Il Festival di Cannes nel corso degli anni ha sempre portato con se sempre grandi film e pellicole, il più delle volte lungometraggi, che tra ovazioni o fischi assordanti ottengono sempre un risultato del pubblico, trionfo o fiasco che sia, l’indifferenza non è contemplata.
Man of the Hour, certamente non corrisponde a nessuna di queste categorie: è un cortometraggio di 18 minuti e sicuramente non è un film da botteghino o per tutti, anche perché nella sua breve durata c’è una sottotrama non facile da comprendere per chi non è abituato a masticare abitualmente cinema.
E’ del 2018, e pur essendo stato premiato al Festival di Cannes nel 2018 Best Short Film, non ha ottenuto un clamoroso successo e grande visibilità al di fuori di esso, sebbene la critica che lo abbia visto ed analizzato lo abbia decisamente apprezzato.
Man of the Hour, Una Gemma in un mondo artificiale
Il cortometraggio si rivela straniante fin dall’inizio e continua su questo ritmo fino alla fine, avendo un’ambiguità di fondo: dove siamo precisamente?
Il dove non è tanto ascrivibile al luogo in cui ci troviamo, quello in apparenza sembra essere l’unica cosa certa del film, ma il quando rimane un mistero non facilmente risolvibile.
In apparenza tutto sembra abbastanza definito e assolutamente normale: ci troviamo in una magnifica e lussuosa residenza, in cui troviamo un ragazzo certamente affascinante e ben vestito, Jeremy (Ed White) che davanti ad uno specchio aspetta i suoi amici con i quali si appresta a festeggiare il suo compleanno, quindi nulla di particolarmente clamoroso ed oscuro troviamo nelle battute iniziali del film almeno all’apparenza.
Troviamo poi all’improvviso già tutti dentro, una sala gremita di ospiti eleganti e decisamente in ghingheri, in cui sembrano tutti essere completamente a loro agio. Come sempre avviene in questi film stranianti, ad un certo punto arriva l’elemento estraneo a quel gruppo che scombussola tutti gli equilibri: lei è Gemma (Charlotte Ritchie, divenuta celebre recentissimamente per essere stata la protagonista femminile dell’ultima stagione di You, nella parte della miliardaria ed ambigua Kate), un’ingenua e bella ragazza, che non sembra minimamente appartenere a quel mondo.
Lei è infatti da quel poco che ci viene descritto, è un’artista e un’attrice, che probabilmente al di fuori di quel mondo si sta costruendo una propria carriera, e che ci tiene decisamente a fare bene ciò per cui viene pagata, sebbene non sia certo un ruolo recitativo per cui doversi apparentemente darsi tanto da fare. In questo caso in cui dovrà interpretare una vecchia amica di Jeremy, ed infatti noi seguiamo lei che entra timida e un po’ goffamente in quella magione a bordo di una macchina di lusso con autista annesso.
All’esterno vediamo praticamente solo lei, il resto degli ospiti sono già tutti dentro. Una volta che arriva in punta di piedi c’è il buio ad accoglierla, ma dettaglio interessante della regia di James Curle, un fascio di luce proveniente da una qualche finestra la illumina da vicino, come se in quel buio e triste castello sia arrivato l’elemento luminoso che investirà quella festa, l’unico sprazzo di luce naturale in una sala gremita di gente che si confonde tra le pieghe dell’artificiosità della luce elettrica, e con la quale anonimamente quegli abbaglianti ospiti si confondono.
Di fatto come la luce della luna in una sala illuminata oltremodo, inizialmente sembra perdersi e confusa arranca e di fatto viene anche snobbata da alcuni amici di Jeremy che si accorgono immediatamente che non è un’habitué di quei luoghi sfarzosi e raffinati, ma la ragazza, una volta che incomincia a girare per i tavoli e a fare conoscenza con gli amici di Jeremy, dimostra con una naturale e sana incoscienza.
Una personalità fuori dal comune appare fin dalle prime battute, e tutti incominciano nel corso della festa a notarla e addirittura attira a se attenzioni di ogni tipo, comprese quelle dello stesso Jeremy che, compiaciuto per la sua scelta, osserva discretamente come quella particolare ragazza si rapporti con quel mondo artefatto e vuoto di sincerità.
Probabilmente la scelta stessa del nome della protagonista porta con se significati plurimi: Gemma infatti prende il nome dalla pietra preziosa lavorata nell’ambito della gioielleria e il cui valore, da grezzo che è in principio, viene determinato poi da qualità come la purezza, l’intensità del suo colore e dalla sua rarità,
Chi ha guardato questo cortometraggio e ripensa alle qualità intrinseche e superficiali di questo gioiello, non può non trovarci delle interessanti similitudini con la ragazza Gemma, che probabilmente in un insieme di gioielli fasulli, risplende proprio per le qualità estranee a quel mondo, e lo stesso Jeremy probabilmente avendo nel suo stesso nome una certa somiglianza con quello di Gemma, è il sapiente ed orgoglioso intagliatore che lo mostra alla compagnia di quei presunti amici.
