A una settimana dall’epilogo del Festival di Cannes lo scandalo suscitato dal film di Abdellatif Kechiche tiene ancora banco
Il regista di Mektoub My Love – Intermezzo, sin dal suo brillante esordio con Tutta colpa di Voltaire, premiato a Venezia come miglior opera prima nel 2000, desta l’interesse di pubblico e critica. I suoi film successivi raccolgono consensi unanimi, a partire da La schivata del 2003: 4 premi Cesàr come miglior film, regia, sceneggiatura e soprattutto il riconoscimento alla giovanissima protagonista del film, Sara Forestier, come miglior promessa femminile dell’anno. Dopo successi come Cous Cous del 2007, nel 2013 arriva la Palma d’Oro col vitalistico e controverso La Vita di Adele, una struggente storia di amore saffico tra la liceale Adele e la pittrice Emma, dall’inusuale durata di 3 ore. Il film è criticato per la presenza di lunghe scene di sesso ritenute da alcuni esplicite e gratuite, quasi al limite della pornografia. La stessa autrice del fumetto cui la pellicola si ispira, Julie Maroh, le avrebbe trovate lontane dallo spirito della propria opera, bollandole come “frutto di un’interpretazione di voyeurismo maschile“,criticando anche la scelta delle attrici, l’esordiente Adele Exarcopoulos e Lea Seydoux.
Nel 2017 il cineasta tunisino gira il primo capitolo di una trilogia sul destino (il significato di Mektoub in arabo): Mektoub My Love – Canto Uno, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia: il giovane Amin (Shaïn Boumedine) decide di abbandonare gli studi universitari a Parigi per tornare nel suo piccolo paese natale sulla costa meridionale della Francia. Lì trascorre l’estate, osservando con distacco l’atmosfera rilassata delle vacanze,movimentate dall’arrivo di due giovani turiste, Charlotte e Cèline. Amori, liti e flirt sembrano scivolargli addosso ma, incoraggiato dall’attraente Ophelìe e dalla madre, Amìn ritrova la passione per la fotografia che l’aveva spinto a trasferirsi a Parigi. Sulla spiaggia, al tramonto, Amìn si scopre anche interessato a Charlotte.
Il secondo capitolo, Mektoub My Love – Intermezzo, in concorso a Cannes quest’anno, riprende da dove il primo film si era interrotto, con Amìn che fotografa il bellissimo corpo di Charlotte. Girato quasi totalmente all’interno di una discoteca, grazie all’uso interminabili piani sequenza lo spettatore (almeno quello più paziente, il montaggio presentato dura 3 ore e mezzo) viene ipnotizzato dall’incessante movimento dei corpi, soprattutto femminili, sui cui il regista si sofferma. Amìn ancora una volta vive l’esperienza con una sensazione di straniamento, seguito da una cinepresa mobile. Sotto la superficie si coglie la nostalgia per l’estate che sta per finire. L’indignazione degli spettatori, che abbandonano la sala, monta a causa di una scena di cunnilingus, della durata di quasi 15 minuti, consumata in uno dei bagni della discoteca. Alla fine della proiezione piovono i fischi dalla platea.
La giovane attrice Ophelìe Bau si allontana in tutta fretta e la sua successiva assenza alla conferenza stampa, maldestramente coperta dalla produzione adducendo imprecisati impegni lavorativi per giustificarla, non ha fatto che alimentare lo sdegno dei presenti. Soprattutto quando il regista ha ammesso di aver terminato il montaggio in fretta, senza avvertire l’attrice di ciò che si sarebbe visto sullo schermo. Kechiche si scusa, ma difende il proprio film:“La cosa più importante per me, e voglio sottolinearlo subito, è che il mio obiettivo era celebrare la vita, l’amore, il desiderio, il respiro, la musica e il corpo. Volevo sperimentare un’esperienza cinematografica il più libera possibile”.
Secondo Le Figaro, però il regista ha insistito a tutti i costi per avere una scena di sesso non simulato, nonostante gli attori fossero contrari. Il quotidiano francese sostiene che essi si siano lasciati convincere a causa delle forti pressioni subite e dell’uso abbondante di alcool sul set. Se la notizia fosse confermata sarebbe gravissima, alla luce di Un Festival cinematografico che, solo un anno fa, si è schierato apertamente a favore del movimento #Metoo per la parità di genere e che, in ossequio a questa politica, ha aperto le porte del concorso a molti titoli di autrici e registe. La sensazione è che l’autore tunisino, nella sua ossessiva ricerca di riconoscimenti, abbia sottovalutato l’impatto sfavorevole di Mektoub My Love-Intermezzo: l’esposizione disinvolta di nudità femminili stavolta gli ha guadagnato l’ostilità di pubblico e stampa, escluso dai premi. Siamo sicuri che tutto queto clamore si riveli nocivo? Mai come ora l’adagio in voga nella pubblicità “Non importa se male o bene, purchè se ne parli“, mi sembra appropriato.