Se c’è un film che si porta dietro una specie di maledizione faraonica, questo è l’ultimo film di Terry Gilliam, L’uomo che uccise Don Chisciotte, previsto in chiusura del festival di Cannes fuori concorso
Innanzitutto, va detto che questo film Gilliam lo tiene nel cassetto da vent’anni. Era il 1998 quando scrisse la sceneggiatura e aveva in mente Jean Rochefort nel ruolo di Don Chisciotte e Johnny Depp in quello di Toby Grisoni / Sancho. Iniziarono le riprese del film e qui comincia la iella che non ha più abbandonato questo progetto. Si stava girando in Spagna, quando un’improvvisa alluvione e i problemi di salute di Rochefort interruppero la realizzazione del film. Gilliam perse i diritti sulla sceneggiatura, recuperandoli solo nel 2006, ma anche le seconde riprese non ebbero esito per difficoltà finanziarie e gli impegni degli attori. Dovette cambiare tre Don Chisciotte e quattro Grisoni, poi, di nuovo, non se ne fece di nulla.
Finalmente nel 2017 Gilliam riuscì a finire le riprese con Jonathan Pryce, Don Chisciotte e Adam Driver, Toby Grisoni
Il film avrebbe dovuto concorrere alla palma d’oro di Cannes, invece il produttore del film, Paulo Branco, sostenendo di detenerne in pieno i diritti, lo ha tassativamente proibito. È stato deciso, allora, di proiettarlo fuori concorso a fine manifestazione, ma Branco vorrebbe impedire anche questo e spetterà al tribunale di Parigi decidere sulla sorte del film alla mostra di Cannes. Come se non bastasse Terry Gilliam ha avuto un ictus, non grave, ma i medici escludono che, ammesso che sia proiettato, possa partecipare alla serata finale del festival.
Come spesso Gilliam fa, la trama del film si ispira molto liberamente al Don Chisciotte di Cervantes, che riscrive ambientato ai nostri giorni con continui passaggi fra realtà e illusione
Un vecchio impazzisce e si persuade di essere Don Chisciotte e scambia Toby Grisoni, un consulente pubblicitario, per il suo fido scudiero Sancho Panza. Insieme inizieranno un viaggio surreale a cavallo fra il nostro tempo e il XVII secolo. Al contrario di Sancho, che mantiene sempre il suo buon senso pratico, Grisoni comincia a entrare nel mondo allucinato del vecchio e, alla fine, non distingue più i sogni dalla realtà.
Molto gilliamiano, dunque, e molto è lecito aspettarsi da questo film
Speriamo che, finalmente, la maledizione che lo sta perseguitando da vent’anni finisca una buona volta e si riesca a vedere sia il film, proiettato tranquillamente in tutte le sale, sia il regista di nuovo in forma. Perché a Terry Gilliam si vuol bene. Da quando era l’animatore dei Monty Python, a I banditi del tempo, a Brazil, a L’esercito delle 12 scimmie, a Tideland il suo gusto straordinario per la surrealtà è un marchio inconfondibile. È possibile che ci sia anche qualcuno che non lo apprezza, ma chi lo ama, lo ama incondizionatamente.