Esce il nuovo film di Xavier Giannoli, un’indagine tra sacro e profano, sostanza e apparenza, verità e manipolazione. Dopo Marguerite, una nuova sfida al senso comune.
E’ appena uscito L’apparizione, nuovo film di Xavier Giannoli regista francese più noto con Marguerite, una commedia eccentrica e surreale che nel 2016 si è aggiudicata ben quattro premi César per migliore attrice, miglior scenografia, migliori costumi e miglior sonoro.
Questa volta il regista cambia registro e passa dalla “voce impossibile” di Marguerite, che crede a tal punto nella lirica da cantare seppure stonata e senza voce, in un vortice al limite del credibile e di sconcertante ilarità, ad un “affair impossible”, una indagine delicata e controversa sul caso di una (im)probabile apparizione.
In uno sperduto villaggio delle Alpi Francesi (che rimanda forse all’immaginario di Lourdes), Anna (Galatea Bellugi, co-protagonista di Il ragazzo invisibile: Seconda generazione) giovane novizia, afferma di aver visto la Vergine Maria. Il Parroco le crede. Le voci girano. I pellegrini accorrono a migliaia. Ma il Vaticano dubita e recluta un reporter, ex inviato di guerra, per avviare un’indagine. Da qui parte il film di Xavier, sempre pronto a stupire, provocare, suscitare nell’animo dello spettatore più domande che risposte.
Jacques Mayano (Vincent Lindon) estraneo alla religione e al mondo del clero, accetta incuriosito. In virtù del suo scetticismo congenito sarà sicuramente idoneo allo scopo. Pronto a smascherare trucchi e infingimenti, si muove come un segugio esperto tra le mine, in cerca di verità. Agnostico, dovrà confrontarsi con la propria indole, la sua non-fede e capire se il Divino si stia davvero manifestando e perché.
In un proliferare di ribaltamenti, districandosi fra visioni, misteri, dicerie e sedicenti manipolazioni, come un guerriero ben addestrato, dovrà sfidare sé stesso per sopravvivere alle imboscate della mente e ai dubbi del cuore.
“Perché io riesca a scrivere un film, devo cominciare dicendo a me stesso «Nessuno ci crederà». Ed è questo dubbio fondamentale che mi porta a condurre delle indagini sempre più lunghe e a utilizzare tutte le risorse cinematografiche per dotare il racconto di una «realtà». Durante le riprese, pensavo spesso agli scettici… e speravo che il rigore della mia inchiesta li avrebbe persuasi a seguire il mio personaggio e a smarrirsi insieme a lui…”.
Cosi si esprime il regista. In effetti il film conduce allo smarrimento in cerca del fatidico filo rosso che lega persone e avvenimenti e spiega con sguardo umano (e logica divina?) come rapportarsi al mistero.
Mentre Marguerite crede nell’impossibile, qui al contrario il protagonista si proietta nelle mille possibilità di un reale al confine dell’immaginario, nel labirinto della mente umana, per celebrare il desiderio di verità. Come in alto, cosi in basso. Dagli acuti ingloriosi di Marguerite alla caduta dentro l’oscurità interiore, in cerca di un volto, di una chiave al mistero.
Nel dialogo acceso fra Jacques e il Parroco si delinea tutta la tensione di una cerca umana e non solo, fuori dalla tradizione e dai luoghi comuni.
“Io penso che Lei sia pericoloso … “ è il grido scettico misto a timore del reporter, che vuole smascherare il colpevole alias chi potrebbe manipolare menti e coscienze solo per interesse.
“Io penso che Lei sia vuoto…” è la reazione di sgomento del sacerdote che assiste ad un viver moderno in cui non credere a nulla è il nuovo leit motiv, quasi una nuova forma di pregiudizio.
“Una povera ragazza incapace di affrontare la vita, il liceo, gli altri… è cosi? … Devo saper se posso credere a quella ragazzina o no!”. Ecco l’urlo di un uomo che vuole aprirsi al mistero, ma non riesce a credere senza prove né certezze.
Chi vincerà la sfida? Dove ci condurrà questa indagine insolita fra sacro e profano? Al di là di schemi e convenzioni, sono sicura che Xavier ancora una volta ci farà trasalire e ci meraviglierà.