Violente passioni, invidie e vessazioni in una base americana di stanza alle Hawaii: un racconto antimilitarista alla vigilia dell’attacco giapponese a Pearl Harbor
Da Qui all’Eternità (From Here to Eternity)
Regia: Fred Zinneman; soggetto: dal romanzo omonimo di James Jones; sceneggiatura: Daniel Taradash; fotografia (b/n): Burnett Guffrey; scenografia: Cary O’Dell; costumi: Jean Louis; colonna sonora: George Duning; montaggio: William Lyon; interpreti: Burt Lancaster (Milton Warden), Montgomery Clift (Robert E. Lee Previtt), Deborah Kerr (Karen Holmes), Frank Sinatra (Angelo Maggio), Donna Reed (Alma Lorene), Philip Hober (Dana Holmes), Ernest Borgnine (serg. Judson), Jack Warden (Buckley), Mickey Shaughnessy (serg. Leva), Harvey Bellaver (Mazzioli); produzione: Harry Cohn per Columbia Pictures; origine: USA – 1953; durata: 118′
La Trama
Pearl Harbor, Hawaii, dicembre 1941. Il giovane soldato Robert E. Prewitt (Clift) viene trasferito nella base. Lì tutti i militari, dagli ufficiali alla truppa, hanno un unico passatempo, la boxe. Quando Prewitt, che da civile era stato un ottimo pugile, rifiuta di riprendere gli allenamenti per tornare sul ring, commilitoni e superiori cominciano a sottoporlo a continui soprusi e umiliazioni. Il ragazzo ha giurato a se stesso di non battersi mai più dopo aver ferito gravemente un caro amico durante il suo ultimo incontro. Il sergente Warden (Lancaster) capo carismatico della compagnia, prende in simpatia il nuovo arrivato, che sopporta tutto stoicamente e cerca di favorirlo. Mentre Warden ha una relazione segreta con Karen (Kerr), la moglie del comandante (Holmes), Prewitt inizia a trascorrere ogni momento libero con Lorena, una prostituta che intrattiene i soldati e fa amicizia con la recluta italo-americana Angelo Maggio. Il giovane Angelo ha un carattere forte, che lo porta a ribellarsi alle angherie cui devono sottostare i nuovi arrivati;lo trasferiscono in un campo di punizione, dove viene picchiato a morte. Prewitt, sconvolto, accoltella il colpevole, il sadico sergente “Trippa” Judson (Borgnine) ed è costretto a nascondersi. L’improvviso attacco giapponese a Pearl Harbor, però, sconvolge per sempre le loro vite.
Il Commento
Solido melodramma diretto da Fred Zinneman con lo stile essenziale che lo contraddistingue. Da qui all’Eternità è innanzitutto un film di attori, sorretti da una sceneggiatura efficace di un maestro come Daniel Taradash che intreccia sapientemente i destini dei protagonisti. Il film sfugge alle strette maglie della censura e la scena del bacio appassionato che si scambiano Deborah Kerr e Burt Lancaster sulla spiaggia, travolti dalle onde, resta negli annali della Storia del Cinema. La composizione del cast è quantomeno avventurosa: la parte della moglie insoddisfatta e adultera inizialmente doveva essere di Joan Crawford, che rifiuta il ruolo a causa di dissidi sul compenso e sui costumi, che non le piacciono. A un furioso Harry Cohn, capo della Columbia, Deborah Kerr è suggerita proprio dall’agente della Crawford, trovando favorevoli il regista e lo sceneggiatore. La stessa parte dell’italo-americano Maggio premiata con l’Oscar è affidata a Frank Sinatra, che all’epoca naviga in cattive acque. Si racconta che la celebre scena de Il Padrino nella quale un produttore cinematografico trova nel letto la testa mozzata del suo cavallo preferito, sia ispirata alle pressioni mafiose esercitate sulla produzione affinché la parte fosse affidata a The Voice. Zinneman e Cohn non confermano questa versione ma la voce contribuisce ad accrescere l’aura di mistero intorno al film. Grazie all’Oscar, Frank Sinatra rilancia la propria carriera di attore, oltre che di cantante. Il successo al botteghino è assicurato, con buona pace dei mugugni delle autorità militari, cui gli episodi violenti e il nonnismo nelle basi militari, descritti minuziosamente dal regista, non vanno giù. L’ Academy insignìsce la pellicola di 8 Oscar su 13 candidature:solo Via col Vento fino ad allora ha vinto tanto. Oltre a Sinatra miglior attore non protagonista Da qui all’Eternità conquista le statuette per il miglior film, la regia, la sceneggiatura, l’attrice non protagonista (Donna Reed prostituta dal cuore d’oro), la fotografia, il montaggio e il sonoro. Solo nominata Deborah Kerr, alla prima di sei infruttuose segnalazioni.
Da qui all’Eternità è un classico,un po’ invecchiato forse, che però non ha perso negli anni la sua tragica potenza: merito soprattutto dell’intensità degli interpreti, tutti perfettamente in parte. Zinneman, dopo Mezzogiorno di Fuoco realizza un altro capolavoro, che gli vale il primo Oscar alla regia della carriera (il secondo lo vincerà a 13 anni di distanza con Un uomo per tutte le stagioni), dimostrandosi cineasta d’eccezione.
Voto 7,5 su 10