“Mi sembra oggi di rivivere gli anni Trenta, quando la gente mormorava per strada: ‘Hey, dopo la Prima Guerra Mondiale non commetteremo più gli stessi errori. Il mondo sarà un posto migliore’. Un’illusione. Sta succedendo di nuovo. L’ignoranza e l’arroganza sono un grosso difetto del genere umano. Azzerano la nostra memoria. Ecco perché è importante mettere in circolo esempi come Jojo. Dobbiamo trovare un modo nuovo e immaginifico di reagire e raccontare la storia con S maiuscola. E farci ascoltare dalle giovani generazioni“.
Queste le parole del regista per presentare il suo ultimo film, Jojo Rabbit, la storia di un bambino di dieci anni nella Germania nazista (interpretato da Roman Griffin Davis), talmente entusiasta della figura di Hitler da averlo come amico immaginario. Quando scopre che la madre, interpretata da Scarlett Johansson, nasconde una ragazza ebrea tutte le sue certezze cominciano a frantumarsi e capisce cosa vuol dire veramente essere nazisti. Un bravo ragazzo, se si pensa che ai tempi del nazismo, in realtà, ci sono stati figli che hanno denunciato i genitori per molto meno.
Di nuovo Hitler al cinema e, come è successo molte altre volte, a partire dal Grande dittatore, in chiave farsesca. A interpretarlo è lo stesso regista, noto soprattutto per aver diretto gli ultimi due film della trilogia di Thor. Rimane il solito quesito: è giusto riproporre momenti drammatici della nostra storia in chiave comica? Direi di sì; l’illustre precedente di Chaplin dimostra che mettere in ridicolo i cattivi fa capire che non sono solo cattivi, ma anche insensati. Soprattutto quando ci si deve rivolgere ai giovanissimi, ed è ovvio che un ragazzino che vede il film si immedesimi in Jojo. Un po’ come Jojo, oggi, sono i giovanissimi a essere attratti dall’estrema destra, a quanto pare non solo in Italia, ma anche agli antipodi. Questa è una cosa molto brutta e pericolosa, come è stata pericolosa nella prima metà del secolo scorso; quindi sarà bene andare a vedere Jojo Rabbit, ma non fermarsi qui.