Gandhi (Id.)
Regia: Richard Attenborough; soggetto: dalla biografia Vita di Gandhi (1982) di Louis Fischer; sceneggiatura: John Briley; fotografia (Technicolor, Scope): Billy Williams, Ronnie Taylor; effetti speciali: David Hathaway; scenografia: Stuart Craig, Robert W. Laing, Michael Seirton; costumi: John Mollo, Bahnu Athaiya, Manju Rai Saraogi; colonna sonora: Ravi Shankar; montaggio: John Bloom; interpreti: Ben Kingsley (Mahatma Gandhi), Rohini Hattangady (Kasturba), Candice Bergen (Margaret Bourke-White), Edward Fox (gen. Dyer), John Gielgud (Lord Irwin), Trevor Howard (giudice Broomfield), John Mills (viceré dell’India), Ian Charleson (Charlie Andrews), Athol Fugard (gen. Smuts), Gunter Maria Halmer (Herman Kallenbach), Saeed Jaffrey (Sardar Patel), Geraldine James (Mirabehn), Roshan Seth (Pandit Nehru), Martin Sheen (Walker); produzione: Richard Attenborough per Indo-British Films; origine: Garn Bretagna-India – 1982; durata: 187′
Trama
Nuova Dehli, 30 gennaio 1948. Il Mahatma Gandhi è assassinato da tre colpi di pistola. Sudafrica, 1893: il giovane avvocato Mohandas Gandhi è allontanato in malo modo modo da uno scompartimento di prima classe perchè gli indiani sono costretti a viaggiare in terza. Un lungo viaggio attraverso l’India gli consente di familiarizzare con la miseria dei contadini. Nel 1915 traccia le linee del suo programma per migliorare la condizione della povera gente, basato sul rifiuto di collaborare con gli inglesi e la resistenza pacifica alla violenza. Nel 1919 gli inglesi, che sono stati aggrediti ad Amistar perdendo alcuni soldati, organizzano e mettono in atto una spietata rappresaglia, sparando sulla folla (379 morti, un migliaio di feriti). Gandhi guida una marcia per manifestare contro il monopolio del sale. Nonostante i mille arresti, la sollevazione continua. Gandhi lancia una campagna di disobbedienza civile e comincia il digiuno in segno di contestazione. Continuano gli atti di feroce violenza, Gandhi e la moglie sono arrestati e la donna muore in carcere. Nel 1944, dopo due anni di prigionia, il “Mahatma” (Grande Anima) viene liberato. La Gran Bretagna finalmente offre l’indipendenza all’India. Nel 1947 la nazione decide la secessione e si divide in India (di religione induista) e Pakistan (di religione mussulmana). Mesi dopo, durane un raduno di preghiera, Gandhi viene ucciso da un fanatico indù.
Una biografia contestata
Richard Attenborough, attore di un certo successo (vincitore di due Golden Globe da non protagonista negli anni ’60), passa dietro la macchina da presa e, ormai da una ventina d’anni, ha in mente di girare un film che racconti la personalità e la storia del Mahatma Gandhi, cinque volte candidato al Nobel per la Pace che ha condotto l’India all’indipendenza. I grandi studios americani nicchiano: vedono il film come la biografia di un curioso ometto dalla pelle scura, che si dedica a strane attività come filare il cotone, dubitando del fascino che la sua figura potrebbe esercitare sul pubblico. Il regista inglese non si perde d’animo, mettendosi in proprio; con l’aiuto economico di un gruppo di produttori indipendenti e grazie al contributo del governo indiano riesce a finanziare l’impresa. Resta da scegliere il protagonista: scartati nomi di grido come Alec Guinness e John Hurt, la scelta cade su un attore teatrale inglese. al suo primo ruolo cinematografico:Ben Kingsley. Nato Krishna Pandit Bhanji, da un medico indiano e da un’attrice inglese nel 1943, il nome d’arte con cui lo conosciamo è un omaggio al nonno materno, ricco mercante di spezie a Zanzibar, soprannominato The King. Il quarantenne Kingsley studia ossessivamente il suo personaggio. Si rade a zero, perde 20 chili, passa giornate intere a studiare nei filmati d’epoca la gestualità e la voce del Mahatma, impara a filare il cotone e legge i ventuno volumi della sua opera omnia, per comprenderne la dottrina. Nella foto in basso potete apprezzare lo straordinario risultato conseguito: il protagonista regge sulle proprie spalle la biografia per più di tre ore, misurandosi con caratteristi del calibro di John Gielgud, lasciando attoniti gli spettatori per la sua abilità mimetica. Sarà il fascino delle spettacolari scene di massa (in quella dei funerali vengono impiegate 350.000 comparse, record imbattuto nella storia del cinema) o il carisma degli attori, sarà la sceneggiatura misurata e astuta – molti giornalisti notano come tutti gli aspetti che avrebbero potuto turbare il pubblico occidentale siano stati espunti con cura dal copione – Gandhi espugna il botteghino, recuperando presto i 22 milioni di investimento e raggiungendo solo negli USA un incasso di 52 milioni di dollari. La serata dei Golden Globe, assegnati dalla stampa estera, si conclude con 5 premi, di cui due per lo straordinario protagonista, che vince come miglior attore e miglior debuttante. Alla notte degli Oscar Gandhi concorre con 11 nomination, una in più di Tootsie, commedia brillante diretta da Sydney Pollack, nella quale l’attore disoccupato Dustin Hoffman si traveste da donna per trovare lavoro e due in più del commovente E.T. L’extraterrestre, ultima creatura in odore di capolavoro di Steven Spielberg, manco a dirlo campione d’incassi dell’annata.
