Le colonne sonore dei film di Dario Argento: musica da paura!
Partiamo da una premessa: io sono un super fifone, ho visto pochissimi horror. Ma ci sono colonne sonore così mitiche che non c’è bisogno di aver visto il film per conoscerle, musiche che vivono decenni dopo l’uscita del film, entrate ormai nel bagaglio culturale (perché il cinema e la musica sono cultura, non dimentichiamolo mai) di ognuno di noi.
Oggi ripercorriamo le gesta dell’incontrastato re del brivido, Dario Argento, un vero innovatore del genere thriller e horror, sia per quanto riguarda lo stile, sia per la nuove e sperimentali tecniche da lui usate, e soprattutto, l’argomento che più ci riguarda da vicino, per come ha saputo elevare la musica a vera e propria protagonista di alcune sue pellicole.
Se infatti nei primi suoi film la colonne sonore servivano ad accompagnare le scene, dando un ulteriore contributo alle atmosfere cupe ed alla suspance delle trame, nel suo periodo di massimo splendore artistico (che va dal 1975 al 1987), le musiche dei suoi lavori hanno assunto un ruolo sempre più predominante nell’intero contesto, venendo ricordate ancora oggi come veri e propri classici del genere che oltrepassato i confini cinematografici.
Dicevamo degli inizi, è ormai un cult la famosa “trilogia degli animali”, chiamata così perché nei titoli dei suoi primi tre film Argento ha incluso il nome di un animale: L’uccello dalle piume di cristallo, Il gatto a nove code e Quattro mosche di velluto grigio, usciti tra il 1970 ed il 1971. Sono le pellicole che hanno fatto conoscere al grande pubblico l’allora giovane regista romano, che fin da subito si distinse per aver reinventato questo genere. Tutte e tre le pellicole hanno le caratteristiche del giallo classico, ma con degli elementi nuovi, sia dal punto di vista visivo che da quello narrativo, che fecero apprezzare il suo autore anche all’estero. Compositore di tutte e tre le colonne sonore fu addirittura il grande maestro Ennio Morricone, abilissimo come sempre a donare il suo tocco anche in un genere che non lo ha reso famoso. Nei primi film le musiche servivano per accompagnare le scene ed enfatizzarne i momenti topici, ma rimanevano sempre in secondo piano, tanto è vero che quasi nessuno si ricorda più i temi principali.

Dopo una parentesi dedicata al cinema storico con Le cinque giornate di Milano, Argento ritorna al suo genere preferito girando nel 1975 quello che è universalmente considerato il suo capolavoro: Profondo rosso. Questo film segna nettamente il distacco dal giallo classico per approdare ad atmosfere più da incubo e a delitti sempre più efferati, offrendo soluzioni visive sempre più crude ed innovative (un marchio di fabbrica “argentiano”, che contraddistingue quasi tutti i suoi film, è la soggettiva dell’assassino). E’ proprio da questo film che la musica inizia a diventare protagonista quanto i personaggi stessi. Inizialmente affidò la composizione della colonna sonora al pianista jazz Giorgio Gaslini che scrisse alcuni temi, ma la prima stesura non soddisfò Argento che la definì “semplicemente orrenda” (che magari, detto da lui, è quasi un complimento): voleva un tema conduttore facilmente riconoscibile, che colpisse lo spettatore come un pugno nello stomaco. In realtà il regista voleva inizialmente i Pink Floyd, ma il gruppo declinò l’invito perché troppo impegnato nella creazione dell’album Wish you were here. Argento virò allora su band comunque celebri all’epoca, come Emerson Lake & Palmer o i Deep Purple ma i costi proibitivi lo spinsero ad invertire la rotta e virare su giovani musicisti con la voglia di emergere, conoscendo così gli sconosciuti Goblin, giovani romani ricchi di talento. Lavorando alla colonna sonora del film i Goblin portarono le nuove sonorità provenienti dal rock progressivo, donando alle scene principali ulteriore inquietudine, angoscia e terrore allo stato puro. Il celebre ed inquietante tema nacque tutto in una notte e divenne la musica del terrore per antonomasia, il disco vendette migliaia di copie. Non va dimenticata neppure la nenia infantile, che preannunciava i delitti dell’assassino, quest’ultima composta da Gaslini.
