La colonna sonora di Easy rider: rock e psichedelia per raccontare la cultura hippy
Easy rider è un film del 1969 diretto e interpretato da Dennis Hopper, con Peter Fonda (Wyatt “Capitan America”) e Jack Nicholson (George Hanson). Narra il viaggio attraverso gli Stati Uniti di due motociclisti.
Il film ha una grandissima rilevanza storico-sociale perché è l’icona della vita “on the road” dei motociclisti dell’epoca, ma soprattutto perchè si inserisce nel contesto culturale di controtendenza del ’68 ed è uno spaccato crudissimo dell’intolleranza e del bigottismo americano di quegli anni che si sublima nel tragico finale. Inoltre, le modifiche volute da Fonda per la moto usata nel film passeranno alla storia del motociclismo, creando il concetto di chopper moderno.
Anche dal punto di vista prettamente cinematografico è un film di rilevanza assoluta. Da molti è considerato il road movie per eccellenza ed è indubbiamente il film su due ruote più celebre in assoluto. Poi questo film ha il merito di aver fatto cambiare idea a Jack Nicholson che voleva abbandonare la carriera di attore per fare il regista.
E’ anche il primo film in cui i protagonisti fumano tranquillamente marijuana senza poi commettere atti criminali. Gli attori fumano realmente sul set, e nella scena in cui Jack Nicholson dice “con tutti gli strati sociali” e ride, la risata è dovuta al fatto che era sotto l’effetto della marijuana (nella versione originale la frase risulta quasi uno scioglilingua).
Ma gli ideali di libertà ed anticonformismo sono ben espressi anche da una magnifica colonna sonora, canto del “nati per essere selvaggi”, che racconta nota dopo nota le atmosfere di quell’era psichedelica e delle pulsioni giovanili che miravano a un cambiamento radicale del mondo con una spensieratezza rivoluzionaria. Secondo alcune fonti, inizialmente Hopper aveva selezionato questi brani per il film, semplicemente perché erano i suoi brani preferiti tra quelli trasmessi alla radio in quell’epoca. Successivamente propose al gruppo Crosby, Stills, Nash & Young di scrivere le musiche appositamente per la pellicola, ma poi preferì tornare sui suoi passi, spinto anche dalla produzione.
Non possiamo definire la colonna sonora di Easy rider una semplice raccolta di brani, perché questi sono sorprendentemente connessi al film come fossero stati scritti apposta: ogni canzone parla esattamente della stessa cosa che racconta la scena in cui è inserita. La stessa visione degli splendidi paesaggi e panorami americani è una tela bianca che assume i colori del brano che l’accompagna; ecco perché in questo film la musica è una vera e propria protagonista.
Steppenwolf – The pusher
La canzone di apertura del film. Il significato è oltremodo chiaro, ma attenzione, la canzone non è certo un inno a tutti gli spacciatori. Quello che dice è ben chiaro su coloro che propongono droghe pesanti, il pusher è “un mostro a cui non importa se vivi o muori”.
Su quelle leggere invece…beh, erano gli anni ’60…
Steppenwolf – Born to be wild
https://www.youtube.com/watch?v=mAxYA381dB8
Siamo di fronte al brano simbolo di tutto: del film, della soundtrack, del viaggio, della libertà! Indivisibile dall’immaginario associato ai motociclisti, è una moto che sfreccia sulle highway americane, incurante del punto di arrivo finale, perché si sa: è il viaggio la cosa più importante.
Smith – The weight
https://www.youtube.com/watch?v=jq-A15Cpr-8
La canzone è in realtà dei The Band, ma all’epoca la Capitol Records non rilasciò i diritti d’uso per il film, così venne usata la cover degli Smith, una rock band californiana che già aveva un ottimo successo con un’altra cover: Baby it’s you di Burt Bacharach.
Il brano è di per sé un simbolo degli anni ’60, parte di un album eccezionale quale è Music from Big Pink e tra le prime 50 migliori canzoni della storia secondo Rolling Stone.
The Jimi Hendrix experience – If 6 was 9
Con il suo primissimo gruppo, la chitarra di Jimi Hendrix irrompe come un tuono nel viaggio dei due protagonisti del film. Anche qui, si abbraccia il tema della controcultura degli anni ’60, del “lasciami vivere la mia vita come voglio”, dello scontro tra la libertà hippy e la composta auto-prigionia dei colletti bianchi.