La storia della famiglia Samouni, vittima della strage dell’esercito israeliano del 2018 – 2019 nella striscia di Gaza, diventa un film di animazione partendo dalle testimonianze dei sopravvissuti.
È attraverso le sequenze documentarie dei sopravvissuti e l’animazione che ricostruisce i fatti accaduti all’epoca, opera del disegnatore Simone Massi, che il regista, Stefano Savona racconta questa storia.
Il regista palermitano rimane lucido, non si lascia sopraffare dall’indignazione che verrebbe istintiva: mostra con la stessa obiettività la crudeltà inaudita dei soldati che infieriscono contro civili indifesi e l’ipocrisia dei fondamentalisti di Hamas che cercano di sfruttare il massacro della famiglia Samouni per trasformarli in una sorta di martiri della jihad. Di fronte a questa doppia disumanità c’è la festa di matrimonio che è una luce in fondo al tunnel, quasi una ostentazione di speranza per la vita che continua anche per coloro che hanno perso tutto e che continuano a non avere diritti.
Forse il modo migliore di raccontare una storia, che ci sembra lo stesso modo col quale Alessio Cremonini ha raccontato la storia di Stefano Cucchi con Sulla mia pelle, è questo: non lasciarsi trascinare dai propri sentimenti e raccontare le cose così come sono andate; sarà lo spettatore a tirare le conclusioni. E se la storia è raccontata bene, saranno le conclusioni giuste.