Il Gladiatore (Gladiator)
Regia: Ridley Scott; soggetto: David Franzoni; sceneggiatura: David Franzoni, John Logan, William Nicholson; fotografia (Technicolor): John Mathieson; scenografia: Arthur Max; costumi: Janry Yates; effetti speciali: John Nelson, Neil Corbould; colonna sonora: Hans Zimmer, Lisa Gerrard; montaggio: Pietro Scalia; interpreti: Russell Crowe (Massimo Decimo Meridio), Joaquin Phoenix (L’imperatore Commodo), Connie Nielsen (Lucilla), Oliver Reed (Proximo), Richard Harris (l’imperatore Marco Aurelio), Derek Jakobi (Gracco), Djimon Honsou (Giuba), David Schofield (Falco), John Shrapnel (Gaio), Tomas Arana (Quinto), Ralf Möller (Hagen), Spencer Treat Clark (Lucio), Tommy Flanagan (Cicerone), Sven Ole Thorsen (Tigre), Chris Kell (scriba), Nicholas McGaughey (pretoriano), Omid Djalili (mercante di schiavi), John Quinn (Valerio), Giannina Facio (moglie di Massimo), Giorgio Contarini (figlio di Massimo); produzione: Dreamworks SKG/Universal Pictures; origine: USA – 2000; durata: 155′.
Germania, 180 d. C. A Vindobona le legioni romane guidate dal generale Massimo (Crowe) sconfiggono la tribù dei Marcomanni, assicurando la vittoria all’imperatore Marco Aurelio (Harris). Quest’ultimo, ormai anziano e prossimo alla fine, chiede al condottiero di succedergli come Imperatore, escludendo così l’intrigante e dissoluto figlio Commodo (Phoenix), allo scopo di restituire potere al Senato e restaurare la Repubblica. Commodo reagisce: soffoca il padre e ordina la morte del rivale e della sua famiglia. Massimo riesce miracolosamente a fuggire. Catturato da un mercante di schiavi, è venduto a Proximo per i ludi circensi. Grazie alle sue doti di combattente, alla sua abilità affinata da anni di battaglie, il nuovo gladiatore conquista la lealtà dei suoi compagni di sventura, l’africano Giuba e il teutonico Hagen. Commodo indice i giochi, sospesi dal padre, a Roma per assicurarsi il favore del popolo, mentre trascura l’amministrazione dello stato, irritando il senatore Gracco, che invece sognava un ritorno alla Repubblica e tenta di sedurre la sorella Lucilla (Nielsen), vedova con un figlio piccolo. Ella non appena vede ricomparire Massimo all’interno dell’arena, con grande costernazione di Commodo che lo credeva morto, medita di ordire una congiura con lui e Gracco, al fine di liberarsi del fratello. Le legioni che Massimo aveva comandato sono infatti accampate fuori delle mura e al suo comando spodesterebbero con la forza l’usurpatore. La trama viene però scoperta e i pretoriani uccidono Proximo e tutti i congiurati. Gracco è arrestato e condannato a morte. Commodo, per riaffermare la propria autorità davanti ai cittadini, scende nell’arena e affronta Massimo, opportunamente malmenato e ferito a morte. Nonostante le menomazioni il Gladiatore compie la sua vendetta e uccide Commodo, per poi spirare tra le braccia di Lucilla: si ricongiungerà ai suoi cari nell’aldilà.
Il racconto del redattore: lo spettacolo e la Storia
Il nuovo millennio si apre con il rinnovamento di Hollywood. Un piano di risanamento edilizio punta a recuperare edifici storici come il Chinese Theatre, finiti in rovina. Una linea metropolitana tutta nuova, con spezzoni di vecchi film proiettati sulle banchine per i passeggeri in attesa collegherà il quartiere al centro di Los Angeles. L’Academy abbandona definitivamente teatri come il Dorothy Chandler Pavilion e lo Shrine Auditorium di Santa Monica e trasferisce la cerimonia nel nuovo e lussuoso Kodak Theatre (oggi Dolby Theatre), nel cuore di Hollywood.
