L’uomo che vendette la sua pelle (The Man Who Sold His Skin)
Regia: Kaouther Ben Hania; soggetto e sceneggiatura: Kaouther Ben Hania; fotografia: Christopher Aoun; scenografia: Sophie Abdelke; costumi: Randa Khedher; trucco: Marilyne Scarselli, Florence Depestele; musiche: Amine Bouhafa; montaggio: Marie-Hélène Dozo; interpreti: Yahya Mahayni (Sam Ali), Dea Liane (Abeer), Koen De Bouw (Jeffrey Godefroi), Monica Bellucci (Soraya), Saad Lostan (Ziad), Darina al-Joundi (madre di Sam), Jan Dahdouh (Hazem), Christian Vadim (William), Wim Delvoye (assicuratore); produzione: Habib Attia, Nadim Cheikhrouha, Martin Hampel, Thanassis Karathanos, Annabella Nezri, Andreas Rocksén per Cinétéléfilms, Tanit Films, Twenty Twenty Vision, Kwassa Films, Laika Film & Television, Metafora Media Production, Sunnyland Film, Film ï Vast, VOO & BeTV, Istiqlal Films; distribuzione in Italia: Wanted Cinema; origine: Tunisia, Francia, Germania, Belgio, Svezia, Turchia, Cipro – 2020; durata: 104′.
Trama
Siria, 2011, prima della guerra. Il giovane siriano Sam Ali è costretto a fuggire dal suo paese verso il Libano per evitare l’arresto, reo di aver detto alla leggera alcune frasi antigovernative durante la sua proposta di matrimonio alla bella coetanea Abeer, da cui è ricambiato, nonostante l’opposizione della famiglia di lei, che la vorrebbe sposata con un uomo importante. Un anno dopo, Abeer viene data in sposa a un uomo più ricco di nome Ziad, funzionario dell’ambasciata siriana in Belgio, con cui si trasferisce a Bruxelles, lontano dalla guerra civile che infuria nel paese. Mentre Sam sbarca il lunario a Beirut nella vana speranza di guadagnare qualcosa che gli permetta di raggiungere l’amata, con cui è ancora in contatto, e salvarla, viene notato dall’artista euro-americano Jeffrey Godefroi, celebre per le sue controverse opere d’arte moderna. In cambio dei soldi e dei documenti necessari a immigrare legalmente in Belgio, Sam accetta la mefistofelica proposta dell’artista: farsi tatuare un Visto Schengen sulla schiena e venire esposto nei più grandi musei del mondo come sua opera d’arte vivente. Come riuscirà a cavarsi d’impaccio e ad avere indietro la propria vita, ora che non è più un uomo, ma un’opera d’arte, quindi un bene commerciabile?
Il commento del redattore
L’idea alla base de L’uomo che vendette la sua pelle è nata nella mente della regista e sceneggiatrice tunisina osservando una vera opera d’arte vivente: quella a tema religioso dell’artista belga Wim Delvoye che nel film recita nella parte dell’assicuratore. L’opera d’arte vivente venne esposta al Louvre nel 2012 (se vuoi saperne di più ti basta cliccare qui, per leggere il nostro articolo sull’opera originale). Il colpo di genio è stato rendere questa vicenda, già di per sè controversa, attuale, collegandola al problema dell’immigrazione in Europa dei rifugiati che scappano dalla guerra.
Nel film infatti Sam è reso bersaglio di organizzazioni umanitarie che lo vedono come vittima ed è osteggiato dai suoi stessi compatrioti che lo considerano un venduto. Egli stesso si rende conto che il gesto da lui compiuto per amore di Abeer (“Io devo salvarla”) gli ha di fatto rubato l’esistenza, esponendolo forse per tutta la vita allo sguardo della gente come se fosse un animale o un oggetto inanimato. Quali prospettive gli si aprono di fronte? Dalla disperazione scaturisce il gesto provocatorio compiuto nella casa d’aste, quando sfrutta il pregiudizio dei ricchi partecipanti sul popolo siriano. Quando sembra che tutto sia perduto però un colpo di scena finale (grazie anche all’artista che lo ha convinto, qui Genio Benigno, più che diabolico Mefistofele) gli offrirà una possibilità di riscatto e di felicità.
La scelta degli attori e in particolare del protagonista, quasi un esordiente, premiato a Venezia 77 come miglior interprete nella sezione Orizzonti si rivela un altro punto di forza di un film piacevole e per niente scontato. Koen De Bouw nella parte dell’artista e Dea Liane (bellissima) in quella di Abeer sono convincenti mentre Monica Bellucci, con un’improbabile parrucca bionda, nel ruolo dell’assistente del genio, fa sempre la sua decorativa figura.