Il Cacciatore (The Deer Hunter)
Regia: Michael Cimino; soggetto: Michael Cimino,Louis Garfinkle,Quinn K. Redeker; sceneggiatura: Deric Washburn; fotografia (Technicolor, Panavision): Vilmos Zsigmond; scenografia: Ron Hobbs, Kim Swados; effetti speciali: Fred Cramer; colonna sonora: Stanley Myers; montaggio: Peter Zinner; interpreti: Robert De Niro (Michael “Mike” Vronsky), Christopher Walken (Nikanor “Nick” Chevotarevich), John Savage (Steven), Meryl Streep (Linda), John Cazale (Stan), George Dzundra (John), Chuck Aspergren (Axel), Shirley Stoler (madre di Steven), Rutanya Alda (Angela), Pierre Segui (Julien), Mady Kaplan (ragazza di Axel), Amy Wright (damigella d’onore), Mary Ann Haenel (ragazza di Stan), Richard Kuss (padre di Linda); produzione: Barry Spikings, Michael Deelei, Michael Cimino, John Peverail per Universal/Emi Films; origine: Usa-1978; durata: 183′
https://youtu.be/lzKwkDDTeFA
Trama
Clayton, Pennsylvania, c’è una comunità di origine russa. Nell’acciaieria della cittadina lavorano cinque amici. Tre di loro, Mike (De Niro), Nick (Walken) e Steven (Savage), vanno spesso insieme a caccia di cervi sui monti che circondano la città (la scena di apertura del film riprende una battuta di caccia sulle montagne). Arriva per i tre amici la chiamata alle armi: dovranno andare in Vietnam. Prima della partenza, Steven decide di sposare Angela, la sua ragazza: le nozze, celebrate secondo il rito ortodosso, sono una grande festa, cui tutti partecipano. Alla cerimonia interviene anche un reduce, appena tornato dalla guerra. I tre si informano su quello che li aspetta, ma alla domanda il soldato risponde a mezza bocca con una sola parola:”Fanculo”. Al fronte, i tre cadono prigionieri dei vietcong e vengono rinchiusi nei campi di prigionia, dove sono torturati brutalmente. Riescono a fuggire ma le loro vite cambiano per sempre. Steven, che ha perso le gambe, finisce disperato in ospedale, dove apprende che la sua novella sposa ha avuto un figlio con un altro uomo. Mike, decorato per aver massacrato i suoi aguzzini prima della fuga, torna al lavoro. Ha una relazione con la ragazza di Nick e cerca invano di riannodare per tutti i fili di vite irrimediabilmente spezzate: convince il mutilato Steven a riprendere a vivere e parte per il Vietnam, in cerca dello scomparso Nick, che ha promesso di riportare a casa. Lo trova: Nick si esibisce per denaro alla “roulette russa”, lo stesso atroce gioco cui lo sottoponevano i vietcong durante la prigionia, dalla quale è ossessionato. Mike non riesce a impedire che l’amico si suicidi sotto i suoi occhi, con l’ultimo, spietato giro del tamburo della pistola. Al funerale di Nick gli amici intonano God bless America. Mike riprende la vita quotidiana, ma la guerra ha finito col cambiare anche lui: durante una battuta di caccia rinuncia a sparare al cervo che ha sotto tiro e lo lascia fuggire (sotto la scena). La morte non è un gioco. Non più.
https://youtu.be/0r61HNjklTU
Vietnam a confronto
Davanti al Dorothy Chandler Pavilion i manifestanti, come l’anno precedente non mancano. Il bersaglio questa volta non è Vanessa Redgrave, ma Michael Cimino e in particolare Il Cacciatore, opera seconda che ha conquistato nove nomination. il motivo è che nel film di Cimino i vietcong, con cui il movimento pacifista ha finito col simpatizzare, sono dipinti come torturatori: secondo i dimostranti il film è un inno al razzismo. Nella tradizionale cinquina dei film finalisti, Cimino si confronta con un altro Vietnam, solo sfiorato dal ruffiano Tornando a Casa di Hal Ashby. Gli altri 3 concorrenti sono Una donna tutta sola di Paul Mazurky, storia di una moglie quarantenne (interpretata dalla nominata Jill Clayburgh) che scopre di non aver bisogno di un uomo per essere felice, rinascendo dopo l’abbandono da parte del marito; Fuga di Mezzanotte di Alan Parker, ben più malevolo di Cimino nel descrivere le sevizie cui sono sottoposti i prigionieri in Turchia, che vince per il rude adattamento della sceneggiatura, scritto del futuro regista Oliver Stone; Il paradiso può attendere, sforzo produttivo dell’ambizioso Warren Beatty, regista e interprete di un remake corretto che vince solo per la scenografia. Per merito anche di un’accorta campagna pubblicitaria, capace di mostrare il film a 2400 dei 2700 iscritti all’Academy, nonchè a due degli estremi del firmamento registico come Steven Spielberg e Vincente Minnelli che si dichiarano entusiasti della pellicola, tra i “due Vietnam” a trionfare è Il Cacciatore con cinque Oscar (film, regia, attore non protagonista a Cristopher Walken-Nick, suono e montaggio). Tornando a Casa di Ashby tuttavia porta a casa tre Oscar pesanti, ai due protagonisti: Jon Voight mutilato di guerra e Jane Fonda crocerossina che si innamora di lui, per i quali è costruita su misura la sceneggiatura, anch’essa premiata (per la verità la prima stesura era stata bocciata dalla Fonda, coinvolta anche come produttrice, perchè non insisteva abbastanza sulla storia d’amore, problema risolto affiancando a Nancy Dowd la vecchia volpe Waldo Salt). Jane Fonda è stata proprio una delle prime a sparare a zero su Cimino, più per calcolo che per convinzione, tacciandolo di razzismo senza vedere il suo film, ritratto sincero di una generazione tradita dalla follia della guerra.Completamente ignorato, dopo i fasti dell’edizione precedente, il Woody Allen di Interiors, che si ritaglia cinque scelte e infruttuose nomination per l’attrice protagonista Geraldine Page,la non protagonista Maureen Stapleton,la regia, la sceneggiatura e la scenografia. Miglior attrice non protagonista dell’anno è l’inglese Maggie Smith, al secondo Oscar per il movimentato California Suite di Herbert Ross.
Il commento del Redattore
A differenza di Coppola, che girerà l’anno successivo Apocalypse Now, Michael Cimino che firma il soggetto insieme con Louis Garfinkle e Quinn K. Redeker non vuole raccontare la guerra. Le scene di battaglia sono poche e il Vietnam è soprattutto quello del campo di prigionia e dell’oscuro locale in cui Nick si toglie la vita. Gli interessa filmare “l’epopera di una sconfitta”, attraverso immagini allegoriche forti (il matrimonio, la caccia,la detenzione, il duello) che trovano il loro momento più alto del funerale di Nick, dove la commozione del lutto si apre alla necessità della speranza, perfetta rappresentazione della vitalità che l’America si rifiuta di perdere, nonostante gli scandali (il Watergate), la sconfitta (il Vietnam) e le delusioni, che negli anni ’70 hanno seguito l’ottimismo sognatore del decennio precedente. Non c’è ideologia nel film, al contrario di quanto sostengono i suoi detrattori: esso è invece il ritratto sobrio,a tratti verboso ma sincero, di una nazione e di una cultura. Non è un caso che a morire sia Nick, quello che ha l’animo più gentile, mentre a sopravvivere sia Mike, maniaco del controllo in grado di dominare le proprie emozioni, quasi fino alla fine del film.
Voto: 8,5 su 10.