Mario Martone ed il processo creativo
Al primo dei cinque incontri programmati alla Reggia di Caserta, nella splendida Cappella Palatina, ieri 16 ottobre, Piera Detassis ha intervistato Mario Martone. L’ingresso alle 18 nel pieno centro di Caserta crea questa contrapposizione straniante tra il traffico della città e la bellezza della Reggia, salendo le scale sembra che la cappella sia situata troppo in alto, invece non può che essere il luogo giusto se, al di là della porta, si apre la splendida cappella neoclassica nata dal genio di Vanvitelli. Quando Mario Martone comincia a parlare mi faccio pagina bianca, affascinata dal racconto: “in Noi credevamo il film ricostruiva l’iconografia ottocentesca, chiamando direttamente in causa lo spettatore, destabilizzato da quello che poteva sembrare un errore. Lo spettatore si coinvolge stimolandone la curiosità. Come? Non chiudere narrativamente i lavori, il desiderio è che il film continui, ponendo domande, dentro lo spettatore. In Morte di un matematico n
Negli anni della scuola, al Liceo Umberto, un liceo borghese, nel centro di Napoli, ho incontrato Toni Servillo, stavamo poco a scuola, prendevamo il treno notturno per andare a Roma, ad assistere alle proiezioni cinematografiche. Per anni dopo la fine del liceo avevo l’incubo delle assenze. Ma attraverso la scuola abbiamo frequentato la cineteca, l
L’ amore molesto: in Elena Ferrante ho avuto una corrispondente, mi consegnava una mappa della città di Napoli. Pubblicata la sceneggiatura la sua precisione e l’evocatività, mi hanno attratto moltissimo. Si andava avanti e indietro nel tempo. Ho le lettere a penna che ci scrivevamo, ma lei non l’ho conosciuta, la creazione di questa figura misteriosa va amata e rispettata. Apre l’immaginazione e Dio sa quanto abbiamo bisogno che l’immaginazione si apra in tempi come questi. Per L’amore molesto è stato difficile tradurre la parola molesto in altre lingue, al di là del senso strettamente sessuale, la molestia, di cui noi abbiamo esperienza, come rapporto malato tra uomo e donna, non è traducibile. Per me è molto importante il rapporto lavorativo con le donne, le domande scaturiscono dal lavorare insieme. Il mio modo di guardare le cose s’è modificato attraverso il rapporto con le donne con cui ho lavorato. Come sei sul set? Ho un bel rapporto. Non dico all’ attore come dire una battuta, m’interessa sul piano umano, mi capita di dire che sono una figura a metà tra il mago ed il contadino. Quando di un attore accade che si sia sorpresi, il contadino ha fatto scaturire qualcosa e si realizza la magia. I vesuviani era un film ad episodi, inventavamo il modo di fare film, era la gioia di fare questi cinque episodi, è un film simbolico, cito chiaramente Uccellacci e uccellini, si vede l’allora Sindaco di Napoli, Bassolino, salire sul vesuvio. Il senso di vuoto oggi può essere visto come un sentire l’incombere del vuoto degli anni a venire.
Invitato a salire sul pulpito, prestato alla funzione di palcoscenico, l’amico e attore Toni Servillo dice di come il regista pare lo deleghi a vivere al posto suo nelle scene, della capacità che hanno avuto entrambi di conservare lo stupore dell’infanzia, dell’imprevedibilità a cui, durante le riprese filmiche, devi restare aperto. Ma le sorprese non sono finite, all’insaputa di Martone, Marianna Fontana, la giovane protagonista di Capri revolution era tra il pubblico, invitata anche lei a sedere tra i due, l’emozione della ragazza si fa palpabile, la stima per la sua caparbietà ed il rigore manifesta, e l’invito al cinema non è solo d’obbligo ma, a questo punto, necessario per i fruitori più che per gli attori. Capri revolution dal 13 dicembre al cinema.