(Giuro, dopo l’introduzione parlo davvero di Love is in the Air).
Io ci ho provato a essere romantico. Per qualche ragione a me ignota quei maledetti di icrewplay.com volevano che io recensissi uno di quei film kitsch dove, dopo un tempo variabile tra l’ora e mezza e le due ore (aiuto, di nuovo!), i due novelli innamoratini giungono finalmente a ficcarsi la lingua in bocca, con le lacrime sognanti delle casalinghe di Voghera (e dei Fabio Volo di tutti i Paesi) dall’altra parte dello schermo.
E allora, dicevo, ho provato a calarmi nella parte del romanticone. Davvero. Ho azionato lo zio Google, spulciato qualsiasi articolo ad alto contenuto zuccheroso (roba tipo “Top 12 film d’amore da vedere in coppia” o “I film romantici più belli di sempre per credere nell’amore“) (cosa non si fa per icrewplay.com), salvato nella mia raccolta di Youtube la playlist “Scene d’amoreeeee PIANGOOOO” di una certa “Sally” (quella cantata da Vasco Rossi, che “non ha più voglia di fare la guerra”), ascoltato, persino, canzoni dedicate a quella malattia psicosomatica che fa “dormire” due persone nello stesso letto, di cui è notorio che Eros (Ramazzotti) sia il dio.
Ma non trovavo comunque il film giusto da recensire. Ricatto d’amore era troppo “Sandra Bullock” per far sì che io mi mettessi seriamente a scrivere dieci righe in bella Seo, Pretty Woman così insopportabilmente “Richard Gere“, Notting Hill, invece, non solo l’avevo citato in qualche mio articolo del pleistocene sugli Oscar, ma aveva senz’altro già la recensione su icrewplay.com (e poi che due maroni ‘sto “succo d’arancia“).
(Per quanto riguarda Colazione da Tiffany, beh, che dire, io non faccio mai “colazione”) (che orrore “mangiare” di prima mattina, decisamente meglio “abbuffarsi” a cena) (ok, Dottoressa, la “colazione è il “pasto” più importante della giornata, come dicono quelli bravi) (cara Dottoressa, d’accordo le “fette biscottate con la marmellata”, ma è proprio necessario il “succo d’arancia” alle 7 e zero zero? Ho un po’ di acidità di stomaco ultimamente. E poi è terribilmente “Hugh Grant” come cosa).
(Ma per quale diavolo di motivo la maggior parte dei film che cito in questo pittoresco articolo riconducono a Julia Roberts?) (Maledetta te e quel tuo bellissimo sorriso).
Ed è qui, bontà sua, che è intervenuto il secondo dio (dopo Eros) (Ramazzotti) di questo trafiletto, ossia quel briccone onnipotente dell’algoritmo di Netflix, il quale, però, (farabutto) per tutta la sera mi ha proposto solo pellicole non potabili per una recensione (di cui ho rimosso dalla mente i titoli, viva le amnesie non da ubriachezza) (e sì, io sono un vero sommelier per quanto riguarda i film da recensire) (tipo Offline di Cèsar Rodrigues, “capolavoro” del cinema brasiliano con una “colonna sonora” mejo di Ennio Morricone).
Ma, si sa, come sentenzia la saggezza popolare (e canta De André, ispirato da un francese noto autore di massime) (Fabien Vol, cugino d’oltralpe del Fabione nazionale), “la notte porta buoni consigli quando non può più dare il cattivo esempio“. E così, il mattino seguente, ecco che il briccone onnipotente mi spara in primo piano Love is in the Air nella homepage più “Netflix” che ci sia.
Bingo, ho pensato (nel senso che sarei andato volentieri al bingo) (il bingo senza le “virgolette”). Ma, istrione come sono, ho riciclato il significato di quella esclamazione per dirmi che sì, avevo trovato davvero la mia pellicola romanticona (aiuto, e siamo già a tre richieste d’aiuto contro il kitsch!) da recensire.
Love is in the Air, le aziende di famiglia
(Il titolo del film, direi, è piuttosto didascalico).
Dana (Delta Goodrem), la bellissima e biondissima protagonista femminile, è la capopilota di idrovolanti della Fullerton Airways, piccola compagnia aerea a gestione familiare che si occupa di consegne e altri servizi in qualche posto assolutamente sperduto dell‘Australia (posto che neppure Q di Star Trek ha la più pallida idea dove sia, pur essendo onnisciente) (Q non lo sa, ma Wikipedia sì, è il Queensland) (enciclopedia online in cui possono scrivere cani e porci batte entità onnipotente e onnisciente con relativa facilità).
