Francis Ford Coppola a 32 anni scala la montagna Paramount girando un’opera che rappresenta la pietra miliare della New Hollywood
Il Padrino (The Godfather)
Regia: Francis Ford Coppola; soggetto: dal romanzo The Godfather (1969) di Mario Puzo; sceneggiatura: Mario Puzo e Francis Ford Coppola; fotografia (Technicolor): Gordon Willis; scenografia: Dean Tavoularis; arredamento: Warren Clymer; costumi: Anna Hill Johnstone; colonna sonora: Nino Rota; montaggio: William Reynolds, Peter Zinner, Marc Laub, Murray Solomon; interpreti: Marlon Brando (Don Vito Corleone), Al Pacino (Michael Corleone), James Caan (Sonny Corleone), Richard Castellano (Clemenza), Robert Duvall (Tom Hagen), Sterling Hayden (McCluskey), John Marley (Jack Woltz), Richard Conte (Barzini), Diane Keaton (Kay Adams), Al Lettieri (Sollozzo), Abe Vigoda (Tessio), Talia Shire (Connie Rizzi), Gianni Russo (Carlo Rizzi), John Cazale (Fredo Corleone), Rudy Bond (Cuneo), Julie Gregg (Sandra Corleone), Simonetta Stefanelli (Apollonia), Franco Citti (Calò), Saro Urzì (Vitelli); produzione: Robert Evans – Alfred S. Ruddy per Paramount Pictures; origine: USA – 1972; durata: 175′.
La Trama
New York, 1945. Don Vito Corleone (Brando), immigrato siciliano, è diventato dopo anni di crimine il Padrino, il più potente dei 5 capi-mafia della città. La sua organizzazione (“Famiglia”) gestisce il gioco d’azzardo, la prostituzione, il racket sindacale. Nelle attività criminali dei Corleone sono coinvolti anche i figli di Don Vito: il collerico primogenito Santino, detto Sonny (Caan), successore designato, il timido e poco dotato Fredo (Cazale) che ha un ruolo marginale, mentre Tom, figlioccio di Don Vito, è il gran consigliere e avvocato della famiglia. Il terzo figlio Michael (Pacino) invece è la grande speranza della famiglia: rispettabile ed eroe di guerra decorato, non ha interesse per il crimine e se ne tiene alla larga. Dopo il matrimonio della figlia Connie, Don Corleone riceve un affiliato della famiglia Tattaglia, Virgil Sollozzo, che gli chiede l’appoggio finanziario e politico per impiantare in città una nuova e remunerativa attività illecita: il traffico di stupefacenti, in grado di generare profitti per tutte le famiglie mafiose di New York. Il Boss, nonostante il parere favorevole di Sonny e di Tom, rifiuta l’affare, considerando la droga un commercio troppo rischioso. Scoppia così un conflitto tra il clan dei Corleone e quello dei Tattaglia: perfino Don Vito resta gravemente ferito in un attentato. Vedendo il padre lottare tra la vita e la morte, il mite Michael convince il fratello Santino, che ha momentaneamente preso il comando, ad organizzare un incontro con Sollozzo e il corrotto capitano di polizia che lo protegge in un ristorante del Bronx, allo scopo di farli cadere in trappola e vendicare il genitore. Il colpo riesce e Michael uccide entrambi, riuscendo a scappare in Sicilia e a sfuggire all’arresto. Nel frattempo Sonny cade in un’imboscata e la guerra di mafia si fa sempre più sanguinosa. Ripresosi dalle ferite, ma profondamente colpito dalla morte del figlio, Don Vito decide di partecipare ad un incontro per trattare con le altre famiglie una tregua. Durante il meeting viene deciso di porre fine al conflitto, a patto che la famiglia Corleone fornisca la sua protezione politica e giudiziaria al commercio della droga, i cui profitti saranno equamente suddivisi tra le cinque famiglie, in cambio della pace. Intanto, in Sicilia, Michael incontra e sposa un ragazza del posto, Apollonia, che tuttavia muore nell’esplosione di un’autobomba. Addolorato, Michael viene raggiunto dalla notizia che le acque si sono calmate e torna in America, prendendo il posto di Sonny negli affari della famiglia. Riallaccia una relazione con una sua compagna di college, Kay Adams (Keaton) e la sposa: i due hanno presto un figlio, Anthony. Alla morte di Don Vito, nel 1955, Michael sarebbe l’erede naturale, ma deve guardarsi dalle altre famiglie mafiose, che sognano di esautorare i Corleone e punire quello che considerano un ragazzo troppo giovane per guidare un’organizzazione così potente. Memore dei consigli paterni, il nuovo Padrino comincia ad eliminare tutti i capi dei clan rivali, regolando i conti rimasti in sospeso e punendo i traditori con la morte: è un bagno di sangue, cui non sfugge neanche suo cognato, colpevole di aver favorito l’attentato contro Sonny. Sconvolta, sua sorella Connie irrompe in casa e lo accusa apertamente, davanti a Kay, della morte del marito. Mentendo, Michael afferma di non saperne nulla e intima alla moglie di non fargli più domande sui suoi affari. La guerra è finita e i Corleone hanno vinto. Ora si preparano a espandere il proprio potere a Las Vegas e Reno, dove il gioco d’azzardo è diventato legale. Kay assiste, da dietro la porta, all’omaggio dei capi-regime che riconoscono in Michael il nuovo Padrino.
La lunga strada verso l’Oscar.
