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Tom Cruise è perennemente in ritardo, è noto, sempre a correre a perdifiato per le vie della City, sia mai che la cosiddetta Terza Guerra scoppi da un momento all’altro, con gli accessi del Mare di Bering ermetici nel congegno, da superare grazie al training veterano ormai trentennale.

Di trama dico poco altro, davvero, tanto colui che vuol fare a fettine l’umanità è il medesimo dello scorso film, tale Entità, IA autocosciente che, per la serie la guerra è cambiata, è pronta a lanciare missili nucleari in giro per il mondo, con la conseguente estinzione del genere bipede.
Viviamo e moriamo nell’ombra, per coloro che amiamo e per coloro che non incontreremo mai, il mantra delle 2 ore e 49 minuti firmate Christopher McQuarrie, probabile calco di altre opere del franchise, che io ovviamente non ho visto, perché troppo impegnato a godermi la musichetta ta, ta, ta ra ta, ta, ta ra ta, ta, ta ra ta, tarattata […pausa scenica…] tarattata, di chiusura anche in questo capitolo.

Scene d’azione sopra le righe, ottime per gli appassionati dei ninja, regia frenetica e piena di adrenalina, almeno quando rammenta di non fare spiegoni, gag qua e là che strappano risate in sala, senza, a dire il vero, un reale motivo, ma in ogni caso nulla che passerà agli annali della settima arte.
Una retorica insopportabile del niente è già scritto, siamo padroni del nostro destino, capitani della nostra anima, moniti già sentiti 800mila volte, e magari resi su schermo con maggiore efficacia emancipatoria, con una propaganda del bisogna essere buoni, caxxo, lo dico, francamente improbabile.

Poi, per carità, sarà il solito successo al botteghino, e avrà un’incetta di consensi per gli effetti sonori e speciali, e le sequenze girate personalmente dallo zio Tom, che il mezzo del cammin di nostra vita l’ha superato da un pezzo, sono garanzia di Naspi per gli stuntman, oltre che brandizzazione di successo, e le poltrone del cinema erano comode, sul serio, con le maschere che ti fissavano tutto il tempo, e i piani di esistenza parevano confondersi, con la realtà dell’Entità a minacciare tutto il resto, e Hunt sfrecciava senza paura sotto la pioggia, nel mare in tempesta annaspava gelato.
Tuttavia mi sarei risparmiato volentieri l’ora di ultraleggero, andata e ritorno, con tanto di manovre al limite e pugni vibrati in alta quota, tra grida al pilota e un esito scontato, perché d’accordo che è un mestiere pericoloso, ma non sono disposto a rischiare più del necessario, e lì, con il paracadute che non sai se funziona o meno, fidati, son contento di aver portato a casa la pelle.