Sarebbe riduttivo considerare Jack Nicholson un semplice attore: Nicholson, 88 candeline spente quest’anno, è un’icona a tutto tondo che ha saputo incarnare più di un’epoca. Con tre Oscar vinti e dodici candidature complessive, Nicholson è entrato nella storia come uno degli interpreti più premiati e rispettati di sempre.
Le origini e i primi ruoli
John Joseph Nicholson nacque il 22 aprile 1937 a Neptune City, nel New Jersey, in una famiglia dalle vicende complesse. Il piccolo Jack crebbe credendo che la donna che lo accudisce fosse sua mamma. La verità gli verrà rivelata soltanto molti anni dopo, nel 1974, da un giornalista del Time: colei che Nicholson considerava sua madre era in realtà sua nonna, mentre sua “sorella” June Nicholson era la vera madre.

Dopo essersi trasferito in giovane età a Hollywood, Nicholson si ritrovò a lavorare per un periodo come fattorino negli studi della casa di produzione Metro-Goldwyn-Mayer, prima di intraprendere studi di recitazione. I primi passi nel cinema arrivarono grazie al celebre Roger Corman, re dei B-movie a basso budget, che decise di ingaggiarlo per dei piccoli ruoli, ad esempio ne La Piccola Bottega degli Orrori nel 1960.
Nel 1969 uscì Easy Rider di Dennis Hopper, film-manifesto della New Hollywood, in cui Jack Nicholson recitò al fianco di Peter Fonda e dello stesso Hopper. Il ruolo del disilluso e ironico avvocato George Hanson lo fa conoscere al grande pubblico e gli vale la prima candidatura all’Oscar.
La consacrazione degli Anni ’70
Il film di Hopper aprì un periodo di fermento creativo. Film come Cinque pezzi facili mostrarono Nicholson capace di incarnare il malessere esistenziale e l’alienazione della sua generazione. In Chinatown di Roman Polanski regalò una delle interpretazioni più celebri della storia del noir moderno, trasformando il detective Jake Gittes in un personaggio disincantato e in difficoltà, lontano dagli eroi inflessibili del cinema classico.
Ma è con Qualcuno volò sul nido del cuculo, diretto da Milos Forman, che Jack Nicholson raggiunse l’apice: il suo Randle McMurphy, paziente che va contro il sistema opprimente rappresentato dall’infermiera Ratched, diventa un simbolo universale di libertà e resistenza. La performance gli regalò il primo Oscar come Miglior Attore Protagonista consacrandolo come interprete di livello assoluto.
Negli stessi anni Jack Nicholson decise di accettare ruoli molto diversi tra loro, evidenziando una versatilità che lo portò in maniera del tutto naturale dal dramma alla commedia. Il carisma e il magnetismo emanato dal suo volto lo portarono a un elevatissimo livello di celebrità che raggiunse probabilmente nuove vette nel decennio successivo.
L’evoluzione negli Anni ’80 e ’90
Se gli anni Settanta rivelarono al mondo Jack Nicholson, gli anni Ottanta ne consolidarono la leggenda. Nel 1980, Nicholson interpretò Jack Torrance in Shining, la trasposizione diretta da Stanley Kubrick dell’omonimo romanzo di Stephen King. L’interpretazione di Nicholson in quel film è considerata una delle più inquietanti della storia del cinema.
Il suo modo di incarnare uno scrittore che scivola lentamente nella follia è talmente intenso da diventare oggetto di culto e di citazioni infinite, a partire dalla celebre scena della porta sfondata e dalle sue discussioni con il personaggio di Shelley Duvall. Nel 1983, Nicholson ottenne un altro Oscar come Miglior Attore, questa volta come non protagonista, per Voglia di tenerezza, confermando di essere capace di brillare anche in ruoli più intimi e meno sopra le righe.
Verso la fine del decennio Nicholson si reinventò nuovamente, prestando il suo sorriso al Joker nel Batman di Tim Burton. Il villain della DC Comics è stato successivamente reinterpretato da grandi attori in trasposizioni differenti, (quasi) tutti entrati nella culturale popolare, ma per anni il confronto con la prova di Nicholson ha rappresentato una sfida per chi provava ad avvicinarsi al personaggio.
Negli anni Novanta l’attore continuò a dimostrare la sua versatilità: in Codice d’onore recitò al fianco di Tom Cruise regalando una delle battute più memorabili del cinema americano (“You can’t handle the truth!”), mentre con Qualcosa è cambiato di James L. Brooks vinse il suo terzo Oscar, portando sullo schermo un uomo burbero e affetto da disturbo ossessivo compulsivo che, grazie all’amore, trova una rinnovata umanità.
Gli ultimi ruoli e il ritiro
Con l’inizio del nuovo millennio, Nicholson iniziò a comparire un po’ meno sullo schermo, ma sempre in ruoli incisivi. Nel 2002, In A Proposito di Schimdt, interpretò un uomo in pensione che riflette sulla sua vita, mentre in The Departed di Martin Scorsese recitò la parte di un boss mafioso carismatico e crudele.
L’ultimo film della sua carriera, Come lo sai del 2010, segnò di fatto il suo addio alla recitazione. Dopo quel periodo, l’attore scelse di ritirarsi dalle scene, vivendo lontano dai riflettori ma restando comunque una presenza iconica, soprattutto per la sua assidua frequentazione dei match dei Los Angeles Lakers, squadra di cui è tifoso storico e appassionato. Proprio quest’anno Jack Nicholson ha fatto una breve ricomparsa sotto i riflettori per introdurre Adam Sandler all’interno di uno speciale televisivo, andato in onda per celebrare il cinquantesimo anniversario dello storico programma comico Saturday Night Live.
Jack Nicholson fuori dal set
Fuori dallo schermo, Jack Nicholson ha incarnato il mito della star hollywoodiana ribelle e anticonformista. Amante delle feste, delle relazioni sentimentali turbolente e della vita intensa, ha coltivato un’immagine pubblica intrecciata indissolubilmente con i suoi ruoli sullo schermo. È stato compagno per anni dell’attrice Anjelica Huston e ha avuto cinque figli da relazioni diverse, mantenendo sempre un’aura di libertà e sregolatezza.
Collezionista d’arte e grande appassionato di sport, Nicholson ha sempre mantenuto una forte connessione con la cultura popolare americana, diventandone un simbolo vivente, e non ha mai avuto timore a schierarsi: protestò contro la guerra nel Vietnam ed è stato per anni un sostenitore del Partito Democratico statunitense. Nonostante il ritiro, la sua presenza aleggia ancora fortemente all’interno del cinema contemporaneo.