“Il mio lavoro è costruire delle finestre dove prima vi erano solo dei muri”. Queste parole di Michel Foucault, ben si addicono al nuovo progetto del fotografo e artista francese JR. Un documentario dal titolo Tehachapi, dove i detenuti – attuali o passati – del penitenziario di massima sicurezza di Tehachapi, in California, collaborano con il regista per trasformare il cortile della prigione in un’opera d’arte potente, seppur temporanea.
Ma riavvolgiamo il nastro per comprendere l’origine del documentario presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2023. Queste le parole di JR, durante la presentazione: “L’arte può cambiare la prospettiva che abbiamo sul mondo. E se lo fai, puoi davvero cambiare il mondo. Sembra impossibile, ma in realtà è fattibile. Basta cambiare il modo in cui le persone guardano il mondo e molte cose cambieranno”.
Lo street artist francese ha realizzato un imponente murale nella prigione di Tehachapi nel 2019. L’opera riporta i volti e le storie di molti detenuti del carcere, celando un messaggio rivolto al mondo intero: “L’arte può cambiare il mondo?”. È questa la domanda che sta portando l’artista in vari paesi alla ricerca di luoghi dove realizzare i suoi murales e suscitare reazioni.
In un’intervista del 2022, JR dichiarava: Le persone vengono a collaborare a collage partecipati. Quando se ne vanno, non sono orgogliosi dell’opera, ma piuttosto degli incontri che sono riusciti ad avere nel corso del processo artistico. Per me, l’opera è il processo del fare l’opera. Il carcere è un posto tagliato fuori dal mondo, da qualunque scambio con l’esterno, perfino all’interno, i rapporti tra guardie e carcerati sono molto complicati.
La nascita del documentario
L’artista racconta di aver avuto il permesso di entrare nel carcere portando con sé il telefonino. Quando ne è uscito, aveva l’idea di realizzare un’opera d’arte con i detenuti, coinvolgendo le guardie, ma anche le vittime. “Farli parlare tutti insieme in un medesimo affresco e registrare i racconti di ciascuna delle persone. Una volta sul posto, mi sono reso conto che il mio telefono era un collegamento straordinario per portare all’esterno il progetto”.
Ha poi dichiarato: “La comunicazione, in un posto come questo, non esiste. I social, quindi, sono stati parte integrante del progetto nella misura in cui potevo condividere online le discussioni e i dialoghi che avevo avuto con i detenuti. È stato istintivo farlo. Grazie a questo progetto dentro Tehachapi, il cento per cento dei detenuti coinvolti è stato trasferito in prigioni di minor sicurezza – livello 2 o 3 – e un terzo di loro è stato scarcerato, per la semplice ragione che l’arte ha messo in evidenza il fatto che erano cambiati”.
Sul suo profilo Instagram JR racconta: “Mi è stato chiesto di non avvicinare troppo i ragazzi perché non sono a loro agio con le interazioni, ma quando sono entrato, non ho potuto evitare di guardarli negli occhi, di stringergli la mano, di presentarmi e chiedere i loro nomi. Solo perché è quello che fanno gli umani. Sono stati incredibilmente grati per questo”. L’impasto di 338 strisce di carta è stato completato in poche ore grazie all’aiuto di tutti i partecipanti al progetto, e di altri detenuti e personale, che hanno lavorato insieme al team di JR.
Con quest’opera lo street artist ci fa pensare: “Può un essere umano cambiare?”, e ci invita a riflettere bene prima di rispondere, pensando “Io sono cambiato? Ho commesso errori, mi sono scusato e ho fatto ammenda? Se l’ho fatto, perché loro non dovrebbero riuscirci?”. E tu, ti sei mai posto questo quesito?