Il film, secondo solo agli Avengers per incassi, mantiene le aspettative. Un film estremamente divertente dove i luoghi comuni finiscono per diventare valori profondi
Il film inizia con un’ape, intesa come automezzo, non come insetto, che percorre una pianura immensa e desolata. In mezzo a questa pianura sta fermo un mulo. Il conducente dell’ape si ferma proprio davanti al mulo, quando ci sono chilometri e chilometri di strada libera ai lati, e gli suona par farlo spostare. Un po’ tipo la scena dell’incontro fra Brancaleone e Teofilatto de’ Leonzi: il famoso “– Cedete lo passo. – No, cedete lo passo tu“. E questo per mostrare quanto siano cocciuti i sardi.
Per fortuna questo film, distribuito in appena 13 copie, in Sardegna ha avuto un successo inaspettato, così lo abbiamo potuto vedere anche noi continentali e ne è valsa la pena.
Quando avevamo presentato questo film avevamo riportato un’intervista a Paolo Zucca, il regista, nella quale dichiarava di essersi ispirato ai fumetti di Asterix. Effettivamente il soggetto potrebbe averlo scritto Goscinny; ci sono tutti i luoghi comuni possibili sui sardi che, come il fumettista francese riesce a fare, risultano esilaranti. Potrebbe essere un’idea per Uderzo, dopo Asterix e i corsi, disegnare Asterix e i sardi prendendo spunto proprio dal film di Zucca. Un’altra cosa che viene in mente, vedendo L’uomo che comprò la Luna è la commedia francese Bienvenue chez les Ch’tis di Dany Boon, distribuito in Italia come Giù al nord della quale è stata fatta anche una versione italiana intitolata Benvenuti al sud.
È evidente, quindi, che la comicità domina il film ed è una comicità proprio alla Asterix. Al posto del piccolo villaggio gallico che resiste all’impero romano c’è il piccolo paese sardo di Cuccurumalu (che dovrebbe voler dire, più o meno, “montagna cattiva” o qualcosa di simile) che resiste contro lo stato imperialista per eccellenza, gli Stati Uniti, che vorrebbero la Luna tutta per sé. Un pescatore sardo l’ha regata a sua moglie, tutta tranne il 10% appartenente agli States, ma alla fine riesce a conquistare anche quelle poche migliaia di ettari.
Il protagonista, Jacopo Cullin, nei panni di Kevin Pirelli, alias Gavino Zoccheddu, è perfettamente verosimile sia nei panni del milanese che in quelli del sardo, anche se è alto quasi due metri. Il suo formatore, Badore, è il cantante, cabarettista, attore, fantasista, Benito Urgu, che ruba regolarmente la scena tutte le volte che è inquadrato. Fra gli altri attori non si può fare a meno di ricordare anche Angela Molina, moglie di Taneddu, quello che ha comprato la Luna per lei. Ancora bellissima; coi suoi sessantaquattro anni è la dimostrazione vivente che si può anche invecchiare dignitosamente. La scena nella quale chiama la Luna col suono delle launeddas è emozionante e molto poetica. Effettivamente c’è anche molta poesia nel film. D’altro canto la Luna, si sa, è per eccellenza l’astro dei poeti.
https://www.youtube.com/watch?v=IqQYM6N69cQ
C’è una scena, quando Kevin – Gavino incontra tutti i sardi famosi, Antonio Gramsci primo fra tutti, che sono sulla Luna che pare girata proprio sul satellite terrestre. Non è stata ricostruita in studio. Vicino a S’Archittu c’è un luogo chiamato “lo scoglio del genovese” che sembra proprio un terreno lunare, tutto bianco e pieno di crateri.
I sardi, si dice nel film, sono estremamente permalosi; ma questo film, fatto da sardi che si prendono in giro, in Sardegna è piaciuto tantissimo. Forse proprio per quello che dicevo all’inizio: i luoghi comuni sulla sarditudine finiscono per diventare valori di una terra che si sente diversa e ci tiene alla propria diversità. E visti i risultati dell’omologazione che ha seguito la globalizzazione, non è strano essere orgogliosi della propria diversità.
Qui il trailer:
https://www.youtube.com/watch?v=2MxQLFBe98E