Con la nostra eroina, sempre vestita con uno stile tra Dora l’Esploratrice e Indiana Jones, lavorano sia il tenero padre Jeff che Nikki, la meccanica sopra le righe che vorrebbe tanto piazzare Dora (pardon, Dana) con qualcuno, visto che la nostra Dana (pardon, Dora) pare sia single da troppo tempo (sempre a pensare ai suoi idrovolanti, la biondissima).
Clara, moglie di Jeff e mamma di Dana, nonché la vera fondatrice e ispiratrice della Fullerton Airways, è morta da tempo; la figlia, per ricordo, tiene sempre una sua fotografia sull’Harriet (Harriet è il femminile di Harry, che era il nome di Houdini, quello famoso, che, tra giochi con le manette (sporcaccione!) e smascheramenti di medium, ha trovato anche il tempo di essere il primo uomo a eseguire un volo controllato sull’Australia nel 1910. Clara, proiettando la sua forza di donna nell’impresa di Harry, decise di dare il nome Harriet all’idrovolante).
(Quanto trasuda femminismo da Netflix quest’ultimo paragrafetto?) (Viva il women empowerment, signore e signori della corte).
William (Joshua Sasse), il protagonista maschile, è l’imbranato e a tratti goffo (pur essendo discretamente fisicato; deve essersi spaccato di pesi in palestra ultimamente) figlio del Mitchell Senior, capo della ITCM Financial di Londra (sì, insomma, il Mitchell Senior è una sorta di Milanese Imbruttito che ce l’ha fatta davvero).
Quest’ultimo ha ordinato al suo puccettoso e improbabile pargolo (il quale, pare emergere da una conversazione tra i due, preferisse le materie umanistiche a scuola) (e chissenestrafrega in quali materie riusciva a strappare un 6 stiracchiato a fine anno e in quali veniva puntualmente rimandato a settembre) (capra!) (cit.) di dimostrare di poter avere un ruolo apicale nella holding di famiglia, prendendo la sua brava valigetta (oddio, chi se lo ricorda se aveva una valigetta o meno; tutti i consulenti finanziari dovrebbero averne una, in ogni caso) per andare nel Queensland (grazie Wikipedia) a liquidare la Fullerton Airways, i cui registri contabili testimoniano le pesanti difficoltà della compagnia.
Love is in the Air, il kitsch dei due piccioncini (viva l’amore)
Ma le cose, ovviamente, non vanno come previsto (e quando mai le cose vanno come previsto?).
Dana e William, rispettivamente regina e re delle gaffe (la prima, sul porticello del traghetto, che comincia a importunare un incolpevole tizio che era lì in Australia per andare a trovare suo cugino, credendolo il consulente finanziario che arrivava da Londra; il secondo, che inizialmente crede la nostra Dana solo un’assistente e non la capopilota (e per questo il povero William si becca pure dell’imbecille, seppur a bassa voce) (micro-aggressione!), ma, soprattutto, che non dice a Dana e Co. che il motivo reale per cui Mitchell Senior lo ha spedito nel Queensland è quello di chiudere la compagnia aerea.
I due, piano piano, si avvicinano emotivamente, con Nikki come indiscreta Cupido (il terzo dio dell’articolo, dopo Eros (Ramazzotti) e il briccone onnipotente (l’algoritmo di Netflix). Ti piacciono le parentesi simil-matrioske, caro lettore o cara lettrice di icrewplay.com? No? E chissenestrafrega, qui comando io) (almeno finché la mia Direttrice Galattica non mi censura) che continua a dire a Dana quanto William sia fico (che idiozia, nessuno può essere fico con una cravatta verde tanto orrenda, ma tant’è, siamo in un film), nonché a chiedere in maniera esilarante e sfacciata al malcapitato William se abbia già una moglie o una ragazza (#nikki007).
Una volta sull‘idrovolante guidato da Dana, William le dimostra subito di che pasta è fatto: un vero duro, senza paura di nulla, uno che trasuda figaggine da ogni poro (non è vero, è un fifone che non ha mai viaggiato su un idrovolante (“al massimo sono stato su una mongolfiera“, le parole più intelligenti che riesce a dire il nostro).
