Dopo “No Direction Home” Martin Scorsese firma con Netflix per dirigere un secondo documentario sul cantante premio Nobel
Si rincorrevano da tempo voci che volevano Scorsese al lavoro per girare un nuovo film su Bob Dylan. “No Direction Home” del 2005 ha avuto un grande successo, introducendoci alla vita e alla carriera di questo immenso artista dagli inizi nel 1961 fino al terribile incidente motociclistico che lo coinvolse nel 1966.
Il grande regista (basti ricordare Toro Scatenato, Quei bravi Ragazzi, The Wolf of Wall Street) descrisse l’impatto avuto da Dylan su una generazione confusa, ancora ignara del ’68 che doveva travolgerla di lì a pochi anni. Insieme con Joan Baez, Dylan rappresentò la voce delle protesta giovanile, cantando anche durante la celebre Marcia su Washington, nella quale un ispirato Martin Luther King pronunciò il celebre discorso I have a dream. Egli assunse un rilievo tale all’interno del movimento per i diritti civili, da sentirsi quasi prigioniero dello stereotipo del folk-singer di protesta. Tutta questa pressione fu alla base anche di un deciso cambio di stile, che lo spinse a tornare alla chitarra elettrica e alle sonorità che aveva abbandonato appena diciassettenne. Nel 1965 un Dylan rinnovato nel look si presentò al Newport Folk Festival, cantando per la prima volta dal vivo, accompagnato da strumenti elettrici. Subissato di fischi, scese dal palco dopo tre canzoni, salvo risalirvi pochi minuti dopo per cantare It’s All Over Now Baby Blue e Mr. Tambourine Man, con chitarra acustica. La frattura con il mondo folk divenne insanabile con l’uscita del singolo Like a Rolling Stone: la trasformazione in rockstar giungeva al suo compimento. Dylan intraprese un lungo tour mondiale che toccò l’Europa e l’Australia, strutturando i propri concerti in due parti: nella prima usava solo strumenti acustici e la sua fidata armonica, mentre nella seconda si scatenava nei suoi successi più recenti, al suono di chitarra elettrica, basso e batteria, senza rinunziare per questo all’ armonica a bocca, provocando entusiasmo tra i suoi nuovi ammiratori e sconcerto tra i fan della prima ora. In un filmato del 17 maggio 1966 alla Manchester Lesser Free trade Hall, un John Cordewell visibilmente alterato chiamò “Giuda” Dylan, appena prima che questi iniziasse Like a Rolling Stone.
https://youtu.be/OLzaFHOQEiA
Rolling Thunder Revue: A Bob Dylan Story – questo dovrebbe essere il titolo scelto per il secondo film – racconterà una fase successiva della carriera del poeta di Duluth, abbracciando le vicende comprese tra il 1975 e il 1976, periodo in cui fu a capo di un collettivo che annoverava artisti come Joan Baez, Mick Ronson, Roger McGuinn, Emmylou Harris, Allen Ginsberg e tanti altri. La pellicola sarà solo in parte un documentario e conterrà molte interviste rilasciate da Dylan in quel periodo. Netflix ancora mantiene il massimo riserbo sulla data di uscita, comunque prevista entro la fine del 2019.