“Per essere una regista coraggiosa e senza complessi che ha esercitato una grande influenza sulle successive generazioni di registi europei“. Questa la motivazione del premio che si è aggiudicata Liliana Cavani alla Mostra Cinematografica del Mediterrani di Valencia. E quella che seguirà è parte dell’intervista che ha rilasciato a El País. Avrete notato che mi avvalgo sovente delle notizie stampate sul quotidiano spagnolo. Nulla di strano: El País mi piace e lo leggo spesso e volentieri. Siccome il più delle volte si trovano notizie che non vengono diffuse da noi, condivido coi nostri lettori quello che leggo. El País è un quotidiano politicamente affine al centro sinistra istituzionale, però illuminato. Un po’ come La Repubblica, che è un buon giornale. Anche su El País capita che scrivano con toni saccenti da dare sui nervi, non come Repubblica, perché a ogni cosa c’è un limite, ma in genere è gradevole da leggere; ci sono più notizie di politica estera in un giorno che su tutti i quotidiani italiani in una settimana e, soprattutto, c’è una rubrica cinematografica vasta, regolare e interessante. In Spagna c’è una grande interesse per il cinema, molto più che da noi; in più, invece di limitarsi a sparare sentenze, El País va sovente alla fonte delle notizie e sono frequentissime le interviste a scrittori , registi, attori. Per cui ancora una volta, e non sarà l’ultima, citiamo il quotidiano spagnolo con la speranza di indurre altri lettori a leggerlo: lo spagnolo non è italiano con la S in fondo, come si dice, ma è comunque facile da leggere e da tradurre.
L’idea di Portiere di notte nacque dopo che la regista aveva girato un documentario sulle donne che fecero la resistenza durante la seconda guerra mondiale: “L’ultima che intervistai fu una donna milanese che sopravvisse ad Auschwitz. Quello che mi colpì fu che mi disse che non avrebbe mai perdonato ai nazisti di averla portata a conoscere una parte di sé che nemmeno sospettava che esistesse; quella che rubava il cibo ai più deboli e che faceva altre cose impensabili, per sopravvivere. Da quelle parole nacque Portiere di notte“.
Potrebbe girare un film del genere oggi o è più un tipo di film legato alla sua epoca?
“Non so se oggi potrei girarlo. Già all’epoca ci furono problemi. In Italia fu censurata, soprattutto per via del sesso. Io credevo che i problemi venissero fuori per il contenuto, per la storia, invece pare che il problema fossero le scene di sesso nelle quali la donna sta sopra. Questo dimostra che le reazioni sono sempre imprevedibili. D’altro canto il sesso in un film ha senso se si inserisce in una storia, altrimenti è un’altra cosa. Pensi che, dopo Portiere di notte, mi offrirono di girare un film erotico. Rifiutai, ovviamente. Io avevo girato Portiere di notte a seguito della mia esperienza: le interviste che feci alle sopravvissute e i tre mesi che ho passato a guardare le registrazioni della Biblioteca del Congresso a Washington, a Parigi e altri luoghi, per il mio documentario sul Terzo Reich. La Seconda Guerra Mondiale fu la più filmata della storia, grazie al fatto che, soprattutto i tedeschi, avevano la mania di filmare tutto. Mi è sempre sembrato incredibile che esistano i negazionisti, quando tutto è stato documentato su pellicola“.
Infine, a una domanda sul Me Too, Liliana Cavani risponde:
“È stato molto importante per le nuove generazioni, in realtà per tutti. L’emancipazione femminile non è solo giusta, ma anche utile, perché credo che le donne possano dare un grande contributo in tutti i campi: arte, scienza, politica… L’unico motivo per non appoggiare il movimento è l’ignoranza“.