Man of the Hour, Una ricerca di qualcosa di unico
Jeremy, è un ragazzo che in apparenza non sembra mancargli nulla, sia esteticamente, che in qualità finanziarie, essendo un filantropo e un mago dei numeri, ma anche in qualità umane visto che dove può aiuta il prossimo, è un uomo galante, ha tanti amici e appare molto amato, senza dimenticare che avendo anche la giovinezza dalla sua parte, non appare quindi dover cercare null’altro, all’apparenza sembra già possedere tutto quello che un essere umano farebbe già fatica ad ottenere in una vita intera.
Il problema però sembra essere più profondo: è un uomo triste, insoddisfatto e regala giusto qualche sorriso di circostanza, ma non riesce mai ad essere completamente se stesso, in effetti sembra costantemente sull’allerta, sembra mancargli il vero affetto, l’amore e l’amicizia vera e propria, in un mondo perfetto, forse è proprio l’imperfezione che questi sentimenti portano con se, a mancargli e a renderlo infelice in profondità.
Infatti le persone di cui si circonda sembrano più legate al suo status sociale altolocato, che ad una sincera amicizia, tanto che viene da pensare, ma sono davvero suoi amici o sono degli estranei anche loro pagati da Jeremy?
Di fatto l’unica che regala qualche emozione reale al freddo Jeremy sembra essere solo la nuova arrivata, Gemma, che dal mondo esterno, non contaminata da quel mondo fatto di false etichette, sembra veramente fin da subito l’unica a tenere a lui e a capire la sua solitudine, andando ben al di là del ruolo di vecchia amica/occasionale flirt di Jeremy che gli altri sembrano attribuirle, e per cui il giovane rampollo della finanza l’aveva assunta.
Risposte efficaci sembrano arrivarci spesso in maniera indiretta, non attraverso le parole, ma con il contatto visivo fatto di sguardi e di fermi immagine, anche perché l’unica passione vera che gli appartiene e che conosciamo di lui, ma che segretamente tiene nascosta agli altri e che nell’oscurità in un’ala del suo buio castello ci mostra, è non a caso l’arte della fotografia; infatti come se fosse un po’ fuori dal tempo, e un po’ vestisse le inquietanti parti di un indagatore delle relazioni umane,
Qui sviluppa, con strumenti da professionista ed in una camera oscura, questa sua segreta passione, e lì una volta che la festa si è conclusa, tirerà le fila della serata, notando quei dettagli particolari analizzabili soltanto in un secondo momento per cercarne le oscure verità che la realtà nasconde.
Tra richiami di lusso che vanno da Shining e all’Inception, il tempo effettivo sembra essere l’unica incognita vera e propria, ma che di fatto, in base alla prospettiva in cui il nostro protagonista si muove, sconvolgerebbe e non di poco tutta la nostra visione d’insieme: Siamo nel presente? Siamo nel passato? O siamo nell’immediato futuro? O siamo in un eterno loop temporale in cui tutto appare uguale e che meccanicamente costantemente si ripete? Questo è il fondamentale e affascinante nodo in cui il film, nell’oscurità o nella luce in cui si trova, si muove con il solo e continuo ticchettio di un orologio a pendolo ad accompagnare la solitudine del protagonista.
Man of the Hour: Le conclusioni
E’ un cortometraggio indubbiamente interessante e che ci fa interrogare, nei suoi 18 minuti di durata, su cosa sia veramente reale nella nostra vita e cosa invece non lo sia, soprattutto perché in un’epoca in cui le relazioni sociali sono un tema tutt’altro che scontato, questo piccolo film ci regala spunti interessanti e come ogni buon cortometraggio dovrebbe fare, ci interroga in primis a noi, sulle tematiche del film e in un cortometraggio come questo dove esistono poche certezze, le conclusioni a cui ognuno di noi può arrivare possono essere le più differenti ed inaspettate.
A livello registico molto interessante l’ambiguità che James Curle ci regala: tra rumori di sottofondo e fuori campo che accompagnano il protagonista, dall’uso sapiente della fotografia e all’alternanza tra luce/oscurità, oltre alle frenate, ma efficaci interpretazioni dei due giovani protagonisti, in cui il silenzio domina la scena, e che soltanto il chiacchiericcio frivolo degli ospiti della festa e il ticchettio dell’orologio rompono, lasciando a noi dietro le quinte sguardi enigmatici da dover interpretare.
Per chi fosse curioso di vederlo e rivederlo per comprendere da se il senso di questa breve pellicola, la può trovare sulla piattaforma streaming MyMoviesOne in lingua originale, ma con sottotitoli in italiano, dove tra l’altro per gli amanti del cinema e di cortometraggi di livello come questo, potrà trovare ulteriori contenuti simili e segrete perle come questa che l’infinito mondo del cinema ci regala nel suo sterminato firmamento.