Il 6 ottobre, La vita è una danza, di Cédric Klapisch (regista di L’appartamento spagnolo e della serie Netflix Chiami il mio agente!) è in arrivo al cinema grazie a BIM Distribuzione.
Sinossi La vita è una danza
Elise è la prima ballerina dell’Opéra di Parigi Marion Barbeau, ha ventisei anni e crede fortemente nella sua passione: la danza.
Dopo aver scoperto il tradimento del suo fidanzato, cade rovinosamente in palcoscenico ed è costretta a mettere in pausa la sua carriera per due anni.
Sentendosi tradita dal suo corpo e dal suo compagno, decide di voltare pagina e seguire l’amica e il suo compagno, cuochi itineranti, in Bretagna. Insieme preparano i pasti per una maison di artisti che ospita per una stagione un coreografo israeliano (Hofesh Shechter) e la sua compagnia.
Per Elise inizierà una nuova vita, diversa da quella alla quale era abituata.
“Fagocitati da storie di gelosia e rivalità, nevrosi e rapporti psicotici dell’interprete col proprio ruolo, i ‘film di danza’ dimenticano sovente di raccontare la passione, l’amore per l’arte o la felicità inaudita che deriva dal controllare un gesto e un corpo che si fa veicolo di emozioni.”
Cédric Klapisch pone lo spettatore in una posizione attiva fin dai primi momenti del film. La vita è una danza, traduzione disneyana del titolo originale e lacaniano (En corps), alterna scene di palco e quinte, conducendo direttamente alla protagonista senza parole o elementi drammatici.
Con un gioco di inquadrature oblique e figure tagliate, riesce a rendere la struttura d’insieme dello spazio più dinamica. Catturando la ballerina in volo, un attimo dopo ci fa vedere la sua caduta nella disperazione, soffermandosi sul corpo di Elise spezzato e la sua caviglia rotta.
Da quel momento, il film fugge dal palcoscenico per rifugiarsi in un paesaggio rurale e orizzontale.
Klapisch si sofferma sul processo di ricostruzione e il passaggio tra due mondi diversi: la danza classica e quella contemporanea che, per alcuni, sono inconciliabili.
Rinnovando il suo amore per la danza, rivelato nei suoi documentari (Aurélie Dupont, l’espace d’un instant, Dire Merci), l’autore l’affida alla fiction rendendo onore alla bellezza e all’utilità dell’arte.
La vita è una danza, tratta la danza senza il filtro della competizione (come siamo abituati a vedere), ma attraverso il piacere di chi la pratica, una vocazione piuttosto che un tormento.
L’incidente di Elise non si sofferma sulla possibilità o meno di esercitare di nuovo la propria arte, ma di riprenderla e ricostruire una nuova vita.