Living with yourself è una serie davvero interessante, ed episodio dopo episodio, l’incontenibile bravura di Paul Rudd, trascina lo spettatore in un racconto la cui unica pecca è l’essere un tantino disarticolato, salvo poi la buona volontà di accompagnarci per mano al cospetto del finale.
Disponibile dal 18 ottobre sulla piattaforma streaming Netflix, ogni episodio ha una durata di 26 minuti circa, per un totale di 8. Il protagonista, alla sua prima esperienza come “hero” di una serie TV, è Paul Rudd che, con il suo disarmante fascino da cucciolo abbandonato, non è nè più, nè meno bravo di come abbiamo imparato a conoscerlo, ma che ha il merito di rendere davvero credibili le scene in cui lotta e sbraita contro se stesso. Proprio così, perché nel caso ti fossi perso il mio articolo precedente, in Living with youself Paul si sdoppia ed affronta-confronta se stesso.
Si tratta fondamentalmente di una commedia esistenziale, in cui Miles (Paul Rudd) che sta vedendo la sua vita inaridirsi e marcire ogni giorno che passa, su suggerimento di un collega, si rivolge ad una clinica davvero particolare che, intervenendo sul DNA, è in grado di rendere le persone geneticamente impeccabili, migliori, performanti e di successo. Nonostante una prima naturale diffidenza, Miles si sottopone al costoso trattamento, spendendo tutto il denaro risparmiato con la moglie Kate (Aisling Bea) per sottoporsi ad un trattamento di fertilità. Nella clinica, Miles incontra anche una guest star davvero incredibile, al suo sesto trattamento, ma non posso rivelarvi di chi si tratta! A causa di un fortunato intoppo, si risveglia sottoterra e dopo una faticosa lotta per liberarsi e raggiungere casa sua, scopre che una perfetta copia di se stesso lo ha sostituito.
Appare da subito chiaro che la clinica procede ad una clonazione del paziente e alla conseguente soppressione dello stesso e consapevoli di dover ormai coesistere, i due Miles cercano di trovare una forma di equilibrio nella loro vita tenendo tutti all’oscuro di quanto è accaduto. Vero è, che il nuovo Miles ha successo sul lavoro, riesce a risollevare le sorti di un matrimonio che sta naufragando ed è addirittura un fratello migliore di quanto non fosse il Miles originale, ma a tutto c’è un limite.
Ciò che mi ha sorpreso di più della serie è la piacevole presenza di Aisling Bea, l’attrice irlandese non è soltanto bella, ma anche molto divertente ed espressiva non subisce passivamente la storia, ma è ben caratterizzata e in un contesto in cui Paul Rudd ha tutta l’attenzione, è sorprendente quanto spesso riesca ad attirarla su di sé e ad intrattenere lo spettatore fino a farlo interessare di più alla sua storyline che a quella dei due Miles!
A me Living with youself è sinceramente piaciuta, l’ho guardata tutta d’un fiato e non escludo che possano già star pensando ad un seguito, insomma io lo guarderei! Per cui ti raccomando caldamente di guardarla, garantisco che non soltanto è divertente, con uno schema narrativo interessante che sposta il racconto da Miles al suo clone, dal suo clone a Kate, per poi tornare a Miles, ma ha il pregio di dare un messaggio importante e a cui forse oggi dovrebbe essere dato maggior risalto: siamo quello che siamo e non c’è niente di meglio al mondo.
E’ vero che siamo spesso un completo disastro, che siamo estremamente imperfetti e spesso le nostre giornate sono fatte di affanni, nervosismo e complicazioni varie, ma non abbiamo neanche la vaga idea di quanto faticosa, noiosa e banale sia la perfezione e probabilmente se ci trovassimo a trascorrere anche solo una parte della nostra vita con una persona impeccabile e sempre al meglio, impazziremmo dalla nevrastenia!