Coordinati dal professor Stefano Incerti, gli studenti del corso di cinema dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli realizzano il loro primo lungometraggio
Tre studenti, delusi dalla totale assenza di valori nel loro mondo, guardano con nostalgia agli intellettuali del ’68. Così, decidono di chiudersi in un appartamento privo di ogni congegno tecnologico.
Così inizia La rivoluzione, realizzato da oltre 60 studenti del corso di cinema all’Accademia di Napoli. Sotto la guida del professor Incerti, hanno ideato e scritto la sceneggiatura, recitato, ripreso e montato il loro primo film.
Probabilmente le possibilità di vedere il film finito saranno scarse o addirittura nulle, ma è interessante, innanzitutto, venire a conoscere il lavoro che riesce a svolgere l’Accademia napoletana, ma, soprattutto, l’immaginario degli studenti.
Un film, come un romanzo o una canzone è un modo di esprimere la propria opinione. Poi, col mestiere, si riesce fare e dire di tutto, ma quando si è giovani si ha l’urgenza di dire quello che si pensa.
Nel nostro caso gli studenti del corso di cinema stanno dicendo molto chiaramente che il mondo che li circonda non li soddisfa affatto. Cosa succeda dopo non lo sappiamo. La trama si può sviluppare con situazioni comiche. Con la frustrazione: vivere oggi come 50 anni fa è quasi impossibile e provarci può portare a delusioni ancora più grandi. Con la rivalutazione del mondo attuale. Qualsiasi sia l’esito, il messaggio iniziale è chiarissimo: questo mondo non mi piace.
Allora cerchiamo di scoprire perché il mondo 50 anni fa era o pareva meglio.
Inutile stare a disquisire su cosa fosse il ’68; oltretutto quest’anno ricorre il cinquantenario e, con i media che abbiamo a disposizione, è stato analizzato in mille modi diversi. Avendo, dunque, un’immagine abbastanza chiara di cosa fosse il ’68, ci sembra altrettanto chiaro da cosa nasca il mito di quegli anni: allora c’era la certezza di poter far diventare il mondo qualcosa di migliore e si intravedeva un futuro felice. Oggi c’è la certezza dell’esatto contrario: qualsiasi cosa si faccia non servirà a nulla e il futuro, se va bene, è incerto.
Quest’opera di propaganda al nichilismo è nata quando la parola “ideali” è stata sostituita da “ideologie”, che faceva intendere che gli ideali sono una cosa sbagliata. Da lì in poi è stata tutta una discesa che ha sostituito, una per volta, tutte le cose che danno piacere a un essere senziente. Di pochi anni fa è la battuta di un nostro presidente del consiglio, Monti, nella fattispecie: “La cultura non si mangia.” Come si fa a non detestare un mondo così?