Come spesso nella storia del Cinema americano, tutto nasce da un insuccesso. Il giovane regista e produttore Francis Ford Coppola è stato messo alla porta dalla Warner Bros e la sua società indipendente, l’American Zoetrope, si trova ormai in bancarotta a causa della cattiva accoglienza del primo film realizzato, L’uomo che fuggì dal futuro di George Lucas. Indebitato fino al collo, Coppola accetta la proposta della Paramount, che sei anni prima ha acquistato per soli 35.000 dollari i diritti di un soggetto scritto dall’autore italo-americano Mario Puzo, dal titolo provvisorio “Mafia”. Robert Evans, artefice del successo planetario di Love Story e a capo della produzione, ha intenzione di farne un gangster movie di medio budget, senza troppe pretese e si convince a ingaggiare il regista, convinto che la sua precaria situazione finanziaria e la scarsa fortuna avuta coi suoi primi film lo renda più malleabile.Errore madornale: i primi contrasti sorgono al momento di scegliere il protagonista: Coppola rifiuta Edward G. Robinson, Orson Welles e non prende nemmeno in considerazione Burt Lancaster, il quale si dimostra interessato alla parte. Vuole uno dei più grandi attori viventi, gli unici a suo parere in grado di sostenere il ruolo del Padrino: Laurance Olivier o Marlon Brando. Quando quest’ultimo si presenta al provino con le guance imbottite di ovatta e la parlata strascicata la scelta è compiuta: Brando firma un contratto nel quale si impegna a non causare problemi alla produzione (Evans non lo sopportava per il suo brutto carattere) per 50.000 dollari e una percentuale sugli incassi. Dopo aver assegnato le parti di Fredo e Sonny, il problema si ripresenta quando è il momento di scegliere l’interprete del tormentato Michael, eroe di guerra destinato ad ereditare la guida della famiglia Corleone. Warren Beatty, Jack Nicholson e Dustin Hoffman vengono scartati l’uno dopo l’altro da Coppola deciso a dare la parte a un italo-americano semisconosciuto, appena uscito dall’Actor’s Studio, il suo coetaneo Al Pacino. La Paramount si oppone, costringendo l’attore a un’infinità di provini, che lo spingono quasi a rinunciare, ma ancora una volta Coppola si impunta e ottiene ciò che vuole. Anni dopo in un’intervista, Pacino racconterà: “Ottenuta la parte, andavo in cucina ogni giorno alle 4 del mattino per imparare le battute”. Dopo la battaglia del cast inizia la guerra del budget: il costo previsto di 2,5 milioni di dollari viene sforato e Coppola pretende di girare riprese supplementari addirittura in Sicilia. Forte dell’alleanza con Puzo, il cui romanzo è diventato un best-seller da 14 milioni di copie, viene accontentato, ma quando la durata delle riprese supera di molto i 55 giorni previsti, la rottura sembra inevitabile. La buona stella del regista non lo abbandona e assume le fattezze di Charles Bludhorn, presidente della Gulf & Western, cui la Paramount appartiene. Il resto è leggenda hollywoodiana: le minacce al produttore, che lo convincono a chiedere al regista che la parola “Mafia” non venga mai usata nel film per evitare il boicottaggio delle associazioni italo-americane, oppure la lunghezza insolita della pellicola, che sfiora le 3 ore, sacrificando pochissime scene girate.
Il Commento del Redattore
Il Padrino recupera ampiamente il denaro speso: incassa 135 milioni di dollari solo negli USA, infrangendo il record di Via col Vento rende Coppola milionario e padre-padrone di Hollywood. Al regista da quel momento verrà concessa una libertà di manovra mai vista prima e firmerà un contratto multimilionario per girare il sequel della pellicola, che vedrà la luce due anni dopo (di cui parlerò in seguito, non dubitare). Alla cerimonia degli Oscar le 10 nomination si trasformano in 3 statuette, al miglior film, all’attore protagonista e alla sceneggiatura. Il Padrino raccoglie poco, costretto a confrontarsi con un altro capolavoro singolare e sfrontato: Cabaret del regista e coreografo Bob Fosse, storia torbida e rutilante di un triangolo amoroso nella Germania degli anni ’20, conquista infatti 8 Oscar, regalando a Liza Minnelli l’Oscar da protagonista, prima attrice a nella storia degli Oscar a vincere la statuetta dopo il padre Vincente Minnelli e la madre, Judy Garland. Come abbiamo visto, l’Oscar come attore protagonista viene vinto da Marlon Brando il quale lo rifiuta, per interposta persona. Durante la cerimonia – in alto puoi vedere il filmato originale – l’attore è assente e al suo posto sale sul palco una giovane principessa indiana (in seguito si scoprirà che è un’attrice) che ferma lo stupito Roger Moore, che sta per consegnarle il premio. Si rivolge alla platea: “Salve. Mi chiamo Piccola Piuma e sono Apache. Stasera rappresento Marlon Brando, il quale mi ha chiesto di informarvi in un lungo discorso – non posso tenerlo a causa della mancanza di tempo, ma fra qualche istante lo consegnerò alla stampa – che , sebbene a malincuore non può accettare il premio che generosamente gli avete conferito. Le ragioni del suo rifiuto vanno cercate nel trattamento degli Indiani d’America da parte dell’industria cinematografica e della televisione…Vi ringrazio tutti a nome di Marlon Brando”. Non si è mai visto nulla del genere. Cabaret e il Padrino lasciano le briciole agli altri concorrenti. A sorpresa la statuetta per la colonna sonora (quella di Nino Rota per il Padrino non è totalmente inedita e non può concorrere) premia Luci della Ribalta, capolavoro crepuscolare di Charlie Chaplin, che risale al 1952 e negli Stati Uniti è stato proiettato solo quell’anno. Quanto a Il Padrino,esso diventa un monumento del cinema contemporaneo e i suoi due seguiti, Il Padrino – Parte II e Il Padrino Parte III come vedremo, amplieranno ulteriormente il respiro della storia, consegnandola al mito.
Voto 8,5 su 10