Povertà e ingegno, innocenza e ribellione. Lila e Lenù, due facce della stessa medaglia, le amiche inseparabili create dalla penna di Elena Ferrante
Nella Napoli del dopoguerra, della vita in un “rione”, in bilico tra il chiacchiericcio sommesso di tutti che conoscono tutti ed il fascino della grande città, pulsante di novità, di cultura, di opportunità, Lenù e Lila hanno conquistato il pubblico di mezzo mondo, prendendo vita dal meraviglioso racconto omonimo di Elena Ferrante. Sulle gambe, dapprima di Elisa Del Genio e Ludovica Nasti e poi di Margherita Mazzucco e Gaia Girace, Elena Greco e Raffaella Cerullo hanno preso vita, sono diventate adolescenti e poi donne.
Elena, detta Lenù, e Raffaella, detta Lila, sono amiche inseparabili fin dall’infanzia. Sono nate e vivono nello stesso quartiere, vanno a scuola insieme, condividono la passione per i libri e la conoscenza, ma sono tanto simili quanto diverse. E le differenze si acuiscono con il trascorrere degli anni. Lila è dotata di una naturale propensione per l’apprendimento, Lenù invece ha una propensione per lo studio. Lila impara senza sforzo ed è brillante, creativa e intuitiva, Lenù impiega tutte le proprie forze per studiare con profitto ed è più accademica, legata agli schemi dell’insegnamento dai quali non spazia più di tanto. Lila è costretta dalla povertà della sua famiglia e dall’arretratezza intellettuale del padre, a fermare la propria istruzione alla scuola media, a lavorare nella bottega di famiglia e a studiare da autodidatta e in segreto, Lenù, inconsciamente competitiva e supportata dall’orgoglio di suo padre e da una situazione economica più serena, è la migliore studentessa del ginnasio, che ne assorbe tutte le energie e tutto il tempo libero. Lila, mora e con gli occhi scuri e fieri, assume presto le fattezze di una donna e attira gli sguardi e le attenzioni di tutti i ragazzi del rione, Lenù, bionda, pallida e con gli occhi chiari, ha una maturazione fisica tardiva, lotta con l’acne e fatica a piacersi. Lila è contesa tra i due criminali rivali della zona, ma è forte e ribelle e non accetta che le impongano chi sposare, senza lasciarsi intimidire dalle minacce di uno dei giovani pretendenti, accetta di sposare il suo rivale con l’intento di lanciare la famiglia in un innovativo progetto imprenditoriale che potrebbe cambiarle vita, Lenù è fragile, obbediente e introversa e a seguito di una violenza, confonde passione e sentimento legandosi ad un ragazzo che l’ama senza essere ricambiato. Lila e Lenù, Yin e Yang, unite dal principio all’imprevedibile e crudele finale.
L’intera vicenda è narrata da Elena, con la voce posata e cadenzata di Alba Rohrwacher e fa parte di una storia più grande e complessa che, ahimè, potremo continuare a seguire solo pazientando un po’ oppure attraverso la lettura degli altri tre romanzi della Ferrante Storia del nuovo cognome, Storia di chi fugge e di chi resta, Storia della bambina perduta che completano e chiudono la quadrilogia de L’amica geniale.
In Italia gli episodi della serie prodotta con Rai Fiction, TIMVISION, Wildside e Fandango (otto, suddivisi in quattro serate) sono stati trasmessi da Rai 1 a partire dal 27 novembre 2018, mentre negli USA la HBO ha iniziato la messa in onda dal 18 novembre con il titolo My Brilliant Friend. Nonostante le critiche, che francamente condivido, relative alla censura di due piccole (ma non per questo poco importanti) scene presenti nel sesto e nell’ottavo episodio, la serie ha riscosso un meritatissimo successo tanto in Italia, quanto oltreoceano dove hanno espressamente voluto che le puntate, recitate principalmente in napoletano, non fossero doppiate, ma trasmesse sottotitolate.
Ciò che ho maggiormente apprezzato nel corso della visione, è stata la fotografia ad opera di Fabio Cianchetti, già direttore della fotografia di The Dreamers, La tigre e la neve e La solitudine dei numeri primi. Le immagini danno vita alla vicenda e comunicano sensazioni ed emozioni nascoste tra le righe della sceneggiatura, andando oltre i dialoghi espressi. Riconosco nell’ambientazione e nei luoghi la Napoli che fu e non posso che lodare la precisione storica e l’onestà narrativa. Era da tempo che la televisione italiana mancava di un lavoro così accurato e ben fatto!