Quando il genio diventa pretestuoso
Quando un film ha per pretesto la vita di un genio, nel normalizzarla, ha perso l’occasione di raccontare il genio stesso e non risponde al suo mandato: lasciare che i ragazzi possano amare il genio nella sua atipicità, anormalità.
Il film ha in sè varie fonti d’ispirazione o vere e proprie citazioni, come lo squalo che si sgonfia a mò del pesce palla in Shark tale, o il pesce grande che mangia il pesce piccolo di Nemo, ciò che manca è la genialità ed il ritmo, la capacità di coinvolgere in fragorose risate, si ha la sensazione di un potpourri di riferimenti ed un esercizio, dove, allo schema dell’eroe, è sacrificata l’opportunità di entrare nel genio. Perchè prendi Leonardo e lo racconti come fosse un ragazzino normale, con amici normali e questa sorta di fissa per la creazione?
Leonardo non è quindi il protagonista, quanto piuttosto un pretesto, un escamotage , forse una strategia di marketing, che non ha nulla a che vedere col grande genio. Ciò che riguarda Leonardo Da Vinci è appena sfiorato, visto con superficialità, raccontato con qualche grossa mancanza. Riesce ad essere addirittura irritante la sceneggiatura ridondante, le azioni sottolineate dalle parole sanno di scuola di sceneggiatura e prime stesure , piuttosto che di un film prodotto e distribuito. Se nel suo insieme l’esercizio di stile non è del tutto deprecabile, manca due obiettivi fondamentali: non è capace di trascinare lo spettatore e non si fa portatore poetico di quel potenziale di narrazione che sarebbe stata la vita del genio più grande di tutti i tempi. Sappiamo che i cartoon possono arrivare a qualunque profondità, vedi Miyazaki, e che anche noi italiani abbiamo grandi sceneggiatori: Gatta Cenerentola ad esempio. La delusione sarebbe stata meno cocente se si fosse trattato di un artista meno geniale e più conforme, un Raffaello Sanzio ad esempio? No! Perchè, per l’appunto, avrebbe potuto raccontare di un ragazzo qualunque, su uno sparviero qualunque, in cerca di un tesoro qualunque per amore della ragazza sventurata, ma trattare il genio come se fosse una bizzarria del tutto scollegata dal carattere e dallo stile di vita, ignorando del tutto attenzione, dedizione, studio, perseveranza, mi sembra sia davvero un’operazione commerciale molto discutibile sul piano contenutistico e culturale, probabilmente meno sul piano commerciale, ma per quanto si può vendere l’aria in bottiglia?