice. E, in tutti e tre i ruoli, si mostra più che all’altezza.
Most beautiful island è un film essenziale, crudo. Non vi è una sola scena fuori posto e tutto è perfettamente bilanciato. È un film duro nella sua semplicità.
La fotografia e le inquadrature sono degne di nota. L’immagine che apre il film, gambe che si muovono frenetiche, riflesse in una pozza d’acqua, evoca la velocità nervosa di una grande città. Le figure sono distorte e sfocate, come in un quadro di Ensor.
La fotografia insiste spesso sui primi piani di volti di donna, molto intensi e che alimentano la drammaticità di scene significative.
È un film con un grado di tensione altissimo, che mette i brividi. Anche se la cosa che fa rabbrividire di più è che una storia del genere, anche se non fosse vera, è però molto verosimile.

Lara

Most beautiful island: la multirecensione di icrewplay

Sicuramente non un film che piacerà a tutti. Io l’ho trovato veramente interessante. Non scenderò nel dettaglio della trama, quella dovete scoprirla da soli guardando il film che vi consiglio caldamente, soprattutto alle donne. Ve lo dico perchè fin dai primi momenti del film si sente la mano femminile della regista Ana Asensio, anche sceneggiatrice e protagonista, ponendo tutta l’attenzione sulle varie figure femminili, relegando i pochi uomini in ruoli gretti e negativi. In scene realistiche e vibranti, potrei solo definirle così reali da sembrare quasi un documentario, seguiamo Luciana per le strade di New York e l’ unica colonna sonora che l’accompagna sono i rumori della città. Lei è una bellissima giovane donna spagnola, emigrata illegalmente negli Stati Uniti forse per fuggire da una dolorosa tragedia di cui si sente colpevole, rivivendo il dolore con piccoli gesti di cui non può fare a meno. A mio modesto parere, Ana Asensio ha usato la telecamera volteggiando attorno a Luciana come a volercela mostrare dalla prospettiva di un ipotetico angelo custode, seguendola nel corso della sua lunga giornata, mentre cerca di sopravvivere tra problemi finanziari e piccoli umilianti lavori poco retribuiti. A tutto questo si aggiungono le difficoltà dovute al fatto che non ha documenti e quindi nemmeno è in grado di potersi curare. Devo dire di essermi immediatamente affezionata a Luciana sentendo dentro di me un forte desiderio di poter aiutare quella giovane donna, con il volto e gli occhi alle volte quasi paralizzati dal dolore e dalla tristezza che prova dentro di sè, così sola in una città spietata come New York. L’unica nota dolente, ma solo perché forse non farà piacere il film a qualche spettatore, è che la trama si sviluppa lentamente seguendo quasi temporalmente la giornata di Luciana, dal primo mattino alla notte. Personalmente ho apprezzato la scelta della regista di montare il film così, dandomi il modo di conoscere meglio Luciana, conducendomi dentro la sua vita e le sue mille difficoltà, ma non solo. Ad un certo punto la trama prende una piega inaspettata e Luciana, insieme alla sua unica amica/ collega Olga e altre giovani e belle donne, si ritrova in una situazione che la regista ci svela piano piano, facendoci condividere l’angoscia e il dubbio delle ragazze che, anche se alcune sono habitué, non riescono a celare impercettibili e involontari movimenti del corpo che rivelano una tensione e un timore quasi palpabili. Condividiamo con loro il tempo della lunga attesa in una stanza spoglia e, nè a noi nè a Luciana, viene rivelato alcun indizio su quello che viene definito un “gioco” dall’affascinante “padrona di casa” Vanessa/ Caprice Benetti.

Una suspence che sale piano piano, inesorabile.

Poste all’interno di cerchi numerati, le ragazze vengono osservate, soppesate quasi come animali ad un’asta da un gruppo eterogeneo di persone palesemente ricche. Alla fine, finalmente scopriamo cosa avviene dietro quella porta dove avviene il “gioco”, un particolare mercimonio del corpo nudo della donna, dove Luciana rischierà la vita ma scoprirà una forza e un coraggio dentro di se che mai avrebbe creduto di avere, salvando se stessa e Olga. Se devo trovare una nota negativa, forse il cadere nel classico cliché del ricco che può permettersi tutto, anche comprare le persone, mentre il povero è costretto a grossi sacrifici anche solo per poter sopravvivere rischiando molte volte anche la vita, ma ho perdonato questa scelta dato che, alla fine, mi sono goduta un film assolutamente da vedere.

Giorgio

Most beautiful island: la multirecensione di icrewplay

Partiamo subito con il dire che questo film non è un film per tutti. Il mondo del cinema è vastissimo e ogni regista ha un obiettivo diverso, così come gli spettatori.
Questo film ha l’intento di raccontare in maniera oggettiva la realtà che caratterizza la vita dei più poveri a New York (e non solo), disposti a tutto pur di guadagnarsi da vivere. Dal punto di vista descrittivo è ottimo, ci sembra di essere catapultati nella vita della protagonista fino al dettaglio più insignificante ma che è capace di immergere lo spettatore in maniera sublime.
Purtroppo però a mio avviso il film pecca dal punto di vista narrativo, la trama è molto povera e il film risulta molto lento a causa di tutta questa attenzione ai particolari. Sicuramente molti dei lettori troveranno noiosissimo questo film, poichè abituati a svagarsi con pellicole di tutta’altro ritmo.
Il finale è inconcludente allo stesso modo: durante i primi 55 minuti viene accumulata grande tensione, per poi venire scaricata nei successivi 10 minuti con qualcosa che non soddisfa a pieno le aspettative. La protagonista, una volta uscita dallo scantinato, prende al volo un gelato prima che i titoli di coda facciano capolino sullo schermo.
Forse sono io che non sono abituato a film di questo tipo, ma facendo un piccolo sforzo, avrei gestito i tempi in maniera differente per dare un tocco forse più profondo alla vicenda.

Valentina

Most beautiful island: la multirecensione di icrewplay

Il film è particolare, non c’è alcun dubbio. Inizia in un modo, ti fa presagire cosa potrebbe accadere, ma ti spiazza completamente, poiché ciò che accade non te lo aspetteresti mai. L’inizio della storia è quasi un documentario, sono spezzoni di vita reale nella Grande Mela, vicende quotidiane di persone incrociate a caso sulla strada ma girate in modo da renderne lo spettatore totalmente partecipe. Realismo totale, dall’abitazione di fortuna della protagonista, che farà sentire a casa chiunque abbia condiviso l’appartamento con un coinquilino, alla sensazione di dover sopravvivere con i pochi soldi e con tutti i mezzi di cui si dispone. Lavori a volte poco piacevoli, ma necessari. Tutta questa “vita vera“, che viene rappresentata per oltre metà film, l’ho trovata più interessante e coinvolgente della seconda parte. Si percepisce che la regista l’ha vissuta realmente, ed è per questo che riesce a trasmetterla a chi guarda.

Sarebbe stato un capolavoro se questa “trasmissione” fosse perdurata anche nella seconda parte del film, iniziata con una fantastica tensione in grado di tenere incollati tutti allo schermo, ma sfociata poi nel nulla. Un vero peccato poiché l’idea è originale, l’interpretazione eccelsa, la paura e la tensione trasmesse attraverso i gesti più che le parole, cosa che la rendevano reale. Quando il film è terminato mi sono sentita frustrata, con la sensazione di una storia tagliata a metà, di scene mancanti. Mi sono fermata a seguire i titoli di coda quasi aspettando una seconda parte, un continuo. Che non c’era.

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