Ma se Profondo rosso diede grande fama ad Argento anche all’estero, il film che fuori dall’Italia gli ha dato più successo, facendogli assegnare il titolo di maestro dell’horror, è stato quello successivo, Suspiria, girato nel 1976. In questa occasione affidò nuovamente la composizione della colonna sonora ai Goblin, che diedero il meglio di loro stessi non solo nell’incalzante ed ossessivo tema principale, ma anche in tutto lo score. Il motivo principale del film è stato realizzato con un bouzouki acquistato personalmente dal regista, un particolare modello di mandolino di origine ellenica dal ritmo particolarmente incalzante e dai suoni particolarmente profondi. Le percussioni che accompagnano i punti più tesi del film sono invece strumenti africani. L’inquietante voce solista è dello stesso leader dei Goblin, Claudio Simonetti: quest’ultimo sussurra ansimante alternando la melodia con molte parole che egli definisce “senza senso”. A causa di tali caratteristiche (all’epoca vere e proprie innovazioni nel modo di comporre soprattutto in Italia), oltre ad essere la colonna sonora più paurosa della band, è anche quella più sperimentale.
Nel 1980 la “trilogia delle madri” proseguì con Inferno, ambientato a Roma e a New York. Argento ormai è un regista affermato in campo internazionale e le sue produzioni, pur essendo italiane, si avvalgono di molti attori stranieri e sono girati tutti in lingua inglese per una migliore distribuzione. Per quest’altro film horror, che è la prosecuzione ideale di Suspiria, in quanto incentrato sulla seconda delle tre madri degli inferi, si avvalse delle musiche di un altro grande esponente del rock progressivo, un altro innovatore per quanto riguarda l’uso delle tastiere, e cioè il grande Keith Emerson: Emerson scrisse una soundtrack molto cupa ma con toni a volte epici e cori in latino, in più realizzò anche una versione post-moderna del Va pensiero. Due anni più tardi ci fu il ritorno al thriller con Tenebre, e con esso il ritorno alle musiche dei Goblin, che non seppero però eguagliare artisticamente le composizioni precedenti. Simonetti e soci si rifecero però tre anni dopo, con Phenomena, un horror ambientato in un collegio svizzero, la cui colonna sonora ha avuto anche un discreto successo di vendite, grazie ai Goblin piuttosto ispirati per l’occasione e grazie anche all’apporto di alcune band di heavy metal che Argento invitò per l’occasione, quali Iron Maiden, Motorhead e Andi Sex Gang. Compose un brano molto suggestivo anche Bill Wyman, all’epoca bassista dei Rolling Stones. L’alternanza tra lo score originale affidato a Claudio Simonetti ed alcune canzoni in appannaggio a gruppi rock proseguì nel 1987 con Opera, un thriller ambientato nel mondo della musica lirica (si riferiva alla leggenda della maledizione del Machbeth). In questa occasione però Argento ingaggiò gruppi di minor richiamo rispetto alla precedente pellicola e le vendite della soundtrack, che comunque è sempre di livello molto buono, ne risentirono.
Gli Anni ‘90 segnarono il ritorno al giallo classico e l’esordio della figlia Asia in Trauma. Inizialmente per questo film il regista propose per le musiche sempre i Goblin, ma la produzione americana spinse per un compositore più conosciuto negli States come Pino Donaggio, autore di fiducia di tutti le musiche dei gialli di Brian De Palma.

La carriera di Dario Argento naturalmente prosegue alla grande con capolavori come La sindrome di Stendhal e la sua personalissima versione de Il fantasma dell’opera. In questi film egli tornò ad avvalersi della collaborazione di Ennio Morricone, ritornando alla funzione originaria del semplice accompagnamento musicale delle scene, per dar maggior risalto agli elementi della trama. Negli anni 2000 abbiamo la conclusione della trilogia delle madri, con il ritorno dei Goblin, ed altre pellicole di minor successo tra le quali il suo Dracula, in cui per la prima volta si cimenta con la tecnica del 3D.
Ricordo che avevo una cassetta (ehm… sì, proprio una musicassetta) intitolata “Simonetti Horror Project” che adoravo!! Certe musiche non si scordano proprio…
Ah le musicassette…comunque è vero, alcune musiche ti restano dentro. In particolare molte colonne sonore del passato fanno ormai parte della storia della musica, non solo circoscritta al cinema.
Mi stai facendo venire in mente altri possibili articoli…