Il regista franco canadese Ken Scott, al suo quinto lungometraggio, racconta la storia di un ragazzo indiano in cerca del padre, che non troverà; ma troverà l’amore all’Ikea.
Ajatashatru Oghash Rathod, un fachiro che esercita la sua arte nel natio villaggio del Rajasthan, alla morte della madre, decide di andare in cerca del padre, che non ha mai conosciuto: un prestigiatore parigino recatosi in India per apprendere l’arte dei fachiri.
Ajatashatru, che da ora abbrevieremo in Aja, parte per Parigi dove sogna di riunirsi al padre in cima alla Torre Eiffel, come ha sempre fantasticato la madre. Per acquistare un letto di chiodi entra all’Ikea e ne rimane tanto affascinato da rifugiarsi in un armadio del megastore. Qui conosce Marie, della quale s’innamora a prima vista. Una serie di disavventure porteranno Aja, poi, a girare l’Europa. Prima nel Regno Unito, con una banda di Sudanesi illegali, poi in Spagna, Libia, Italia, ancora a Parigi. Infine, tornerà in India con la ragazza della sua vita.
L’incredibile viaggio del fachiro è tratto da un libro di Romain Puertolas, Ikea Wardrobe, che fu un grande successo in Francia alcuni anni fa. Lo scrittore ha anche realizzato la sceneggiatura.
Sembra la trama di un film brillante e, sicuramente, ci sono scene divertenti.
Ci sono numeri musicali alla Bollywood, ma ci sono anche tutte le disavventure che deve affrontare uno straniero per entrare in Europa. Anche perché, nonostante Aja sia in possesso di un passaporto regolarissimo, gli viene strappato all’arrivo in Gran Bretagna e subito dopo, a causa del colore della sua pelle, viene trattato come un immigrato illegale.
Siccome la coproduzione è sia francese che nordamericana, l’idea che ci si può fare di questo film è che Scott parli a nuora perché suocera intenda, visto che, nell’era Trump, il problema dell’emigrazione è scottante negli Stati Uniti come da noi.
Il protagonista è Dhanush, attore, regista, scrittore e cantante; autentico divo del cinema in lingua Tamil. La sua recitazione naif, che può ricordare il Hrundi V. Bakshi di Hollywood Party di Blake Edwards, non fa che accentuare l’assurdità della burocrazia alla quale sono sottoposti i migranti in Europa. Aja è un mite, non un eroe, ma è proprio la sua mitezza a farne un eroe, per il semplice fatto che sia sopravvissuto.