Alla prima turbolenza dell’idrovolante, infatti, si aggrappa al braccio di Dana (ma è del mestiere questo?) (tutta colpa delle materie umanistiche, dico io), la quale lo guarda tra l’intenerita e il mi sa che rimarrò single ancora a lungo (non è vero, è solo un po’ stranita, ma concedimi un po’ di ironia machista da quattro soldi, caro lettore o cara lettrice di icrewplay.com) (così faccio contenti i signori e le signore della corte, quelli (e quelle, non sia mai) del women empowerment).
(La prossima volta, caro William, dille che al massimo sei stato sul bruco mela di Gardaland) (pappamolla) (mi dissocio dall’ultima parentesi) (il machismo è kattivo).
(Spassoso il dialogo tra una tizia a caso e Dana: È il tuo ragazzo? No, è solo un paperone inglese).
Il primo vero sguardo da “panterona” Dana, però, lo dà a William quando, atterrati su un’isola per una consegna, il nostro mago delle mongolfiere preferito inizia a giocare a calcio con dei bambinetti (irritanti) (i bambinetti sono sempre irritanti) (ti ho vista, cara Dana, che ti mordicchiavi il labbro) (non è vero, non mi ricordo una mazza di quella scena, ma il senso era quello).
Leggo dagli appunti di Fabio Volo al film, per darti un po’ il polso della situazione: “al ritorno dall’isola tra Dana e William fugaci sbirciate di un amore che sta sbocciando, con il sole riflesso del tramonto che rende dorati i loro occhi” (ahahahah, che ribrezzo gli Harmony).
Ancora dagli appunti di Fabio Volo: “guardano il cielo (senza mongolfiere, perlomeno), c’è il Grande Emù Celeste (questa la riciclo, anche se non ho la più pallida idea di cosa sia il Grande Emù Celeste), si sdraiano vicini vicini sulla pista di decollo (più economica del motel e non necessariamente meno igienica) e parlano, e le loro labbra si guardano (riciclo pure questa, Fabione, tanto la decenza non è cosa di questo secolo).
Parlano, parlano di loro (e di cosa dovrebbero parlare? Dei miei articoli su icrewplay.com?), e le farfalle nello stomaco crescono (con farfalle intendi la pasta?), e che emozione, oddio, si stanno per baciare (pensavo che in Australia facessero con i nasi come gli eschimesi), oddio, awwww, che bello… ma arriva un koala carnivoro (mandato dal Q di Star Trek) che sbraita come un dinosauro e fa spaventare quel fifone di William.
A questo punto, caro lettore o cara lettrice di icrewplay.com, secondo te William completerà la missione che il padre gli aveva affidato?
(Di tutte le sfighe possibili, la peggiore è avere un figlio che preferisce le materie umanistiche).
Love is in the Air, la vita è una questione di scelte
La verità, però, è che William è stufo del mondo di suo padre e della finanza, pieno di “squali” che pensano solo al bieco tornaconto personale.
Gli piace Dana perché a suoi occhi è una persona che si prende cura delle persone a cui tiene e protegge le cose che per lei hanno valore, come fanno anche Jeff e Nikki, come ha sempre fatto Clara, la donna da cui è partito quel sogno chiamato Fullerton Airways, quella che ha anche sempre detto che “se vuoi che una cosa sia fatta, falla per conto tuo“.
Come spiegherà Jeff alla figlia, quella frase non significa che la vita debba essere un’impresa titanica del singolo contro il mondo, non si può sistemare tutto da soli. È importante avere le persone giuste accanto.
D’altra parte è importante anche aprirsi alle nuove possibilità e innovare la realtà che ci circonda, essendo stata proprio la volontà di congelare lo status quo e di non cambiare nulla a far entrare in crisi finanziaria la Fullerton Airways (ti serve per caso un consulente finanziario esperto, cara Dana?)
Senza fare ulteriori spoiler, significativo che Dana alla fine cambierà il nome dell’idrovolante da Harriet a Clara.
Finalmente la Fullerton Airways è divenuto il suo di sogno.
(In questo ultimo blocco non ho messo parentesi da briccone onnipotente solo perché sono stanco; vadano al diavolo le commedie kitsch e romantiche che l’algoritmo di Netflix mi appioppa ogni volta).