Il racconto del redattore
Questa volta il ragazzo prodigio della New Hollywood, Steven Spielberg è candidato sia per il film che per la regia e la storia dell’amicizia tra l’alieno e il piccolo Elliot avrebbe tutte le carte in regola per vincere (esalta una dote cara al pubblico americano, l’innocenza e la critica rinfodera la colt, lodandolo giustamente come il miglior film dell’anno) ma sente odore di sconfitta e il suo commento è lapidario: “La Storia pesa più dei popcorn”. I votanti dell’Academy preferiscono sentirsi nobilitati e guardano ancora con fastidio a Spielberg, considerandolo ampiamente gratificato dagli incassi. Così Gandhi si impone con 8 Oscar (miglior film,regia, sceneggiatura originale, attore protagonista, fotografia, scenografia, costumi e montaggio), lasciando a all’extraterrestre di Spielberg 4 meritati premi tecnici:sonoro, montaggio sonoro, effetti speciali – l’alieno è opera dell’italiano Carlo Rambaldi, al terzo Oscar dopo quelli vinti per Alien e King Kong – e colonna sonora, magistrale partitura del solito John Williams. Tootsie di Pollack vede ridursi 10 nomination a un solo riconoscimento per l’attrice non protagonista Jessica Lange e anche gli altri film della cinquina devono accontentarsi delle briciole; il coraggioso Missing-Scomparso del greco Costa-Gavras vince per l’adattamento della sceneggiatura (affronta il tema dei desaparecidos ed è interpretato da un magistrale Jack Lemmon, anch’egli travolto dal ciclone Kingsley). Va perfino peggio a Il verdetto di Sidney Lumet, che pure annovera nel cast un intenso Paul Newman (ancora una volta nominato invano), nella parte di un ex avvocato di successo ora alcolizzato, che si batte per la sua cliente ridotta a un vegetale da un errore medico: 5 segnalazioni che non approdano a nulla. Da ricordare, in quell’edizione degli Academy Awards, la prima vittoria come attrice protagonista di Meryl Streep per La scelta di Sophie di Alan J. Pakula. Nonostante il film sia pasticciato, sovraccaricato com’è di flashback per restare fedele al romanzo da cui è tratto e insista sulle tinte forti l’interpretazione della Streep, madre rinchiusa in un campo di concentramento che ha sacrificato la figlia pur di salvare il figlio, è eccezionale e secondo la critica “si fa fatica a credere che il polacco e il tedesco non siano le sue lingue madri”. La Streep nel 1983 riceve la definitiva consacrazione, prevalendo su colleghe come Julie Andrews (Victor Victoria di Blake Edwards) e Sissi Spacek. Alcuni tuttavia vedono in questo tour de force linguistico le avvisaglie del manierismo futuro che caratterizzerà alcuni ruoli successivi: i danesi la irrideranno ad esempio per La mia Africa, nel quale la Streep tenterà di imitare l’accento scandinavo con risultati, a loro dire, esilaranti. Non c’è Oscar senza omissione e quella più miope colpisce quest”anno Blade Runner di Ridley Scott: il cult -movie di fantascienza con Harrison Ford cacciatore di androidi è relegato a due infruttuose nomination i minori, per la scenografia e gli effetti speciali..