Questa ventata di novità è rispecchiata parzialmente dai film in concorso. Il dualismo è il solito: spettacolo in salsa kolossal contro sporco realismo: il favorito è proprio l’ultimo nato di casa Dreamworks, Il Gladiatore di Ridley Scott, con dodici nomination. Accetta la sfida la Miramax, la quale con la solita campagna pubblicitaria martellante impone nella cinquina di finalisti il melassoso Chocolat di Lasse Hallström, film vagamente erotico con l’irresistibile vagabondo Johnny Depp che corteggia la cioccolataia Juliette Binoche, capace con le sue ricette di risvegliare le pulsioni di una tranquilla cittadina della provincia francese. Il regista Steven Soderbergh torna invece alla ribalta con ben due film: Erin Brockovich – forte come la verità e soprattutto Traffic. Il primo è un film imperniato e costruito su misura per Julia Roberts, madre single sgallettata e sboccata che convince l’avvocatucolo Albert Finney a imbarcarsi in una class action contro una società colpevole di inquinare le falde acquifere. Naturalmente vincerà e diventerà socia dello studio legale, trovando anche l’amore in un tenero e rude motociclista interpretato da Aaron Eckhart. La pimpante Julia Roberts centra con questo ruolo la tripletta Golden Globe, BAFTA Award e Oscar da migliore attrice protagonista. Il secondo film di Soderbergh in concorso, che gli permette di eguagliare il record della doppia nomination nella stessa categoria (in questo caso per la regia: era successo a Michael Curtiz nel 1938 per i film Quattro figlie e Angeli dalla faccia sporca mentre Francis Ford Coppola nel 1974 aveva ottenuto la doppia candidatura per la sceneggiatura de Il Padrino – Parte II e La conversazione) è Traffic, che contrappone al recupero del fantastico e al trionfo della tecnologia e degli effetti speciali, un consistente “effetto realtà”, trasportando lo spettatore sulla rotta del traffico di droga, tema centrale intorno al quale si intrecciano storie di personaggi molto diversi tra loro, fra i quali spicca il trentaquattrenne spagnolo Benicio Del Toro, miglior attore non protagonista dell’anno. Traffic vince anche per la regia, l’adattamento di Stephen Gaghan e il montaggio. A completare l’elenco dei nominati a miglior film La tigre e il dragone (Wo hu cang long), una co-produzione tra Cina, Taiwan e a Hong Kong che la Columbia Pictures ha affidato ad Ang Lee: il film è una fiaba picaresca, connubio riuscito tra arti marziali, duelli ed effetti speciali che sbanca il botteghino statunitense con oltre 128 milioni di dollari di’incasso, superando il record stabilito da La vita è bella di Roberto Benigni e diventando il film straniero con il maggior incasso della Storia negli USA. Le dieci segnalazioni della vigilia si riducono a quattro Oscar per la fotografia, la scenografia, la colonna sonora e il film straniero. Quattro nomination e una statuetta allo sceneggiatore e regista Cameron Crowe per il frizzante Quasi famosi, film in parte autobiografico che racconta il viaggio dell’imberbe William Miller, che segue il gruppo degli Stillwater in tour per gli Stati Uniti, tra groupies, sesso ,droga e rock n’roll. Sono molti i personaggi prelevati dalla realtà storica, spesso molto più improbabili di quelli inventati: Pollock, con uno straordinario Ed Harris consegna l’Oscar da attrice non protagonista a Marcia Gay Harden mentre Quills, la penna dello scandalo riscrive maldestramente la storia del Marchese De Sade cui presta il volto Geoffrey Rush, nominato tra i protagonisti. A loro confronto il Tom Hanks di Cast Away è molto più convincente: l’attore regge il film sulle proprie spalle egregiamente ma è costretto ad arrendersi davanti a Massimo Decimo Meridio,il gladiatore dell’australiano Russell Crowe, miglior attore protagonista. La sua serata, nonostante il premio, è tutt’altro che memorabile: la trascorre sotto la protezione della polizia, a causa del furore della stampa scandalistica che lo addita come sciupafemmine e sfascia-famiglie per aver rovinato l’immagine di fidanzata d’America di meg Ryan, la quale ha avuto con lui una relazione clandestina. Egli sfoga il proprio malumore in conferenza stampa, nella quale chiede ai giornalisti presenti di rivolgergli solo domande che prevedano risposte monosillabiche. Mastica amaro anche Ridley Scott, che pregustava l’Oscar per la regia vinto da Soderbergh ma si consola con l’alloro di miglior film per Il Gladiatore, che vince anche per i costumi, gli effetti visivi e il suono. Nuocciono al film di Scott errori e anacronismi grossolani che ne hanno fatto il bersaglio degli storici: dai combattimenti invernali delle legioni romane (che in quella stagione riposavano) alle staffe installate sulle selle, che all’epoca non esistevano, fino a topiche ridicole come la presenza di un uomo in jeans durante il combattimento in Germania e di un centurione munito di orologio da polso ben visibile. Ultima curiosità: il figlio di Massimo ucciso dai pretoriani è Giorgio Cantarini il bambino de La vita è bella, mentre la moglie è Giannina Facio, compagna del regista.